Dietro l’aereo russo esploso c’è una mappa del mondo nuova, e tutta nera
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Lo Stato islamico beffardo: dimostrateci che non siamo stati noi a fare esplodere l’Airbus. Milano e i voli aerei sospesi
di Paola Peduzzi | 06 Novembre 2015 ore 06:27
Milano. Gli americani e gli inglesi sono quasi certi: è stata una bomba dello Stato islamico a far esplodere in volo sabato scorso l’aereo A321 della compagnia russa Kogalymavia nel cielo sopra al Sinai, in Egitto, uccidendo le 224 persone a bordo. I russi, per bocca del premier Dmitri Medvedev, sono cauti: è presto per dire che cosa è davvero accaduto, attendiamo le verifiche. Non si esclude l’ipotesi di un attentato, ma non la si abbraccia nemmeno: si prende tempo, la scatola nera con la registrazione degli ultimi momenti prima dell’esplosione “è un po’ danneggiata”, dicono a Mosca, ma cerchiamo la verità. La stessa cautela, con le sfumature più colorite del presidente Abdel Fattah al Sisi, è stata adottata dagli egiziani, atterriti.
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Nel frattempo lo Stato islamico si fa beffe di tutti, americani, inglesi, russi ed egiziani, produce video e audio di rivendicazione, ribaltando – questo è lo scarto in avanti del gruppo jihadista – l’onere della prova: allora dimostratecelo voi che non siamo stati noi. C’è sempre la possibilità che lo Stato islamico stia bluffando approfittando del nostro stordimento (che cosa accade adesso se davvero una bomba islamista ha tirato giù un aereo civile?), ma intanto la paura di volare è di nuovo altissima, la voglia di andare a farsi una vacanza anche nella placida Sharm el Sheikh con il fondale dai mille colori è di nuovo bassissima. Il risultato che si prefigge lo Stato islamico, con le sue diramazioni jihadiste in giro per il medio oriente e altrove, è stato raggiunto: guardate la mappa del mondo, sta diventando nera. Di giorno in giorno aumentano le zone inaccessibili, oggi gli aerei non partono più – Lufthansa ha interrotto i voli per Sharm el Sheikh, Easyjet ha sospeso la tratta da Milano, l’Enac aumenta i controlli.
Vi uccideremo in tutti i modi possibili, ripete da sempre lo Stato islamico, è questa la sua missione. Mentre affina la sua tecnica, riempie le mappe di aree inaccessibili al resto del mondo: questo è il nostro stato, e voi rimanete fuori. Prima sono stati esclusi i giornalisti, che in buona parte dei fronti di guerra non possono più muoversi; poi sono stati deviati i voli aerei: in alcuni cieli non si può transitare, bisogna cercare altre rotte; infine sono stati sospesi i voli: non si decolla e non si atterra più, un’altra riga nera.
Qualche tempo fa, erano state pubblicate alcune immagini satellitari della Siria in cui non c’erano più le luci delle città: era al buio. Tutta nera. Le bombe del regime assadista di Damasco e la conquista territoriale feroce dello Stato islamico hanno sigillato il paese: soltanto cinque anni fa, si poteva visitare Aleppo, chiacchierare con i tanti studenti che ci abitavano, farsi raccontare come, pur tra le tensioni con la dittatura, ci fossero vita e vivacità, si osava persino parlare di pluralismo. L’elenco dei paesi e delle zone nere è lunghissimo. Fino a qualche anno fa, quando pure la guerra al terrorismo era cominciata e le nostre capitali erano già state colpite, le aree inaccessibili ce le immaginavamo come Tora Bora, montagne inavvicinabili nella terra-tomba-degli-imperi. Però si andava in luna di miele in Yemen, con un po’ di spirito d’avventura, laddove oggi si combatte una guerra figlia del conflitto siriano: iraniani contro sauditi (gli americani in questo caso sono con i sauditi, alleanze a geometrie variabili). Un’altra riga nera. E piano piano, come il nulla de “La storia infinita” che risucchiava il mondo, il nero avanza in altre strade, dal nord Africa fino all’estrema Asia, anche in Bangladesh si muore ammazzati per aver condannato il terrorismo.
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