Capitalismo politeista
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Pil e fede. Ecco come muteranno gli equilibri mondiali. L’islam rampante e uno studio americano
di Marco Valerio Lo Prete | 24 Ottobre 2015
L’India supererà l’Indonesia in quanto a popolazione musulmana
Roma. “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”, pubblicato nel 1905 da Max Weber, fu il primo e più autorevole degli studi che puntavano sui fattori culturali come elementi scatenanti della rivoluzione industriale in Europa. Studio ancora oggi influente, legava lo sdoganamento del profitto in Europa al primo diffondersi del puritanesimo calvinista. Un’analisi variamente falsificata o quantomeno integrata nei decenni che seguirono, ma che per certo nel 2050 rischierà di essere percepita solo come un amarcord. E’ quanto emerge da una ricerca appena pubblicata dalla Religious Freedom & Business Foundation, nella quale si osserva che oggi almeno 7 degli 8 paesi del G8 hanno una popolazione a maggioranza cristiana, mentre “entro il 2050 soltanto una tra le cinque più grandi economie del pianeta avrà una popolazione a maggioranza cristiana”. Brian J. Grim, presidente del think tank e coautore di “Changing religion, changing economies”, osserva infatti che nel 2010 le prime cinque economie in termini di pil erano, nell’ordine, Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania e Francia; nel 2050 saranno Cina, Stati Uniti, India, Giappone e Indonesia. Né questa classifica è la conclusione più sorprendente alla quale giungono i ricercatori. I quali iniziano da una considerazione: “Gli scienziati sociali hanno sbagliato a prevedere la scomparsa della religione. Tra il 2010 e il 2050, la crescita della popolazione che si definisce ‘religiosa’ sarà 23 volte più rapida della crescita della popolazione che non si riconosce in alcuna fede”. Secondo previsioni elaborate in collaborazione con il Pew Research Center, i “fedeli” saliranno da 5,8 miliardi nel 2010 a 8,1 miliardi nel 2050; agnostici, atei e tutti gli altri aumenteranno invece da 1,13 miliardi nel 2010 a 1,23 miliardi nel 2050.
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Tra i cosiddetti “fedeli”, gli equilibri saranno decisamente variabili nei prossimi 35 anni. “Nel 1970 – scrivono Brian J. Grim e i suoi colleghi – circa due abitanti del pianeta su sei erano cristiani. Nel 2050, cioè 80 anni dopo, possiamo aspettarci che ancora due persone su sei saranno cristiane. Tuttavia la dimensione relativa di altri gruppi, come gli islamici, gli induisti e i buddisti, sarà molto diversa. Nel 1970, circa un abitante del pianeta su sei era di fede islamica, ma nel 2050 gli islamici raggiungeranno i cristiani, saranno due su sei. Sempre nel 1970, una persona su sei era induista o buddista; nel 2050, due persone su sei saranno induiste o buddiste”. Insomma, il numero di cristiani crescerà a un ritmo identico a quello della popolazione mondiale nel suo complesso, anche se “mentre nel 2010 la percentuale maggiore di cristiani viveva nel continente americano, nel 2050 la maggioranza dei cristiani vivrà nell’Africa subsahariana”. I fedeli islamici aumenteranno più rapidamente della media, il loro numero raddoppierà tra il 2010 e il 2050, con il loro centro di gravità “demografico” che rimarrà comunque nella regione dell’Asia-Pacifico (con l’India che supererà l’Indonesia in quanto a popolazione musulmana). Infine, mentre nel 2010 8 ebrei su 10 vivevano tra Stati Uniti e Israele (rispettivamente 5,7 milioni e 5,6 milioni nei due paesi), nel 2050 9 ebrei su 10 vivranno nei due paesi (5,4 milioni negli Stati Uniti e 8,2 milioni in Israele).
Tale processo avrà implicazioni “su come la ricchezza mondiale sarà distribuita”. Per rimanere alle prime cinque più grandi economie del 2050, infatti, accanto agli Stati Uniti a maggioranza cristiana ci saranno “un paese con una maggioranza induista (l’India), uno con una maggioranza islamica (l’Indonesia), e due con livelli estremamente elevati di diversità religiosa (Cina e Giappone)”. L’Italia, già nel 2020, sarà scalzata dal Messico dalla classifica delle prime cinque economie del mondo a maggioranza cristiana.
Nella parte più originale della loro ricerca, gli studiosi tentano di prescindere dai dati aggregati nazionali, e quindi di suddividere anche le quote di pil mondiale e l’andamento del pil pro capite su base religiosa. Se dal 2010 al 2020 ci si attende in media un aumento del pil mondiale del 70 per cento, la crescita del pil a disposizione dei cristiani presenti nei diversi paesi sarà soltanto del 47 per cento (da 39 mila miliardi di dollari a 58 mila miliardi), quella degli ebrei del 41 per cento, quella di chi non si riconosce in nessuna fede del 70 per cento, infine la crescita del pil dei musulmani salirà dell’85 per cento (da 14 mila miliardi a 25 mila miliardi). E per spiegare le differenze in termini assoluti, Weber forse tornerà ancora utile.
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