Come combattono in Siria i gruppi ribelli armati dalla Cia
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Spunta un’ala dell’opposizione che sfoggia missili anticarro e blocca la prima offensiva del governo con i russi
di Daniele Raineri | 09 Ottobre 2015 ore 06:14 Foglio
Nella piana di Hama i gruppi armati stanno bloccando un'offensiva del governo siriano grazie ad armi arrivate dall'estero
Roma. C’è un programma militare della Cia per armare i ribelli nell’ovest della Siria e le sue dimensioni sono più grandi di quanto si era pensato finora. I gruppi siriani collegati a questo programma americano hanno inflitto una battuta d’arresto brutale a una offensiva delle forze del presidente Bashar el Assad mercoledì e ieri e ora escono allo scoperto. Non lo fanno con una dichiarazione ufficiale ma il modo in cui combattono, i nomi che hanno scelto e soprattutto le armi di cui dispongono sono indizi solidi di un appoggio che viene da fuori. Esisteva anche un secondo programma americano per addestrare miliziani siriani, ma era gestito dal Pentagono, era più ufficiale, avrebbe dovuto essere molto ampio e due settimane fa è stato sospeso perché aveva dato risultati disastrosi.
Mercoledì l’esercito siriano ha cominciato un’offensiva nella piana a nord di Hama, che è una regione rurale spoglia e attraversata da un reticolo di strade che unisce il centro del paese controllato da Assad con il nord controllato dai guerriglieri. Si tratta della prima grande operazione da quando sono arrivati i russi nelle basi della vicina Latakia e infatti è mista: ci sono colonne di corazzati dei reparti regolari, volontari delle cosiddette Forze di difesa nazionale (una milizia paramilitare che integra l’esercito) e aerei ed elicotteri d’assalto russi a fornire copertura aerea ravvicinata. Questa offensiva gode di molta attenzione sui media del governo e dovrebbe fare da test (di successo) per tutta la strategia a venire – così come è stata pensata quest’estate tra Mosca, Damasco e Teheran, per spingere i gruppi armati indietro e lontano dalle zone che stanno a cuore ad Assad. La strategia per ora non prevede un attacco di terra allo Stato islamico, che è più a est.
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Sì, si può non stare con Putin. Ecco perché I gruppi armati dell’opposizione hanno trasformato quella piana a nord di Hama in una trappola. Si sono sparpagliati per evitare i bombardamenti e hanno coperto tutte le strade d’accesso che vanno verso nord con piccole squadre di fuoco armate di missili anticarro. C’era anche altro, come sempre, perché i guerriglieri portano in campo tutto quello che può sparare, ma i missili anticarro stanno facendo una inaspettata differenza. Mercoledì è stata una giornata record del conflitto, quella in cui ne sono stati lanciati di più: quindici, di cui dodici erano Tow di fabbricazione americana e tre Fagot di fabbricazione sovietica. Il risultato si vede nei video che nel giro di qualche ora sono arrivati su internet: otto carri armati siriani distrutti, la perdita più grave per l’esercito dai tempi della guerra del 1973 contro Israele. L’offensiva di prova è entrata in stallo al primo giorno.
Tow e Fagot sono armi compatte e adatte a questo tipo di scontro asimmetrico. I lanciatori si nascondono su un tetto o in un fossato con un aggeggio che è poco più ingombrante di un contrabbasso, inquadrano il bersaglio fino a quattro chilometri di distanzae sparano. La testata pesa circa due chili ed è capace di perforare le corazze dei carri di fabbricazione sovietica. Missili e carri sono entrambi armi che risalgono agli anni Settanta, ai tempi della Guerra fredda, disegnate per affrontarsi nelle pianure europee – e ora si scontrano in differita, a nord di Hama. I missili a lunga gittata sparati dalle navi russe nel mar Caspio hanno dato una prova più scarsa e 4 su 26, secondo fonti americane, sono caduti in Iran prima di raggiungere i bersagli in Siria. Se doveva essere una dimostrazione di forza, non è andata come previsto.
Il traffico che passa dal confine turco
La questione dei video siriani messi subito su internet non conta soltanto dal punto di vista della propaganda, ma rivela un legame con sponsor che stanno all’esterno. Senza dubbio, mostrare i carri armati che bruciano e i carristi che scappano crea una grande pressione psicologica sugli avversari e galvanizza i guerriglieri. La reporter americana Liz Sly del Washington Post spiegò in una corrispondenza uscita l’anno scorso che i video fanno parte di un accordo con i fornitori stranieri: dimostrano che il gruppo sta usando i missili anticarro per combattere e non li sta conservando per altri scopi – per esempio per venderli sul mercato nero delle armi o cederli ad altri gruppi – e permettono una contabilità precisa. C’è persino una clausola dei vuoti a rendere: i gruppi restituiscono le custodie protettive dei missili consumati per ottenere i nuovi.
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