Tsipras va alla conta nel suo partito e getta altro scompiglio nell’Ue
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“There Is No Alternative”: il primo ministro greco, Alexis Tsipras, è stato costretto a ricorrere alla formula thatcheriana “Tina” per cercare di convertire Syriza al realismo
di David Carretta | 30 Luglio 2015 ore 21:10 Foglio
Bruxelles. “There Is No Alternative”: il primo ministro greco, Alexis Tsipras, è stato costretto a ricorrere alla formula thatcheriana “Tina” per cercare di convertire Syriza al realismo, in una resa dei conti con la sinistra del suo partito che potrebbe mettere in discussione il terzo programma di salvataggio della Grecia. Ma la proposta di un referendum domenica tra gli iscritti di Syriza per cercare di porre fine alla fronda rischia di rivelarsi controproducente: il genio del populismo, che lo stesso Tsipras aveva liberato da leader aspirante rivoluzionario, potrebbe divorare il primo ministro e le prospettive della Grecia di restare nella zona euro. “Il rischio di sviluppi imprevisti dentro Syriza che potrebbero ritardare, o peggio deragliare, i negoziati tra Atene e i suoi creditori internazionali non può essere scartato”, ha avvertito Wolfango Piccoli, managing director di Teneo Intelligence, in una nota ai suoi clienti. Se il comitato centrale di Syriza confermerà la proposta di Tsipras, la zona euro sarà in balia di un altro referendum greco. Ma questa volta voterà solo la brigata rivoluzionaria di Tsipras, fatta di nazionalisti di sinistra, marxisti-leninisti, maosti, trotzkisti, eurocomunisti, radicalsocialisti.
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Come evitare di parlare a sproposito della dignità dei greci Le condizioni per avere più di 80 miliardi di aiuti saranno dure, “ma non abbiamo alternative”, ha detto Tsipras al comitato centrale, ammettendo ciò che aveva sempre negato mentre aizzava la guerra alla Troika e al memorandum: un’uscita dall’euro senza riserve straniere significherebbe ancora più austerità, un’enorme svalutazione e alla fine una nuova richiesta di aiuto al Fondo monetario internazionale. “Alternative migliori” all’accordo dell’Euro Summit il 13 luglio, che di fatto ha trasformato la Grecia in un protettorato dell’ex Troika, “non esistevano e non esistono”, ha spiegato Tsipras. La scelta era tra “duro compromesso” e “autodistruzione”. E se qualcuno dentro Syriza “non crede” al Tina, “allora il partito dovrebbe votare domenica”.
Il referendum scaccia referendum – quello di Syriza dovrebbe cancellare l’Oxi dei greci il 5 luglio, che la sinistra del partito continua a usare contro il “terzo memorandum” – è una scommessa azzardata. L’obiettivo di Tsipras è costringere la quarantina di deputati di Syriza che ha votato contro le “azioni prioritarie” chieste dai creditori ad allinearsi al governo oppure lasciare il seggio, permettendo al premier di ritrovare una maggioranza parlamentare autonoma. Ma il realismo non piace alla base di Syriza, che è stata cullata dal leader nell’illusione che un’alternativa rivoluzionaria sia sempre possibile. Come con la consultazione popolare del 5 luglio, il ricorso al referendum è sintomo di debolezza. Non a caso il premier preferisce un Congresso straordinario “allargato” in settembre: i duri e puri sono maggioranza nelle istanze dirigenti di Syriza. Decine di membri del comitato centrale hanno sostenuto un’uscita pilotata dall’euro. Panagiotis Lafazanis, leader della corrente Piattaforma di Sinistra ed ex ministro dell’Energia di Tsipras, ha riunito 2.500 persone ad Atene con il suo piano per tornare alla dracma, che prevede l’arresto del governatore della Banca di Grecia, il sequestro delle riserve della Bce conservate alla zecca e il pagamento di stipendi e pensioni in IOUs. La presidente del Parlamento, Zoi Konstantopoulou, ha definito le riforme “un crimine contro l’umanità” e “un genocidio sociale”.
La spaccatura dentro Syriza appare insanabile, con la prospettiva di elezioni anticipate in settembre che introdurranno altri elementi di incertezza nel salvataggio. Ma il punto di non ritorno potrebbe essere già stato superato. Nemmeno il Fmi è convinto del Tina di Tsipras. Secondo le rivelazioni del Financial Times, l’istituzione di Christine Lagarde non ha intenzione per ora di partecipare al terzo salvataggio. Non ci sono i requisiti minimi: oltre alla ristrutturazione del debito da parte dei creditori, manca “la capacità istituzionale e politica” della Grecia di portare a termine le riforme.
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