Non salvare Tsipras per salvare l’Europa. L’euro si può rafforzare solo mostrando l’exit alla Grecia dei caudilli
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Prego, da quella parte. Purtroppo non accadrà quello che invece dovrebbe accadere e nelle prossime ore Alexis Tsipras cercherà di concordare con Angela Merkel un accordo che permetta al governo greco di dimostrare di aver piegato l’Europa
di Claudio Cerasa | 07 Luglio 2015 ore 06:15 Foglio
Prego, da quella parte. Purtroppo non accadrà quello che invece dovrebbe accadere e nelle prossime ore Alexis Tsipras cercherà di concordare con Angela Merkel un accordo che permetta al governo greco di dimostrare di aver piegato l’Europa e che permetta allo stesso tempo al governo tedesco di dimostrare di aver salvato l’Europa e la Grecia senza aver fatto perdere la faccia alla Germania. Arrivati a questo punto della grande commedia greca però una soluzione nemmeno troppo paradossale per rafforzare l’Europa, disinnescare i populismi e certificare che le regole valgono per tutti esiste e sarebbe quella magnifica e spericolata di confermare che il referendum di domenica scorsa era davvero tra chi vuole stare dentro e chi vuole stare fuori, tra chi dice che le condizioni per restituire un mutuo le deve scegliere chi contrae il mutuo e non chi lo eroga, e tra chi pensa insomma che fuori dal perimetro dell’euro ci sia un grande Eden, un paradiso, un paese dei balocchi che ci attende e che ci aspetta a braccia aperte.
ARTICOLI CORRELATI C’è l’ultimo tentativo Dove ci porta il No di Tsipras Etsi Atene non daretur. Finalmente si può parlare di euro O dialogòs tra un europeo e un greculo Prego, da quella parte. Invece, purtroppo, non succederà ma sarebbe bello a questo punto che chi governa l’Europa spiegasse agli inventori della democrazia che il popolo potrà essere anche sovrano ma che di solito in democrazia funziona così: chi è in minoranza può far valere come crede le sue legittime posizioni ma alla fine si deve adattare alle decisioni della maggioranza, a meno di non voler spacciare la demagogia per democrazia. I greci hanno fatto la loro scelta, hanno deciso di sfidare i numeri (nell’Eurozona la Grecia è sola contro 18 paesi, e purtroppo anche questa si chiama democrazia). E se i loro simpatici caudilli non hanno il coraggio di essere coerenti e non accettare più i ricatti dell’Europa dei terroristi la scelta allora dovrebbe essere dei leader europei, che tutti insieme avrebbero ora più che mai il diritto e forse il dovere di indicare ai compagni greci che la porta d’uscita è da quella parte, prego. Non succederà, purtroppo, ma sarebbe un modo formidabile, e forse definitivo, per rispettare quei governi (Portogallo, Irlanda, Spagna) che negli ultimi anni hanno chiesto molti soldi in prestito dando in cambio la garanzie di riforme solide per i loro paesi e per mostrare ai Podemos, ai Grillinos, ai Salvinos, ai Fassinos, ai Brunettos e alle Le Penos cosa succede quando un paese decide di uscire dall’euro. Cinicamente verrebbe da dire che in questa fase bisognerebbe dare persino un po’ di coraggio agli amici greci, assecondarli nelle loro volontà, lasciarli partire per la loro nuova avventura e promettere di cuore aiuti umanitari per dire che l’establishment greculo va lasciato andare alla casa del signore ma il popolo greco va aiutato eccome – e promettiamo anche noi in caso di Grexit di svolgere un’azione concreta provando a organizzare cordoni umanitari per trattenere dentro i nostri confini i Salvinos, i Fassinos e i Brunettos.
E dunque, di cosa abbiamo paura? Abbiamo Mario Draghi, abbiamo una Banca centrale europea che solo in Italia acquista ogni mese sessanta miliardi di titoli di stato e abbiamo tutte le condizioni per resistere all’uscita di un paese che vale l’1,8 per cento del pil europeo. Trattenere la Grecia in Europa sarebbe uno schiaffo alla stessa Europa e darebbe la possibilità ai populisti all’amatriciana di rivendicare per il futuro un Eden che non esiste. Ormai il dentifricio è uscito dal tubetto e dunque prego, amici greci, accomodatevi, fate in fretta, l’uscita è da quella parte, grazie.
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