“Austerity works!”. Viaggio tra le giovani leve dei Conservatori inglesi
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Dai cappellini “Maggie is back!” ai club esclusivi (ma multiculturali) dove si rinfrescano le virtù di meno tasse e meno stato. Cosa dicono quelli di “Conservative Future”
di Lorenzo Castellani | 08 Maggio 2015 ore 17:23 Foglio
Londra. Haymarket, traversa che collega Piccadilly Circus a Trafalgar Square, ospita il grande e moderno pub Riley’s. E’ qui che “Conservative Future”, il movimento giovanile del partito di Cameron e Osborne, ha posizionato il proprio quartier generale per la election night britannica. Un intero piano adibito con televisori e maxi schermi ovunque, centinaia di persone e una discreta quantità di birra offerta. Arrivano tutti dopo il primo exit poll in cui il tachimetro dei Conservatives segna già 316 seggi, atmosfera briosa e variegata: ci sono i giovani banker della City che arrivano direttamente dal lavoro fasciati di sartoria, indiani muniti di turbante e magliette con la scritta “Five more years!”, una tv francese che intervista più o meno chiunque gli passi sotto il naso, una quota notevole di italiani oramai stanziali a Londra che hanno preso, in parte per amicizie in parte per ideali a cuore i Conservatori, gli studenti universitari con il capellino targato “Maggie is back”. Si muovono in gruppi, hanno fatto insieme campagna elettorale nei collegi sparsi per tutta l’Inghilterra e a ogni constituency vinta un capannello esulta, applaude, urla. A questi si aggiungono osservatori dei partiti conservatori di mezzo mondo dai turchi dell’AKI Parti ai liberali australiani, ai neozelandesi, ai repubblicani americani passando per tutti i partiti conservatori dell’est Europa dove si guarda con molto più interesse a Londra che a Berlino, perché la rete dei Tory va ben oltre i confini nazionali, ben oltre il Commonwealth, abbraccia ed influenza tutto il mondo occidentale.
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L'austerità ha vinto Intorno alla mezzanotte a fare gli onori di casa è arrivato Syed Kamall, quarantacinquenne di origine indiana, leader dei parlamentari europei dell’Aecr, il gruppo dei conservatori che si è espanso fino a diventare il terzo gruppo al Parlamento Europeo. “E’ stata premiata la continuità, cinque anni di buon governo e promesse mantenute. Siamo affidabili”, dichiara stringendo mani ai giovani militanti. “Ora andiamo a Bruxelles ancora più forti e potremmo attuare il nostro piano di riforma dell’Europa, ridiscutere i trattati, rinegoziare i finanziamenti, spingere sul free trade”. Tra una pinta e l’altra, i giovani militanti raccontano “ciò che conta nei collegi uninominali per capire l’andamento elettorale è lo swing, cioè lo spostamento dei voti rispetto le elezioni precedenti da un partito all’altro. In questo caso, lo swing in Scozia è andato tutto allo Scottish National Party mettendo al tappeto i Laburisti mentre noi abbiamo tenuto i voti dei Libdem. Gli elettori in quel caso hanno scelto la continuità con il Governo uscente, così abbiamo guadagnato seggi soprattutto nel sud ovest”. Prima intervista di Boris Johnson: boato in sala. “Londra è stata fondamentale”, spiega Philip, analista della City, “ero terribilmente preoccupato per la situazione della Capitale invece anche qui abbiamo preso alcuni collegi determinanti come Battersea”. Effetto Boris? “Senza dubbio ha contato anche quello, tutti lo conosco, è carismatico, un animale politico raffinatissimo. Se non fosse stato in campo sarebbe stata più dura”.
Verso l’una arriva al party elettorale anche Tim Dier, classe 1982, presidente dei giovani conservatori europei, che viene direttamente dal Carlton Club, l’esclusivo circolo dei Conservatori britannici. “Un risultato straordinario, come con Major nel 1992. Anzi, anche meglio perché questa volta i partiti erano sei. E’ la testimonianza che il popolo inglese è conservatore, crede nel libero mercato, nell’autogoverno, nell’idea che ce la facciamo da soli, senza uno stato che pretenda di fare tutto e con la volontà di essere più liberi dalla burocrazia europea”. Dier è un fiume in piena “Il Paese è tornato a crescere, ci siamo liberati dal fardello di deficit lasciato dal duo Blair-Brown e di questo se ne sono accorti tutti”.
Tra i partecipanti alla election night c’è anche Hicham Felter, trentatre anni, contributor del think thank ConHome e fondatore della Boneville and associates, società di consulenza di comunicazione politica che ha lavorato al fianco dei parlamentari conservatori per le ultime tre elezioni generali e alle campagne elettorali di Boris Johnson come Sindaco di Londra che racconta: “Il governo Cameron ha costruito l’economia più forte d’Europa. Quando i Conservatori sono arrivati al Governo i redditi esentasse erano solo fino a 6.500 sterline, mentre oggi fino a 10.600 sterline non si pagano tasse e nei prossimi cinque anni sarà alzato a 12.500 sterline. Inoltre, la politica fiscale è stato eccellente su tutta la linea: abbassata l’accisa sull’alcol, congelata la tassa sui carburanti. Grazie a defiscalizzazioni e semplificazioni sono stati creati oltre due milioni di posti di lavoro. Così, grazie ai benefici fiscali di cui ogni classe sociale ha potuto godere, abbiamo vinto le elezioni”. So, austerity works? “Senza alcun dubbio. In cinque anni è stato dimezzato il deficit e ridotte le tasse. Il nuovo Governo e George Osborne hanno già in programma un taglio di spesa pubblica pari a 30 miliardi di sterline. L’austerity continuerà e il Regno Unito è la dimostrazione che i Paesi Europei possono difendere la propria sovranità grazie all’indipendenza finanziaria garantita da bassa pressione fiscale, investimenti esteri e controllo dei conti pubblici. Il modello Cameron-Osborne è un modello vincente”. E la Scozia? “C’è stato un terremoto in Scozia per i Laburisti e sicuramente saranno necessarie delle riforme istituzionali che vadano verso una devolution sia per la Scozia che per l’Inghilterra”. Il rebus costituzionale, così come quello del referendum sull’UE restano i due grandi nodi da sciogliere nei prossimi anni e su cui probabilmente si giocherà l’eredità del secondo governo Cameron. Al momento, però, tra i Conservatori, la festa continua.