UcrainaUn difficile cessate il fuoco che metterà alla prova anche noi

Al risveglio dell’Europa, continua a fare da contrasto la chiusura autoreferenziale dell’intera politica italiana. Con Meloni preoccupata di indispettire Trump. E Schlein timorosa di scontentare i centri sociali,

Francesco Cundari 12 Marzo 2025, linkiesta.it lettura3’

scrive Francesco Cundari nella newsletter “La Linea”. Arriva tutte le mattine dal lunedì al venerdì più o meno alle sette

All’incontro di Gedda, in Arabia Saudita, è emersa ieri la disponibilità dell’Ucraina a sottoscrivere la proposta americana di un cessate il fuoco di trenta giorni e a firmare l’ormai famigerato accordo con gli Stati Uniti sulle terre rare. Disponibilità che ha indotto Washington a riattivare l’assistenza militare e di intelligence interrotta dopo lo scontro dello studio ovale tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky. E questa a mio avviso è la notizia più importante, anche perché è l’unica, da mesi, in controtendenza, rispetto a una linea di totale adesione americana a qualsiasi desiderio di Vladimir Putin.

Il segretario di Stato Marco Rubio ha detto che ora la palla passa a Mosca, con un’espressione ripresa da molti, a cominciare dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha definito l’intesa «uno sviluppo positivo che può rappresentare un passo avanti verso una pace globale, giusta e duratura per l’Ucraina». Vorrei condividere tanto ottimismo, ma non ci riesco. Per diffidare, del resto, non c’è bisogno di condividere la visione decisamente più cupa di Robert Kagan, convinto che Trump abbia offerto a Putin una nuova pace di Monaco, se non peggio. Non foss’altro perché – e questa è una differenza innegabile, a nostro sfavore – l’appeasement di Neville Chamberlain certo non ha mai incluso la condivisione delle posizioni di Hitler e l’idea di spartirsi il mondo in accordo con lui. In questo caso, invece, il capo del Cremlino potrebbe essere tentato di stringere un accordo «solo per rafforzare un presidente americano che sembra determinato a dare a Putin ciò che non avrebbe mai immaginato: una capitolazione americana completa nella lotta globale, la distruzione della Nato, l’isolamento di un’Europa debole e un campo aperto per ulteriori azioni per soddisfare l’obiettivo principale di Putin, che è la ricostituzione dell’Unione Sovietica e del suo impero nell’Europa orientale e centrale».

 

Come sottolinea Kagan, l’autocrate russo ha sempre messo in cima alla lista delle sue richieste il disarmo dell’Ucraina, e personalmente ritengo che questa sarà la linea cui si atterrà, così da poter ricominciare per l’ennesima volta il solito gioco: firmare un’altra fragile tregua sul modello degli accordi di Minsk, riprendere un minuto dopo la sua opera di destabilizzazione e provocazione in un paese sempre più stremato e isolato, per poi cogliere o più verosimilmente fabbricarsi da sé il primo pretesto per aggredirlo nuovamente e finire il lavoro. Motivo per cui è ragionevole pensare che gli ucraini rifiutino un accordo di pace che li lasci indifesi in balia del nemico.

Resta da vedere però se a quel punto, anche grazie alla sponda di Trump, la propaganda putiniana avrà buon gioco nel rovesciare su di loro l’accusa di non volere la pace, per indebolire il sostegno degli alleati, non solo americani, ma anche europei. Naturalmente può pure darsi, come sembrano pensare in molti, che la Russia rifiuti il cessate il fuoco, dimostrando così ancora una volta che è Putin a non volere la pace, e che questo finisca per inasprire la posizione di Trump nei suoi confronti (io in verità temo non ci sia assolutamente nulla che Putin possa fare per suscitare una simile reazione da parte di Trump, ma staremo a vedere).

Nel frattempo, al risveglio dell’Europa, continua a fare da contrasto la chiusura autoreferenziale, per non dire di peggio, dell’intera politica italiana, e l’imbarazzante ambiguità delle sue principali leadership. Con Giorgia Meloni che sembra solo cercare un modo di sfilarsi dalla mobilitazione europea, almeno parzialmente, per non indispettire Trump, ed Elly Schlein che oscilla tra contrarietà e astensione dinanzi al fondamentale voto di oggi al Parlamento europeo sulla risoluzione di maggioranza, in dissenso dallo stesso Pse (stamattina è prevista l’ennesima riunione psico-drammatica della delegazione del Pd), per non scontentare gli amici dei centri sociali.

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