Il nuovo mondo. Cresce l’influenza dei Brics nell’energia, ma l’Ue resta immobile
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Oltre ad accelerare il processo di de-dollarizzazione nei rapporti commerciali, il crescente gruppo di Paesi sarà dominante soprattutto nel settore energetico e in quello delle materie prime, a partire dalle cosiddette terre rare
Mario Lettieri* Paolo Raimondi** 22.21.2024 linkiesta.it lett3’
Il primo gennaio 2024, sei nuovi Paesi – Iran, Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e la complicata Argentina – sono entrati a far parte del gruppo dei Brics. Ce ne sono altri quarante pronti ad aderire, di cui la metà ha già presentato la richiesta ufficiale. Tra questi vi sono molte nazioni africane: la Nigeria, l’Algeria, la Tunisia, il Kenya, il Senegal. E tante importanti nazioni asiatiche quali l’Indonesia, le Filippine, il Vietnam, il Pakistan, il Kuwait. E molte dell’America Latina hanno chiesto l’adesione. Pure la Turchia e la Palestina vorrebbero aderire.
Non si tratta solo di numeri. La prospettiva è il cambiamento del modello economico e finanziario globale e la sua governance. Oltre ad accelerare il processo della de-dollarizzazione attraverso l’immediato utilizzo delle monete locali nei rapporti commerciali, il crescente gruppo di Paesi sarà dominante soprattutto nel settore energetico e in quello delle materie prime, a partire dalle cosiddette terre rare.
Lo spostamento verso la de-dollarizzazione non riguarda solo la diversificazione nell’utilizzo della valuta nel commercio internazionale, ma naturalmente riflette anche il cambiamento degli allineamenti geopolitici. Man mano che il gruppo guadagna più membri e slancio, si dovrebbe inaugurare una nuova era di multipolarità economica, cambiando in modo rilevante le tradizionali strutture di potere politico e finanziario che da lungo tempo dominano la scena mondiale.
La popolazione dei Brics-11 rappresenta oggi il 45,6 per cento di quella mondiale e il 31,5 per cento della superficie terrestre. Il gruppo allargato conta già quasi il 37 per cento del Pil mondiale. Se si calcolasse il Pil con il metodo della parità di potere d’acquisto (ppa), esso già supererebbe il G7.
Oggi, questi Paesi rappresentano il 41-44 per cento della produzione e del consumo globale di petrolio, il 36 per cento della produzione e del consumo di gas, il 70 per cento della produzione di acciaio e il 65 per cento del consumo di acciaio, il 44 per cento della produzione di fertilizzanti e il 46 per cento del consumo di fertilizzanti, il 57 per cento della produzione e del consumo alimentare e il 48 per cento della produzione automobilistica.
L’adesione dell’Arabia Saudita, che è il secondo produttore mondiale di petrolio e il più grande attore sul mercato energetico con il suo 19 per cento delle riserve globali, insieme agli Emirati Arabi Uniti e all’Iran, rispettivamente il settimo e l’ottavo Paese produttore al mondo, rappresenterebbe un cambiamento importante sul fronte energetico. In effetti, anche i dati del governo statunitense evidenziano che, dopo la recente espansione, la quota dei Brics nella produzione globale di petrolio è passata dal 19 al 41 per cento.
La proiezione del suo peso non si ferma soltanto alle nuove adesioni. Attraverso l’Egitto, gli Eau e l’Arabia Saudita, il gruppo avrà un accesso ampliato alla Grande area araba di libero scambio.
Inoltre, con le prossime adesioni, l’influenza dei Brics si estenderebbe ad altre organizzazioni regionali come il Mercosur dell’America Latina, l’Area continentale africana di libero scambio, l’Unione economica eurasiatica e l’Asean. Purtroppo, l’Unione europea appare molto rigida nei confronti dei Brics. Assomiglia a un mercato chiuso piuttosto che aperto. In questo modo, i Brics possono essere visti dagli altri Paesi del cosiddetto Global South come un antidoto ai sistemi dei gruppi commerciali occidentali, dove i negoziati si misurano in decenni e le condizioni politiche sono imposte in cambio dell’accesso al mercato occidentale.
Molti esperti americani hanno evidenziato con preoccupazione che, con l’adesione futura del Sudan, il Mar Rosso sarebbe totalmente controllato da Paesi aderenti al Brics. Forse è per questa ragione che, in risposta alle minacce di attacchi da parte degli Houthi dello Yemen, gli Stati Uniti, con il sostegno di altri Paesi della Nato, hanno, preventivamente, preso il controllo militare del Mar Rosso, snodo di importanza strategica, commerciale e geopolitica.
Com’è già successo in passato, a rimetterci sarà, purtroppo, l’economia europea. Perciò non si comprende la rigidità dell’approccio verso i Brics da parte della Ue. Non si vuol comprendere che il futuro dell’Europa riguarda anche la dipendenza dalle materie prime, essenziali per la transizione digitale e ambientale, la cui produzione è concentrata in pochi paesi extra Ue. Perciò, anziché rimpiangere la grande globalizzazione, sarebbe meglio prendere atto dell’evoluzione che oggettivamente i nuovi Brics portano nelle filiere produttive, negli assetti e nelle catene commerciali nel mondo.
*Mario Lettieri, già sottosegretario all’Economia
**Paolo Raimondi, economista