IL FOGLIO INTERNAZIONALE. L'Ucraina e il genio del giudaismo. La resistenza secondo Bernard-Henri Lévy
- Dettagli
- Categoria: Estero
Lo scrittore francese ricorda gli ebrei che stanno partecipando alla difesa del paese dall’invasione rusa
30.1.2023 ilfoglio.it lettura3'
E’un brusio di fondo. Un disgustoso ritornello orchestrato dalla propaganda putiniana e dai suoi utili idioti – scrive il filosofo francese Bernard-Henri Lévy sul Point –. Ed è l’idea, in sostanza, che l’Ucraina in guerra e martire sarebbe anche uno dei paesi europei più incorreggibilmente antisemiti. Allora, una volta per tutte, qual è la verità? La verità è che, sicuramente, l’Ucraina degli anni Trenta e Quaranta del Ventesimo secolo è stata una terra di sangue per gli ebrei. E’ che l’Ucraina sovietica, sovietizzata o, più precisamente, combattuta tra sovietismo e hitlerismo, è stata uno dei teatri delle Einsatzgruppen con, solo nel massacro di Babi Yar, 33.711 uomini, donne e bambini ebrei costretti a scavare la fosse dove avrebbero seppellito i loro cadaveri ancora caldi, ancora tremanti, perché non erano ancora morti. E quando dico “sovietico” o “sovietizzato”, non è naturalmente per minimizzare la partecipazione di alcuni compatrioti delle campagne e delle città, ma è per ricordare che ci sono state, e ci sono ancora, due Ucraine. Quella lì, quella che non esisteva ancora come nazione libera e sovrana, e quella che il poeta russo di origine ucraina Evgenij Evtušenko ha dipinto, nel suo requiem ai morti di Babi Yar, come il paese degli “ubriaconi”, assetati di “sangue dei pogrom”, che puzzavano di “vodka e cipolla”, e, quando le vittime, “scaraventate a terra a colpi di stivale”, chiedevano la grazia, incoraggiavano gli assassini: “Colpisci l’ebreo, salva la Russia!”. Eh sì, la Russia… E poi tutta un’altra Ucraina, quella che si è liberata proprio di questa Russia, quella che, dall’esplosione dell’Urss, e in seguito con la rivoluzione di Maidan e l’invasione militare da parte di Putin, rifiuta lo status di vassallo, di umile serva e gemella, di Cenerentola della tundra al quale gli invasori, ebbri del loro “Lebensraum”, vorrebbero relegarla. E quella che, diventata un giovane paese libero, irrevocabilmente schierata nel campo delle democrazie e dell’Europa, sta voltando la pagina del proprio passato.
Questa Ucraina qui sa di essere uno dei quattro paesi a contare, con l’arcivescovo metropolita Andrej Szeptycki e molti altri, il maggior numero di Giusti fra le nazioni. E’ l’Ucraina di Uman, la città del rabbino Nachman di Breslov, dove ho filmato un “rav”, una sorta di Giusti fra le nazioni al contrario, raccontando che è nella sua sinagoga che i contadini dell’oblast di Cherkasy hanno trovato rifugio i primi giorni dell’attacco russo. E’ l’unico paese al mondo dove, il 17 dicembre, primo giorno della festa ebraica di Hannukkah, si sono visti degli hassidim, in piazza Maidan, innalzare una gigantesca menorah, e un popolo intero, con il sindaco di Kyiv in testa, accompagnare l’accensione di quella fiamma che ha illuminato la città bombardata e priva di elettricità. “I russi ci lanciano dei missili balistici” – scherzò un rabbino – “noi manderemo loro dei missili cabalistici!”. E’ il paese del battaglione Azov dove un comandante, Ilya Samoilenko, sopravvissuto all’inferno di Azovstal e soldato dal coraggio infinito, è appena rientrato da Israele dove è andato, a Masada, a trovare le forze che gli servivano per tornare a combattere (…).
E poi questa Ucraina è – non smetteremo mai di ricordarlo – la patria di Volodymyr Zelensky, questo presidente churchilliano eletto da un’ampia maggioranza che è anche un eroe ebreo: la storia di questo discendente di sopravvissuti della Shoah che all’inizio, per affrontare il Gigante, non aveva né carri armati, né apparecchiature, né apparatcik, ma solo la sua difficile libertà non sembra direttamente uscito dal racconto biblico? Non è forse, di fronte al ritorno di Golia il Filisteo, la rinascita del piccolo Davide, maestro di verità e capo della resistenza, artista che sa cantare e incomparabile stratega che all’oltraggio dell’invasione oppone l’intelligenza dei suoi muscoli e delle sue mosse? Non è la storia di Abramo che, secondo il Midrash, combatte da solo gli eserciti dei cinque sovrani che tengono Loth prigioniero? E non è Giuda Maccabeo che segna, dinanzi all’impero, l’impressionante vittoria dei deboli sui forti, degli umili sugli orgogliosi, di chi è in minoranza sulla maggioranza e, alla fine, contro il falso fulgore del tempio profanato, della piccola fiala la cui luce non è quella della potenza ma dell’eccezione?
Astuzia della ragione. Avventura della memoria. Piaccia o no, è questa la realtà. La storia non è sempre una maledizione. Non è l’eterno ritorno del risentimento e del crimine. Se c’è un luogo, in questa guerra, dove, dinanzi al neofascismo russo, si sente l’eco dell’anima ebraica, questo luogo è l’Ucraina. (Traduzione di Mauro Zanon)