Che squallida fine: Barack Obama spreca la conclusione del mandato facendo dispetti
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Se non fosse stato fermato dai jet di Putin (a proposito!), sarebbe andato in soccorso dell'Isis in Siria contro Assad e oggi il Califfato sarebbe una cosa fatta
di Pierluigi Magnaschi ItaliaOggi 31.12.2016
La procedura per l'insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti è assurdamente lunga e complicata. Ed è anche contraddittoria. Il giorno successivo al voto presidenziale, infatti, tutti sanno esattamente chi ha vinto e chi ha perso la corsa alla Casa Bianca. Ma, ciò nonostante, per assistere all'insediamento vero e proprio del nuovo inquilino passano quasi altri tre mesi. È il momento di interregno che stiamo vivendo.
Non c'è alcun vuoto di potere negli Stati Uniti, intendiamoci bene. Ci mancherebbe. Perché, fino a che Trump non si sarà insediato a seguito del passaggio ufficiale delle consegne, l'unico presidente degli Stati Uniti, nell'assoluta pienezza dei suoi poteri, resta Barack Obama. Questo, dal punto di vista del diritto. Ma dal punto di vista politico e del savoir faire non è la stessa cosa. Obama infatti, pur conservando i pieni poteri di presidente degli Stati Uniti, è un presidente che sta lasciando i poteri a un altro presidente che gli succede (Donald Trump). E gli succede senza ombra di dubbio, visto che, non solo ha vinto le elezioni presidenziali statunitensi, ma ha anche superato le contestazioni mossegli dai suoi avversari su ipotizzati (ma poi ufficialmente esclusi) brogli elettorali. E infine perché Trump ha ricevuto anche il consenso/investitura da parte dei cosiddetti grandi elettorali che rappresentava l'ultimo ostacolo da superare per poter ottenere l'investitura piena.
A questo punto, quindi, Obama dovrebbe limitarsi alla ordinaria amministrazione, gestendo con eleganza e distacco la fine del suo secondo mandato presidenziale. Obama invece approfitta di queste ultime settimane per fare in pubblico i dispetti al suo avversario, come se Obama non fosse il presidente del più grande paese del mondo ma un moccioso non informato sulle regole basilari della buona educazione.
Obama, senza tenere conto che la campagna elettorale è finita, ha infatti accusato Putin di aver fatto vincere Trump attraverso i suoi cyberattacchi. Non si rende conto che un'accusa di questo genere (oltre che inopportuna, se espressa da lui, in questo momento) è anche un autentico boomerang che Obama si tira addosso da solo.
Infatti, se gli Stati Uniti da lui guidati ininterrottamente negli interi ultimi otto anni (avendone i mezzi e i pieni poteri per farlo) si sono ridotti a una grande potenza che si lascia infiltrare come un coltello nel burro, da parte di una potenza avversaria, vuol dire che, in tutto questo periodo di tempo, abbiamo avuto un imbelle alla Casa Bianca.
Patetica inoltre è l'espulsione di tipo hollywoodiano con il sapore rétro della guerra fredda, decisa sempre da Obama, dei 35 diplomatici russi estromessi in blocco dagli Stati Uniti (come se ci fosse ancora il Muro di Berlino) sotto l'accusa della «manipolazione del voto».
Anche in questo caso, trattandosi di una supposta manipolazione del voto attraverso una serie di cyberattacchi, nessuno ha avvisato Obama che, se questi cyberattacchi ci sono stati, essi non sono avvenuti manipolando nottetempo i pc o i tablet degli elettori americani da parte di spie che adesso possono essere espulse, ma sono stati svolti da lontano, attraverso centri remoti, capaci di insinuarsi nella rete attraverso dei software complessi e non attraverso delle spie in carne e ossa come avveniva ai tempi dei primi romanzi di John Le Carré, tipo l'indimenticabile e ancora leggibile (anche se tecnologicamente superatissimo) La spia che venne dal freddo.
Ma che Obama abbia perso il ritegno che dovrebbe essere esercitato da qualsiasi persona che svolga le sue delicate mansioni, lo dimostra anche la livorosa affermazione pubblica che «se avesse potuto candidarsi lui contro Trump, avrebbe sicuramente vinto le elezioni». Un'affermazione di questo tipo conferma la piccineria spaccona di Obama.
Ma come? Hai contribuito tu a candidare Hillary Clinton alla tua successione. L'hai sostenuta a spada tratta nel corso di tutta la campagna elettorale, decantandone in pubblico, e ripetutamente, le lodi. E adesso che lei ha perso (e non certo solo per colpa sua) le getti addosso la tua riprovazione? Ne prendi le distanze? La umili? A che pro, poi?
Winston Churchill diceva che un politico lo si giudica, non da come assume il potere, ma da come lo lascia.
Da questo punto di vista, Obama si conferma un presidente modesto. Del resto, che cosa si può attendere da un presidente che, se non fosse stato fermato dai jet di Putin (a proposito!), sarebbe andato in soccorso dell'Isis in Siria contro Assad e oggi il Califfato sarebbe una cosa fatta
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