Tutti gli intoppi a una vera Difesa comune europea. Parla Moretti (Finmeccanica)
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Un’attenzione evidente verso le Forze armate e la loro formazione alla vigilia di una fase decisiva dopo la Brexit, l’elezione di Donald Trump e i primi vagiti di una Difesa comune europea tutta da costruire
Stefano VespaFORMICHE.NET 17.11.2016
Non è stata certo secondaria la presenza di Sergio Mattarella all’inaugurazione dell’anno accademico del Casd, il Centro alti studi Difesa, probabilmente il primo presidente della Repubblica a presenziare alla cerimonia. Un’attenzione evidente verso le Forze armate e la loro formazione alla vigilia di una fase decisiva dopo la Brexit, l’elezione di Donald Trump e i primi vagiti di una Difesa comune europea tutta da costruire. E non è neanche usuale che sia stato il capo di un’azienda importante come Leonardo-Finmeccanica a tenere la “lectio magistralis” nella quale Mauro Moretti ha rilanciato le criticità del settore: eccessiva frammentazione delle piattaforme in Europa e mancanza di concentrazione a livello tecnologico quando invece “i requisiti e gli standard unici sono alla base di una Difesa europea comune”.
L’“Implementation Plan on Security and Defence” approvato il 14 novembre a Bruxelles dal Consiglio dei ministri degli Esteri e della Difesa “è un passo avanti” secondo l’amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica perché punta a rispondere alle crisi, a lavorare con i partners e in sostanza a proteggere i cittadini, ma ora occorre “cominciare a usare fuori area i battle groups”. Un passo avanti che ha rischiato di non esserci perché, come ha poi rivelato il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, nelle settimane precedenti gli sherpa italiani erano pessimisti sull’accordo, arrivato forse anche per l’“effetto Trump”. Il “mondo industriale-militare” ideale per Moretti sarebbe quello con un mercato domestico europeo equivalente a quello americano, diventando quindi anche competitivo verso il resto del mondo.
Moretti (che annuncia un bilancio 2016 della sua azienda con un utile di 500 milioni) prende atto dunque che per la prima volta c’è un fatto concreto, ma nello stesso tempo questi passi avanti “potrebbero essere insufficienti o intempestivi” perché “mancano nuove iniziative per assicurare un sistema di Difesa comune europea dopo i grandi programmi degli anni Novanta e c’è un’eccessiva frammentazione del sistema. Bisogna adottare standard unici, il mercato domestico dell’Unione potenzialmente è pari a quello degli Stati Uniti, ma l’Europa deve costruire la propria strategia e i Paesi devono sostenerla”. In sostanza, secondo il manager si apre “una nuova stagione per la Difesa europea e se sarà buona o cattiva dipenderà dalla volontà politica degli Stati membri” che devono essere “consapevoli di dover collaborare nell’intelligence e nella ricerca di nuove tecnologie”. L’industria dev’essere al centro delle scelte da compiere perché secondo l’amministratore delegato di Leonardo-Finmeccanica, solo “avendo due pilastri, Usa e Ue”, l’ambito industriale Nato potrà “controbattere ai nuovi giganti economico-politici che presto diverranno anche giganti militari”.
Il ministro Pinotti è realista sui problemi riguardo alla Difesa comune. “Il bicchiere non è del tutto pieno, ci sono ancora motivi di insoddisfazione – ha detto – bisogna trovare un meccanismo per finanziare le missioni Ue in modo collettivo” perché se “sono sulle spalle di chi comanda la missione stessa mettendo il maggior numero di soldati o di navi non ci sarà una Difesa comune”. Un altro punto è la richiesta “di togliere dal patto di stabilità le spese per i progetti comuni europei in ambito di Difesa”. Il ministro ha approfittato dell’intervento al Casd per lanciare un segnale distensivo in chiave di politica interna dopo la richiesta del sindaco di Milano, Beppe Sala, per un uso di militari dell’Esercito nella zona di via Padova del capoluogo lombardo. Riferendosi indirettamente alle polemiche sugli effetti della presenza dei militari nelle città con l’operazione “Strade sicure”, il ministro ha precisato che “in nessun senso possono sopperire all’operato delle forze dell’ordine. In un momento in cui c’è la diffusione della minaccia terroristica mettiamo a disposizione le nostre forze armate, senza prendere i compiti di altri”. All’inizio “vedevo il ruolo dei militari più nella vigilanza ai siti sensibili che nei pattugliamenti misti insieme alle forze di polizia, ero dubbiosa, mi sembrava più immagine che sostanza. Ma parlando con questori e prefetti in giro per l’Italia mi hanno detto che in alcune situazioni i pattugliamenti misti sono utili anche per rassicurare i cittadini”.
L’evoluzione degli scenari di crisi ha portato a corsi più accurati all’interno del Casd, anche con maggiori rapporti internazionali, come ha spiegato il generale Massimiliano Del Casale, presidente del Centro. Una formazione sempre più indispensabile