Adesso bisogna colpire chi finanzia il terrore
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C'è stata la stagione delle bombe negli aerei, adesso è la volta di quella dei kamikaze, dopo la chiave di volta delle Torri Gemelle.
di Carlo Valentini, Italia Oggi 5.7.2016
C'è stata la stagione delle bombe negli aerei, adesso è la volta di quella dei kamikaze, dopo la chiave di volta delle Torri Gemelle. Non c'è una causa ma un intreccio di questioni che unisce questa scia rosso sangue: la non risoluzione del problema israeliano-palestinese, la competizione tra sciiti e sunniti oltre a quella tra le tribù, la gara per la leadership nella regione, il radicalismo religioso promosso dai predicatori fanatici, i rapporti di forza nello scacchiere internazionale, il flusso economico generato dalle donazioni, dal petrolio e dalla droga. Quando l'intreccio è così composito risulta assai difficile sciogliere i nodi. Eppure non è possibile assistere inermi alla guerriglia mondiale che un pugno di esagitati ha deciso di scatenare e alle tante vittime che essa provoca.
Bisogna quindi porsi con una forza e una determinazione che finora sono mancate la domanda su chi finanzia l'Isis. Dietro le bombe sugli aerei c'erano Gheddafi e qualche emirato, chi c'è dietro il Califfo? Non potrebbe pagare gli adepti, un esercito, le complicità, le armi se, oltre a qualche sporco affare in proprio, non disponesse anche di un rubinetto a cui attingere moneta. Le cronache spesso parlano di cani sciolti ma dietro ogni attentato vi è in realtà un'organizzazione, cioè contatti, addestramenti, documenti falsi, sostegno alle famiglie. Cioè un supporto economico che consente alle cellule sparse nel mondo di pianificare e colpire.
Certamente chi tira le fila non viaggia coi soldi nella valigia. Quindi ci sono circuiti finanziari e bancari che trasferiscono dove servono questi capitali. L'intuito di James Bond lo porterebbe innanzi tutto in Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Kuwait. Si tratta di paesi double face rispetto all'Occidente. È arrivato il momento di chiedere conto della parte oscura della loro politica, che può esprimersi anche nella tolleranza verso gruppi che all'interno flirtano coi terroristi.
Ci sono siti web che raccolgono fondi. Ed è stato valutato che l'Isis ricava circa 1,5 milioni di dollari al giorno dalla vendita clandestina di petrolio. Com'è possibile che denaro e petrolio escano tranquillamente dall'area controllata dall'Isis? Forse i paesi colpiti dal terrorismo dopo la costernazione per le vittime e le polemiche sull'islam buono o cattivo dovrebbero finalmente unirsi per recidere l'anello debole del Califfo: il riciclo del suo tesoretto.
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