La disoccupazione di gennaio? Il Jobs Act rimane un toccasana in confronto alle misure di Letta o dell'Ue

Disoccupazione stabile rispetto a dicembre 2015 e occupati in aumento. Marco Leonardi, economista della Statale di Milano e consigliere di Renzi, spiega sull'Unità i punti di forza della riforma del lavoro del governo

di Redazione | 01 Marzo 2016 ore 09:09 Foglio

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A fronte dei nuovi dati Istat usciti sul lavoro il governo rivendica la sua strategia per creare occupazione. Secondo l'istituto di statistica, il tasso di disoccupazione a gennaio è rimasto fermo all'11,5 per cento, sugli stessi valori di dicembre. Ma nonostante i tagli agli sgravi contributivi, continuano a crescere gli occupati (più 0,3 per cento rispetto a dicembre). I contratti a tempo indeterminato aumentano di 99 mila unità rispetto a dicembre e di 426 mila su gennaio 2015. Peggiora invece il dato sulla disoccupazione giovanile che sale al 39,3 per cento, il risultato peggiore da ottobre ma pur sempre in miglioramento (meno 1,6 per cento) rispetto allo stesso periodo del 2015.

Marco Leonardi, economista all'Università Statale di Milano e consigliere del governo Renzi, è intervenuto stamattina sull'Unità per rivendicare la giustezza del Jobs Act. Sai che novità, starete pensando. Invece le argomentazioni usate del professore non mancano di originalità. Invece di soffermarsi sui soli numeri dell'occupazione, Leonardi predilige una chiave comparata. Innanzitutto con le misure messe in campo dal governo Letta, sostituito all'inizio del 2014 dal governo Renzi.

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 "L'incentivo del ministro del Lavoro Giovannini (governo Letta), ad esempio, era altrettanto generoso in termini di importo (un terzo della retribuzione lorda) ma limitato ai lavoratori di età compresa tra i 18 e i 29 anni e privi di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi ovvero privi di diploma di scuola media superiore o professionale. Il bonus, cioè, spettava a chi, tramite l'assunzione o la trasformazione, determinasse un incremento netto dell'occupazione rispetto alla media dei lavoratori occupati nell'anno precedente; era altresì necessario che tale incremento fosse mantenuto per ogni mese di calendario di spettanza dell'incentivo". Troppe le condizionalità, sostiene Leonardi, specie per aziende che operano in una situazione di incertezza sugli orizzonti futuri.

"Un esempio ancora più recente - scrive il prof. sull'Unità - è offerto dal programma Garanzia Giovani che, finanziato dai fondi dell'Unione europea e gestito dai centri per l'impiego, dovrebbe aiutare tutti gli under 29 a trovare lavoro entro quattro mesi dalla registrazione. Il programma, secondo la stessa logica dell'incentivo Giovannini, prevede un incentivo per le aziende che assumono giovani lavoratori ma a patto che l'azienda verifichi l'esistenza delle condizioni di ammissione previste e aggiorni i calcoli dell'occupazione aggiuntiva in caso di cambiamenti in corso d'anno. L'incentivo sarà concesso solo alla fine dell'anno e a seguito di ulteriori verifiche effettuate dall'Inps".

Conclusione: "Provvedimenti come il bonus Giovannini o quello di Garanzia Giovani, per la loro complessa burocrazia, non sono stati incisivi, tant'è che sono stati erogati solo poche migliaia di incentivi nel corso di diversi anni". E il Jobs Act? Il bonus, in questo caso, "ha totalizzato 1,4 milioni di incentivi in un solo anno di applicazione". In via comparata, insomma, un successo.

Categoria Economia

Commenti

Gregorio • 3 ore fa

Io vorrei conoscere in numeri quanti milioni di lavoratori c'erano nel 2014 e quanti nel 2015. Poi si fa il saldo

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