La Ue concede tutto all'Irlanda e quasi niente invece all'Italia
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Ma è tutta la burocrazia europea a sembrare spesso impazzita. Si pensi al caso dell'Irlanda, il Paese che ha speso ben 89 miliardi di euro tra il 2008 e il 2010, per salvare le sue banche dal fallimento per eccesso di derivati finanziari: gliel'hanno lasciate salvare, come mai?
di Sergio Luciano Italia Oggi, 27.11.2015
D'accordo, l'euro è stato una scelta dalla quale è impensabile tornare indietro: qualcuno però li fermi, questi burosauri europei «ottusi». Già, perché hanno fatto scappare la pazienza perfino a un politico prudente e navigato come tutti i vecchi democristiani come Giuseppe Guzzetti, presidente delle Fondazioni bancarie italiane, che ha parlato appunto, molto opportunamente, di «ottusità di Bruxelles» a proposito dell'opposizione comunitaria contro l'intervento del Fondo interbancario di garanzia sulle quattro banche commissariate (CariFerrara, Banca Marche, Popolare dell'Etruria e CariChieti) che il governo ha voluto «salvare» prima che decorresse il «bail in». Il Fondo Interbancario, alimentato da sempre dai finanziamenti delle banche, non andava bene, perché equivaleva ad un aiuto di Stato, essendo quel Fondo istituito dallo Stato; un altro fondo, nuovo, pur sempre alimentato dalle banche, invece sì. Euro-buro-misteri.
Ma è tutta la burocrazia europea a sembrare spesso impazzita. Si pensi al caso dell'Irlanda, il Paese che ha speso ben 89 miliardi di euro tra il 2008 e il 2010, per salvare le sue banche dal fallimento per eccesso di derivati finanziari: gliel'hanno lasciate salvare, come mai? Non erano forse anche quelli aiuti di Stato? La spiegazione sta per caso nel fatto che a loro volta le banche irlandesi fallite erano debitrici di 55,8 miliardi verso altre banche straniere e in particolare francesi? Forse sì. Fatto sta che quelli non sono stati aiuti di Stato. E come se non bastasse, quegli aiuti sono stati autorizzati (89 miliardi, non i 2 bastati per salvare le 4 banchette italiane) lasciando libero nel frattempo lo staterello nord-europeo di preservare la sua incredibile «fiscalità di vantaggio» che lo rende ormai un vero e proprio paradiso fiscale nell'eurozona. Di cui si avvalgono i colossi del web come Google o Apple che pagano soltanto lì, e non negli Stati dove fanno i loro business, le tasse sugli utili che maturano in tutta Europa. Alla follia di questa situazione si aggiunge la pretesa lunare degli Stati Uniti, che nell'occasione della maxi-fusione tra i due colossi farmaceutici Pfizer e Allergan si sono indignati perché la sede unificata del gruppo sarà insediata in Irlanda: ma certo che sì, risiedendo lì il gruppo pagherà pochissime tasse, l'Unione europea lo consente, le americanissime Apple e Google se ne avvalgono, e il fisco americano protesta? Incomprensibile. Ecco: difronte a simili assurdi globali, se l'anti-europeismo dei vari leghisti e grillini resta una non-risposta, la voglia di mandare a quel Paese i registi più o meno occulti di tanta ingiustizia monta irresistibile.
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