Perché ripristinare le gabbie salariali nel mezzogiorno ha (ancora) un senso
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Una proposta indecente per un sud non assistito. Resoconto delle giravolte di Tito Boeri
di Renzo Rosati | 04 Agosto 2015 ore 17:02
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Roma. Non si era sbagliato il Foglio di ieri ("Un fisco per l'estate") individuando una serie di orrori in arrivo dal fronte sud, quello dell'ennesima ondata emergenzial-piagnonistica. Fioccano infatti proposte improntate a quell'assistenzialismo che finora non solo ha fallito ma ha anche procurato allo stesso Meridione più danni della grandine.
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Enrico Morando, viceministro democrat dell'Economia, smentisce la sua matrice liberista chiedendo di stabilizzare fino al 2018, solo nel Mezzogiorno, gli sgravi contributivi che assieme al Jobs Act hanno favorito la ripresa dei contratti di lavoro a tempo indeterminato, che scadono l'anno prossimo. Non solo si creerebbe un'asimmetria a danno del Nord non compensata da ragioni di mercato, ma si indurrebbe l'aspettativa di una bolla del lavoro destinata a sgonfiarsi, con ripercussioni su una ripresa dell'occupazione già incerta di per sé.
Poi c'è Tito Boeri, presidente dell'Inps, il quale ripropone il reddito minimo per gli over 55, affermando che l'istituto previdenziale pubblico "è pronto per contrastare l'emergenza povertà, specie al Sud". Boeri non dice quanto costerebbe questa sorta di reddito di cittadinanza, ma dice di avere apprezzato alcune proposte grilline. Ed è singolare come poi mette le mani avanti a prevenire le obiezioni più ovvie (e fondate): "Il rischio di scoraggiare queste persone nella ricerca di un lavoro non si pone o si pone in modo del tutto irrilevante. C’è anche un messaggio culturale importante che deve essere dato, soprattutto al sud: esistono amministrazioni dello Stato efficienti, come l’Inps, che sono in grado di affrontare il problema e alle quali ci si può rivolgere senza alcuna intermediazione e senza dover ricorrere al politico locale. Niente clientelismo, dunque. Il reddito minimo è un diritto di cui le persone possono godere, cui corrispondono una serie di doveri e su cui ci sarà un controllo stringente e costante da parte di un’amministrazione indipendente dal potere politico locale".
Finora le cose non sono andate proprio così. Basta guardare alle pensioni di invalidità concesse con le mani bucate, o alle autocertificazioni allegre dell'Isee, tutto sotto gli occhi dell'Inps, ma facciamo finta di nulla. E' curioso, invece, che Boeri si sia dimenticato della ricetta per il Mezzogiorno che propugnava quando era docente bocconiano di lotta, e non di governo. Parliamo di uno studio per la fondazione Rodolfo Debenedetti firmato nel giugno 2014 assieme ad Andrea Ichino (European University Institute) e Enrico Moretti della Berkeley University. Il paper contiene una proposta che potrebbe risolvere davvero i problemi del Sud, se ci fosse il coraggio politico di attuarla: qualcosa di molto simile alle gabbie salariali, cioè le retribuzioni divise per aree regionali in base al costo della vita, presenti in Italia fino al 1972, regolate da accordi tra sindacati e imprenditori, e poi sostituite dal contratto unico e travolte dall'ondata concertativa-egualitarista.
Lo studio Boeri-Ichino-Moretti parte dalla "enorme differenza di produttività" tra nord e sud, osservando che allo stato non può essere affrontata con la flessibilità dei salari. Il che dipende a sua volta dal fatto che al nord, con un costo della vita più alto, è impossibile aumentare le paghe come invece si dovrebbe. Mentre al sud i salari reali più elevati per il minor costo della vita disincentivano a lavorare di più, per esempio attraverso straordinari o simili, causando la minore produttività. Infatti le cinque province con i maggiori salari nominali sono Bolzano, Aosta e Como. Le tre con i maggiori salari reali sono Caltanissetta, Crotone ed Enna. Questa situazione produce altre storture, influenzando pesantemente il mercato immobiliare (al Nord case di maggior valore e affitti più difficili; al Sud tutto il contrario). Ma soprattutto, è la conclusione di Boeri & C., le paghe uguali per tutti determinano direttamente "la più alta disoccupazione al sud", disincentivando sia gli imprenditori ad investire, sia la ricerca del lavoro.
Che cosa suggeriva Boeri un anno fa? "Una struttura salariale più vicina alla produttività. E visto che la differenza in busta paga non può essere praticata a causa della contrattazione nazionale, vanno incoraggiati gli accordi di fabbrica o aziendali, che andrebbero incentivati". Diciamo che Sergio Marchionne c'era già arrivato, tra alti allarmi democratici, con l'aggiunta che a Melfi e Pomigliano i risultati sono anche stati premiati dai bonus. Non vogliamo chiamarle gabbie salariali? Si consenta la libertà di contrattazione ovunque. Ma per questo, come diceva Antonio Martino, dovremmo introdurre un articolo della costituzione per cui “la legge non può impedire atti di capitalismo fra adulti consenzienti”.
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