Bad bank, come smaltire sofferenze bancarie in Italia
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Recupero crediti e deduzioni in un solo anno. Per liberare 183 miliardi di prestiti. La proposta sull'inceneritore di titoli tossici. Ma l'Ue non vuole aggravi statali.
di Francesco Pacifico | 21 Giugno 2015 Lettera43
È passato poco più di un mese, ma nessuno ha dimenticato quando Matteo Renzi - di fronte alla platea di Borsa italiana a Palazzo Mezzanotte - prometteva: «Nelle prossime settimane il passaggio sulle sofferenze bancarie e sugli strumenti per rendere il sistema bancario italiano nella stessa situazione degli altri Paesi europei troveranno concretizzazione».
Invece nulla, della bad bank - intesa come un enorme inceneritore capace di smaltire le sofferenze bancarie - si sono perse le tracce.
IN EUROPA FUNZIONA. E pensare che in Germania, Spagna o Gran Bretagna un simile strumento ha salvato il sistema creditizio.
Le più alte autorità di controllo - Mario Draghi e Ignazio Visco -, gli economisti e gli operatori avevano sancito pubblicamente che non c’è altra strada per ammortizzare i quasi 200 miliardi di sofferenze che impediscono alle banche italiane di erogare prestiti a famiglie e imprese.
DAL 2016 NUOVO BAIL-IN. Senza nemmeno dimenticare che il tempo stringe: dal primo gennaio 2016 entrano in vigore le nuove regole sul Bail-in, che estendono le responsabilità dei correntisti sopra i 100 mila euro e impediscono di fatto ai governi di intervenire nei salvataggi.
Nell’Italia che fa fatica a uscire dalla crisi, per la politica è quasi sconveniente annunciare provvedimenti a favore del settore bancario.
SOFFERENZE PER 315 MILIARDI. Intanto la dinamica degli impieghi è ferma perché nei bilanci delle banche ci sono oltre 183 miliardi di euro classificati come prestiti non esigibili.
Prima delle crisi non superavano i 42 miliardi, ma adesso le sofferenze complessive (incagli, prestiti scaduti o ristrutturati) viaggiano oltre i 315 miliardi di euro.
Oltre 20 punti di Pil e un sesto di quanto ogni anno viene erogato dal mondo del credito a famiglie e imprese.
Bankitalia: «Ci sarebbero molti effetti positivi»
Secondo Bankitalia - parte in causa perché titolare della vigilanza bancaria - un processo del genere «avrebbe numerosi e importanti effetti positivi».
PIÙ TRASPARENZA. Cioè «minori costi di gestione e maggiore trasparenza dei bilanci, con ricadute positive sulle banche in termini di capacità di attrarre capitali e accesso ai mercati della raccolta all'ingrosso; si eliminerebbero i restanti vincoli all'offerta di prestiti, contribuendo a riavviare il mercato del credito e la ripresa degli investimenti; creando le premesse per processi di aggregazione, si favorirebbero la concorrenza sul mercato bancario e guadagni di efficienza; si agevolerebbe lo sviluppo del mercato dei crediti deteriorati».
COPERTURA: 3 MILIARDI. Al momento c’è soltanto una proposta del Tesoro - da formalizzare in un decreto - nella quale si prevedono la possibilità di dedurre in un solo anno (e non in cinque come adesso) le perdite e una serie di norme per velocizzare il recupero dei crediti.
Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan avrebbe anche individuato 3 miliardi di euro per coprire il minore gettito.
MA IL PIANO ERA DIVERSO. Eppure in precedenza si era profilato un intervento con una dimensione 15 volte superiore. Con lo Stato pronto a garantire grazie a soldi propri gli acquirenti che compravano i bad loans.
Per capire lo iato tra quello che c’è all’orizzonte e quello che servirebbe, bisogna ricordare il modello di Bad bank studiato da Bankitalia.
MISTO PUBBLICO-PRIVATO. Via Nazionale sta facendo pressioni da mesi sul mercato per la creazione di una società - misto pubblico-privata con lo Stato in posizione minoritaria - specializzata nell’acquisto di sofferenze dalle banche italiane.
Nel suo ultimo Rapporto sulla stabilità finanziaria, per superare il divieto comunitario agli aiuti di Stato ha suggerito di «acquistare i prestiti in sofferenza al valore di mercato» in modo da garantire «la conseguente riduzione del peso delle partite anomale nei bilanci delle banche».
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