Il futuro dei centri commerciali in Italia
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Per resistere alla sfida di internet ed e-commerce, i centri commerciali devono differenziare, innovare e puntare sull’“entertainment”
Articolo pubblicato in partnership con Tendenze Online, Linkiesta maggio 2015
Le conclusioni della ricerca Dove va lo shopping, realizzata da Trade Lab, Canali & Co e GS1 Italy | Indicod-Ecr, che quest’anno ha goduto del patrocinio del Consiglio nazionale dei centri commerciali, forniscono indicazioni utili per governare lo sviluppo dei poli commerciali nel nostro paese. Quello che la ricerca offre è un quadro d’insieme che sposta il punto di vista dell’indagine dal comportamento dei consumatori e dall’andamento dei consumi alla scelta del polo commerciale, del contenitore nel quale avvengono questi comportamenti, dove i punti vendita sono integrati da altre attività, come la ristorazione e l’entertainment.
Le polarità commerciali: uno scenario competitivo
La competizione tra centri commerciali, internet e strade dei centri urbani è destinata ad aumentare
E il quadro d’insieme ci restituisce la conferma di una realtà a più facce, nella quale, afferma Luca Pellegrini, presidente di Trade Lab: «Tutti usano tutte le polarità con finalità magari differenti, ma ciò significa che la competizione è destinata ad aumentare tra i centri commerciali e le strade dei centri urbani, tra internet e il commercio diffuso. E proprio internet ha rotto tutti gli equilibri, perché è sempre disponibile ed è completamente sovrapponibile con l’offerta fisica».
Il punto di partenza del ragionamento di Pellegrini è la differenza tra l’atto di acquisto funzionale all’approvvigionamento (procurement) e l’acquisto per piacere (shopping). Visto con questi occhi, anche internet ha però i suoi punti deboli che sono la mancanza di contatto fisico, di socialità e di entertainment (anche se i social fanno la loro parte), oltre alla mancanza di preselezione dell’offerta, che è invece uno dei tratti distintivi dei retailer fisici «il troppo a volte stroppia», dice Pellegrini. Tuttavia come opzione di procurement è imbattibile. Sta ai retailer fisici offrire un’alternativa complementare e non sostitutiva. L’omnichannel, appunto, che però rimane una soluzione d’insegna. Come si comportano le polarità? In giro ci sono 30 mila metri quadrati che crescono. Chi li perderà? si chiede Pellegrini.
Quanto al commercio diffuso con i 750mila punti vendita e i 200mila ambulanti, sarà destinato a lasciare il campo, ma per ora rappresenta ancora una “rassicurante quotidianità”.
Venendo ai centri commerciali naturali, le strade e le aree urbane, questi valgono il 20% dei consumi e sono in ripresa grazie al fatto che sono luoghi identitari. «Devono però recuperare una regia riguardo ai servizi comuni che non hanno e devono recuperar convenienza. La loro quota è destinata a crescere, tanto più se saranno in grado di ottimizzare il merchandising mix», afferma Pellegrini.
I centri commerciali avranno la necessità di un maggiore coordinamento dell’offerta
I centri commerciali pianificati da un lato hanno raggiunto un radicamento nazional popolare, dall’altro però sono più esposti all’online e ai centri urbani. Il minor utilizzo delle auto potrà costituire un’ulteriore minaccia, ma il tema più caldo è che dovranno passare da scatoloni a landmark. E le gallerie avranno un ruolo più importante dell’ipermercato, visto che già oggi il 61% degli intervistati frequenta i centri commerciali soprattutto per le gallerie. Ed è per ciò che i centri commerciali avranno la necessità di un maggiore coordinamento dell’offerta.
Vi sono poi i cambiamenti strutturali della società, di cui chi programma le attività di retail deve tenere conto. Traguardando i prossimi dieci anni Pellegrini individua i fattori di maggior cambiamento nella demografia (nel 20125 ci saranno 8,5 milioni di “stranieri” in Italia contro 54,5 milioni di “italiani” e la popolazione avrà un’età media di 46 anni con il 24% di over 65enni), nella struttura famigliare (il 57% delle famiglie sarà di 1 o 2 componenti), che incide anche sulla capacità di spesa: più sono numerose le famiglie, più aumentano i rischi di povertà.
Dove va lo shopping
La ricerca di Trade Lab ha analizzato il comportamento e le dichiarazioni dei consumatori riguardo alla frequentazione dei poli commerciali e dove fanno gli acquisti. Centri commerciali e centri urbani risultano essere i più frequentati, rispettivamente dal 96,9% dei rispondenti e dal 90,8% Ma è Internet (61,6%) a fare il balzo avanti più consistente, con un +53,2% rispetto all’anno scorso, contro il +2,8% dei centri commerciali e il +6,2% dei centri urbani.
Uguale dinamica di crescita si registra nella modalità di acquisizione primaria di informazioni per gli acquisti, con il “giro per negozi” saldamente al primo posto con l’80% delle preferenze (+1,8%) quasi equamente suddivise tra commercio urbano ed extraurbano, con Internet che cresce del 39,7% e assorbe l’11% come opzione primaria . È uno scenario sempre più omnichannel, come si vede dalla Figura 1.
Uno scenario sempre più omnichannel della frequentazione dei poli commerciali
Anche per gli acquisti il commercio urbano (50,3% dello share of wallet dichiarato, in crescita del 3,9%) regge il confronto con il commercio extraurbano (46% ma in arretramento del 6,7%). Forte avanzata (8+22%) degli acquisti online che pesa il 3,5%, ma di chi acquista online il 20% ritira la merce in un punto di vendita fisico. Nel caso degli acquisti vi sono significative variazioni a livello territoriale (la ricerca ha preso come riferimento Milano, Roma e Catania) e per categorie merceologiche, con l’elettronica di consumo e la telefonia sbilanciate verso i centri extra urbani con una quota interessante di Internet, l’alimentare verso i centri urbani, così come le altre categorie del non food, ad eccezione dei beni per la casa a metà tra le due polarità.
Tutto ciò fa dire a Maddalena Borella di Trade Lab che «Le polarità commerciali segmentano sempre meno, poiché la multipolarità è appannaggio dell’86% dei rispondenti e sono in diminuzione al 13,9% quelli che si rivolgono a una sola delle polarità considerate.
I terreni di sfida
Riprendendo l’analisi di Pellegrini, Borella individua alcuni dei terreni di confronto e di sfida per i centri commerciali extra urbani e per i centri urbani sulla base delle dichiarazioni degli intervistati.
«Il 73% di loro dichiara che se tutti i centri commerciali fossero raggiungibili con la stessa facilità non cambierebbe quello che frequenta abitualmente, a significare che vi è ancora troppa standardizzazione nell’offerta. Allo stesso tempo il gigantismo non sembra più essere la via maestra per tutti i target: il 40,6% dei rispondenti, per lo più donne di 55-74 anni, con reddito medio e medio-basso, single e coppie senza figli preferisce i centri piccoli senza troppa dispersione e confusione».
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