Che cosa c'è dietro alla multa che l'Europa vuole far pagare a Google
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La sanzione pecuniaria — quella che potrebbe essere la più alta della storia, superando le ammende inflitte a Microsoft e Intel — non sarà immediata. Google avrà 10 settimane per rispondere alle accuse della Commissione. Appare più come una scelta motivata da ragioni politiche che da considerazioni di Antitrust.
di David Carretta | 15 Aprile 2015 ore 11:41 Foglio
Bruxelles. Con la decisione di inviare una “comunicazione di addebiti” dopo quasi cinque anni di inchiesta anti-trust, la Commissione europea oggi ha formalizzato le accuse di abuso di posizione dominante contro Google, che potrebbe costare al colosso di Montain View una multa da 6 miliardi di euro. In quella che appare come un'offensiva su ampia scala, la commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager, ha anche avviato una nuova indagine sul sistema operativo Android, mentre il Senato francese sta considerando la possibilità di forzare Google a rivelare l'algoritmo del suo motore di ricerca.
"L'obiettivo della Commissione è applicare le norme antitrust dell'Unione europea al fine di garantire che le imprese che operano in Europa, ovunque siano basate, non neghino artificialmente ai consumatori europei la più ampia scelta possibile o soffochino l'innovazione", ha spiegato Vestager. "Nel caso di Google sono preoccupata del fatto che la società ha dato un vantaggio sleale al proprio servizio di comparazione prezzi per lo shopping online, in violazione delle norme antitrust comunitarie. Google ha ora l'opportunità di convincere la Commissione del contrario. Tuttavia, se l'inchiesta confermerà le nostre preoccupazioni, Google dovrà affrontare le conseguenze legali e cambiare il modo in cui svolge la propria attivita' in Europa".
La sanzione pecuniaria — quella che potrebbe essere la più alta della storia, superando le ammende inflitte a Microsoft e Intel — non sarà immediata. Google avrà 10 settimane per rispondere alle accuse della Commissione. In un memo interno rivelato da TechCrunch, il colosso ha tratteggiato la sua linea difensiva: Google Search offre “servizi migliori per gli utenti”; la concorrenza sta aumentando con Bing, Yahoo, Quora, gli assistenti vocali di Apple e Microsoft e i siti specializzati come Amazon e Expedia; e soprattutto “il mobile sta cambiando tutto” con “l'esplosione delle Apps che portano la gente direttamente all'informazione che vogliono”.
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La decisione di procedere per abuso di posizione dominante, nonostante Google fosse pronta a un accordo con l'esecutivo comunitario promosso dal predecessore di Vestager, Joaquin Almunia, appare più come una scelta motivata da ragioni politiche che da considerazioni di Antitrust. Nel 2013 la Federal Trade Commission americana aveva chiuso un'inchiesta analoga, concludendo che Google non ha fatto uso di metodi anti-concorrenziali per promuovere i propri prodotti e mantenere il suo dominio sul mercato. La Commissione Juncker, sotto la pressione di Francia e Germania, ha invece ascoltato gli appelli degli Arnaud Montebourg (l'ex ministro del patriottismo economico in Francia) e degli Axel Springer (il magnate dei media tedeschi) che pretendono lo smembramento di Google per proteggere le imprese europee a prescindere dai benefici dei consumatori. Del resto, la strategia dell'innovazione della Commissione di Jean-Claude Juncker è incentrata sull'invidia del pene innovatore americano e la volontà protezionista.
In un discorso a Hannover martedì, il commissario al Digitale, il tedesco Guenther Oettinger (che prima della sua nomina aveva ammesso di non sapere usare un iPhone) ha spiegato che occorre farla finita con un business online in cui l'Europa è “dipendente da pochi player globali non UE”. L'obiettivo di Oettinger è “sostituire i motori di ricerca, i sistemi operativi e i social network di oggi” (cioè quelli americani, ndr) attraverso a una regolazione che favorisca “un contributo significativo dell'industria europea”. La policy digitale che intendono promuovere Oettinger-Juncker ricorda la pianificazione statalista dell'innovazione che aveva ispirato Quaero, il motore di ricerca europeo promosso da Jacques Chirac e Gerhard Schroeder nel 2005 per affrancarsi da Google. Nel 2008, la Commissione autorizzò la Francia a sborsare 99 milioni di euro di aiuti di Stato per quello che doveva essere il motore di ricerca “made in Europe” con la convinzione che Quaero avrebbe “creato soluzioni nuove o molto più performanti per condurre ricerche automatiche e interpretare informazioni digitali multimedia e multilingua in diversi formati”. Il Quaero (in latino “Io cerco”) di Chirac e Schroeder venne abbandonato il 31 dicembre del 2013. Le multe miliardarie inflitte ai colossi americani (Intel, Microsoft e ora Google) paradossalmente sono un'ammissione di fallimento: l'antitrust Ue non riesce a scovare posizioni dominanti tra gli operatori digitali europei. E non sarà il grande Quaero di Oettinger e Juncker a cambiare le cose.