È ora di separare le coop da ciò che non lo è più

Le coop hanno incominciato la politica dello struzzo nel 2004, quando l'Unipol guidata da Giovanni Consorte tentò la scalata alla Banca nazionale del lavoro. E si appoggiò per l'operazione ai cosiddetti amici del quartierino (Fiorani, Fazio).

 di Carlo Valentini Italia Oggi  15.5.2015

Le coop hanno incominciato la politica dello struzzo nel 2004, quando l'Unipol guidata da Giovanni Consorte tentò la scalata alla Banca nazionale del lavoro. E si appoggiò per l'operazione ai cosiddetti amici del quartierino (Fiorani, Fazio). Ne seguirono polemiche politiche ma Legacoop, di cui Unipol faceva (e fa) parte, non tirò fuori la testa dalla sabbia per affrontare il nodo del problema: scopi, finalità e comportamenti delle coop nella società di oggi. Da allora il movimento cooperativo è incorso in una serie di incidenti, l'ultimo è la vicenda che coinvolge il Cpl (appalti a Ischia) senza mai interrogarsi sulla metamorfosi di piccole coop diventate giganti ma per la loro natura rimaste prive di anticorpi.

Le cooperative nacquero alla fine dell'800 come forma di autotutela, persone che si mettevano insieme per riuscire a lavorare e a guadagnare un salario. Per questa natura mutualistica esse vennero facilitate dal legislatore, anche dal punto di vista fiscale. Tutto andò bene fino a qualche decennio fa, quando piccolo era bello. Poi però da un lato le coop di produzione hanno dovuto fare i conti coi mutamenti del mercato dall'altro l'ebbrezza della finanza facile penetrò anche nel quartier generale di Legacoop. Un mix che ha finito per snaturare l'essenza della cooperazione. Difficile vedere l'afflato mutualistico nell'Unipol, nelle grandi imprese di costruzione, nelle catene di ipermercati che si contrappongono a Esselunga, nei grandi produttori di salumi, vino e formaggi.

Si è venuta così a creare una dicotomia tra i colossi coop e le cooperative a misura di socio, quelle dove ancora i dipendenti sono i «proprietari» dell'azienda e difendono nicchie di mercato (dalla lavorazione delle porte agli accessori meccanici). Ma in questa situazione le piccole coop sono state via via emarginate all'interno del mondo cooperativo, dove per contare bisogna avere dimensione e fatturato, da raggiungere (insegna la Cpl) in qualunque modo.

Il movimento cooperativo ha dinanzi a sé l'opportunità (o meglio: la necessità) di una rifondazione, separando ciò che ancora è coop da ciò che non lo è più, indicando norme etiche stringenti, cacciando chi sbaglia. In questo modo scoprirebbe che nella crisi che stiamo attraversando c'è domanda di cooperazione, ma di quella vera, quasi un ritorno alle origini.

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