Dall’Italia 142 miliardi in fuga. Verso i paradisi fiscali
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- Categoria: Economia
L’ultimo report pubblicato dalla Commissione europea mostra come nel 2016 l’Italia abbia 142 miliardi di euro offshore. Il primato è però tutto tedesco, con 331 miliardi di euro offshore, seguita dalla Francia con 227 miliardi e dal Regno Unito con 218 miliardi di euro
di Giorgia Pacione Di Bello, 12.10.2019 italiaoggi.it
L'Italia è il quarto paese dell'Unione europea per evasione offshore. L'ultimo report pubblicato dalla Commissione europea mostra infatti come nel 2016 l'Italia abbia 142 miliardi di euro allocati in ricchezza offshore sia di persone fisiche sia di società . Il dato la fa dunque posizionare al quarto posto tra i paesi dell'Ue. Il primato è però tutto tedesco, con 331 miliardi di euro offshore, seguita dalla Francia con 227 miliardi e dal Regno Unito con 218 miliardi di euro. Il report sottolinea inoltre come i primi quattro paesi (Italia, Germania, Francia e Regno Unito) producano oltre il 65% delle ricchezza offshore in Ue. Considerando il campo dell'Unione europea il report stima come nel 2016 ci siano stata una ricchezza offshore stimata in circa 1.500 miliardi di euro. Il periodo che ha evidenziato una maggiore criticità è stato quello tra il 2004 e il 2006. In questo arco temporale la ricchezza offshore indirettamente detenuta (attraverso società di comodo o prestanomi) da parte dei cittadini e delle società europee è aumentata, passando da un 35% (2004) ad un 44% (2006). La crescita è però continuata anche negli anni successivi. Tra il 2005 e il 2007 la ricchezza offshore dell'Ue è infatti aumentata. Un primo calo c'è stato tra il 2008 e il 2009 a causa della crisi finanziaria. Subito dopo, nel momento di ripresa, 2011, si è verificato un ulteriore aumento. L'offshore Ue è infatti salito al 10% del pil Ue, dal 7% che era finito nel 2008. La vera svolta anti offshore la si ha però tra il 2015 e il 2016. Pierre Moscovici, commissario europeo per gli affari economici ha infatti sottolineato come le misure di trasparenza fiscale e di lotta all'evasione (nel 2014-2015) hanno iniziato a dare i suoi frutti, rendendo più difficile per le persone facoltose sfuggire dalla tassazione. «Dal 2015 la quantità di attività di attività offshore detenute dagli europei», precisa Moscovici, «ha iniziato a diminuire: dall'equivalente del 16% del pil Ue nel 2001 al 10% del 2016». Il report analizza però anche la percentuale di pil caratterizzata dalla ricchezza offshore. E in questo caso la classifica è completamente diversa. «Gli stati membri con la maggior ricchezza offshore (e dunque posizionati ai vertici) in termini di Pil sono Cipro, Malta, Portogallo e Grecia», si legge dal report. Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna si collocano invece nella parte centrale della classifica. Infine c'è un terzo gruppo di paesi «che comprende i paesi con una ricchezza offshore inferiore al 5%. Nel 2016 questi erano la Danimarca, la Finlandia, la Svezia e la Slovacchia».
Il fenomeno dell'evasione fiscale non è però un problema europeo, ma internazionale. La ricchezza offshore globale stimata nel 2016 è infatti pari a 7,5 trilioni di euro, pari al 10,4% del pil mondiale. E la media nel periodo 2001-2016 è stata di circa 4,7 trilioni di euro. Il 2008-2009 è stato un anno difficile per la ricchezza offshore, anche a livello globale. Questa risulta infatti essere in calo, causa crisi finanziaria, per poi riprendersi vigorosamente tra il 2011 e il 2014. Nel 2015 e 2016 l'offshore risulta essere di nuovo in calo, probabilmente, suggerisce il report, a causa dell'impatto di alcune misure anti evasione come il Fatca degli Stati Uniti d'America, l'approvazione del Common reporting standard (Crs) da parte del G20 e la Dac2, direttiva del Consiglio. Guardando complessivamente dal 2001 al 2016 si nota dunque come all'introduzione di ogni nuova direttiva anti evasione voluta dall'Unione europea (Eusd nel 2005) del G20 o degli Usa la ricchezza offshore subisce un duro colpo, per poi riprendersi trovando altre strade per evadere.
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