Consigli di lettura agli omosessuali che vogliono sposarsi a tutti i costi
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Un tempo il matrimonio era un fenomeno scontato e insondabile intorno al quale non si finiva più di filosofare e collezionare aneddoti e massime. La borghese “Fisologia del matrimonio” secondo Balzac
di Alfonso Berardinelli | 16 Febbraio 2016 ore 18:21
Tempi felici, no, volevo dire tempi infelici quelli nei quali il matrimonio era un tema interessante perché non se ne trovava uno che riuscisse bene, visto che pretendeva di realizzare l’armonia fra due esseri viventi così remoti fra loro e così reciprocamente misteriosi come un uomo e una donna… Il matrimonio, allora, era un fenomeno scontato e insondabile intorno al quale non si finiva più di filosofare e collezionare aneddoti e massime. La mia generazione, quella molto volgarmente definita “sessantottesca”, era arrivata a concludere che sposarsi era un errore, il matrimonio una truffa e anche la convivenza si rivelava un rischiosissimo gioco d’azzardo che prometteva disastri. Molti di noi, nonostante queste premesse, si sposarono. E che cosa scoprirono? Scoprirono l’ombrello e l’acqua calda, cioè quella ripugnante banalità o eterna verità secondo cui “il matrimonio è la tomba dell’amore”. Fu certo avvilente per una generazione così sicura di aver capito a vent’anni tutto della vita e della società, trovarsi fra le mani il più ridicolo, impresentabile e ammuffito dei luoghi comuni. Tanta psicanalisi e tanto marxismo per constatare che nonni e antenati avevano ragione: amore e matrimonio sono nemici. O meglio, come disse Honoré de Balzac, la risposta alla domanda “perchè è così raro che un matrimonio sia felice?”, la sola risposta, è la seguente: “perchè questo fenomeno morale ha bisogno, per realizzarsi, di persone geniali, e le persone geniali si incontrano di rado”.
Oltre a considerare le molte “difficoltà fisiche che due sposi devono superare per riuscire a essere felici”, aggiunge Balzac, bisognerebbe infatti “elencare tutti gli spaventosi obblighi morali che nascono dalla differenza dei caratteri”. E’ vero che dal punto di vista scientifico-sperimentale e conoscitivo è proprio “la differenza dei caratteri” a produrre quella straordinaria tragicommedia che è il matrimonio. Senza il matrimonio tra maschi e femmine non sarebbero stati creati diversi capolavori, tra cui, come tutti sappiamo “Madame Bovary”, “Anna Karenina”, “Casa di bambola” nonché, nel Novecento, “Nemici: una storia d’amore” di Singer e “Scene da un matrimonio” di Bergman. Io in questi giorni mi sono buttato su questo libro di Balzac che non avevo mai letto “Fisiologia del matrimonio” (elliot, 318 pp., 17,50 euro) uno studio comico-precettistico pubblicato nel 1830 e che all’epoca fu un successo.
ARTICOLI CORRELATI Il diritto? Nasce dal matrimonio. L'arringa in favore della “famiglia naturale” di Lévi-Strauss "La truffa del progetto Cirinnà" Se è vero che le parole sono importanti smettetela di dire assurdità su matrimonio e famiglia Unioni civili, perché il “così fan tutti” non è una motivazione adeguata Balzac è intemperante e mostruosamente digressivo. Non risparmia le parole, le sperpera. E’ un entertainer nato, e il suo libro, a metterlo in scena oggi, potrebbe riempire un’annata di trasmissioni televisive. Contiene, oltre a molta casistica divertente ma antiquata, un bel cumulo di considerazioni inossidabili. Ce n’è una a cui di solito non si pensa, secondo cui una moglie e un marito non si sposano soltanto in due, ma senza rendersene conto contraggono matrimonio con gli amici e con le amiche del coniuge. Secondo Balzac, per un marito i pericoli maggori vengono dalle amiche della moglie, quelle con cui lei parla e si confessa e dalle quali riceve giudizi e consigli. Chi vi difenderà dalle amiche di vostra moglie? Sono loro a costruire l’immagine, l’idea che lei si fa del proprio successo o più spesso del proprio fallimento matrimoniale. Non riuscirete mai, voi mariti o voi mogli, a correggere l’idea del vostro matrimonio che nella testa di vostra moglie o di vostro marito hanno infilato la sua migliore amica o il suo migliore amico: i quali naturalmente, benchè facciano del male, parlano sempre, secondo loro, “a fin di bene”.
Giudicando ineluttabile già nell’Ottocento la necessità di procedere in ogni cosa con metodo scientifico e pratico, esibendo statistiche e confezionando manuali su ogni attività, dall’arte di conservare gli alimenti a come tagliare la carne, preparare la calce o annodarsi la cravatta, Balzac decise, per vendere il libro, di fare lo stesso con il matrimonio. Fra un calcolo numerico e un aneddoto, lo scrittore accumula elenchi, aforismi e massime. Per esempio: l’adulterio è certo una terapia contro quel malanno che è il matrimonio, ma c’è da chiedersi se non produca più infelicità del matrimonio. E perchè “ci sono uomini di magnifico aspetto e di intelletto superiore che le mogli tradiscono con amanti bruttissimi e stupidi?”. Una pagina intera è dedicata a elencare pregi fisici e morali delle donne, ma fra questi spicca l’osservazione che “essere amata è lo scopo di tutte le azioni di una donna e eccitare il desiderio quello di tutti i suoi gesti”. A volte Balzac clamorosamente sbaglia, ma certo i tempi cambiano le cose. Se allora la menopausa per una donna era “la brutale intimazione della natura a porre fine alle passioni”, oggi sembra vero il contrario: le donne dopo i cinquanta sono più disposte e appassionate che mai.
Il presupposto che l’autore propone è che “tutte le donne tradiscono i mariti”. Non bisogna però farsi idee sbagliate: “L’adulterio non si impadronisce del cuore di una donna sposata con la velocità di un colpo di pistola”, poiché in lei “c’è sempre una lotta la cui durata” è proporzionale al pudore. Quindi ci vuole pazienza.
Fra gli uomini più predestinati a essere traditi ci sono quelli che per ragioni di lavoro e a orari fissi restano più a lungo fuori di casa: magistrati, funzionari, deputati, militari, scienziati e (sic!) “studiosi di greco e di latino che vivono respirando la polvere delle biblioteche” (ce ne sono ancora?).
Leggere questo Balzac mi ricorda i discorsi che alla fine degli anni Cinquanta o poco dopo noi adolescenti ignari sentivamo fare ai nostri fratelli maggiori che andavano verso la trentina. Roba ridicola, da vergognarsi. Quasi sempre raccontavano fandonie. Ma almeno allora ci si rifletteva e ragionava all’infinito. Finiva un’epoca durata millenni, trascorsa all’insegna dell’“Arte di amare”. Più tardi quest’arte sembrò diventata monopolio degli omosessuali, particolarmente riflessivi e nemici assoluti di quella cosa borghese che si chiamava matrimonio. Oggi sono loro, o meglio è la categoria che vogliono rappresentare, a volere a tutti i costi il matrimonio, con un candore da neofiti, con un entusiasmo da convertii. La famosa “natura umana”, che qualcuno ha creduto romanticamente indomabile e selvatica, non è una minaccia per la borghesia: è lei che ha creato la borghesia. La borghesia è eterna, prima o poi tutti i ribelli ci finiscono dentro, matrimonio e adulterio compresi.
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