La scolastica dei precari
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Per gli eroi della Cgil è meglio la disoccupazione d’una cattedra lontana
di Redazione | 14 Agosto 2015 ore 18:20 Foglio
Saranno molti gli insegnati “precari” che non accetteranno le cattedre loro assegnate in seguito alla riforma della scuola, più o meno uno su cinque. Questo significa che la categoria dei precari, sulla quale ha tanto insistito l’agitazione sindacale e la polemica della sinistra interna ed esterna al Partito democratico, è assai più composita, per così dire, di come veniva presentata. Non tutti sono poveri professori alla ricerca spasmodica di una regolarizzazione negata dalla malvagità dei governi disinteressati alle sorti della scuola, ci sono anche quelli che consideravano, del tutto legittimamente dal loro punto di vista, la supplenza periodica come un’integrazione al reddito, ma che non sono disposti a trasferirsi nella sede degli istituti scolastici dove potrebbero lavorare permanentemente.
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Non c’è nessuna ragione per demonizzare questi comportamenti, che corrispondono a esigenze o preferenze personali del tutto comprensibili. Quello che invece salta agli occhi è l’impiego sproporzionato della retorica vittimistica usato per dipingere una realtà non corrispondente a quella reale. A leggere certe dichiarazioni sindacali sembrava che ci fossero centomila “servi della gleba” sottoposti alle angherie del precariato, disponibili tutti e sempre a ogni sacrificio pur di coronare il loro sogno di una cattedra stabile. Ora è evidente a tutti che le cose non stanno così, che si è soffiato in modo propagandistico per esasperare le tensioni nel mondo scolastico con finalità politiche o corporative. Ci sarebbe da sperare che si abbandonino i toni da feuilleton ottocentesco per passare a un esame razionale dei problemi connessi al reclutamento, alla formazione e alla selezione dei docenti, che costituisce uno degli a spetti più cruciali di una formazione che non sia slegata dalla realtà civile e produttiva di una società che si modernizza. Non c’è molto da sperarci, per la verità: il fronte politico del rifiuto della riforma scolastica ha solo l’obiettivo di impedire a Matteo Renzi di recuperare una base di massa.
Quello sindacale più polemico in realtà voleva mantenere il potere o meglio il sottopotere derivante dal traffico degli incarichi di supplenza in provveditorati che sembravano dei suk. Della capacità della scuola di formare nuove generazioni di cittadini e di lavoratori in grado di inserirsi nei meccanismi complessi della vita moderna a costoro non è mai importato nulla. La moltitudine del precariato era considerata una massa di manovra per agitazioni dirette a scopi particolari. Ora che la realtà della natura composita di questo aggregato appare evidente, i sindacati si limiteranno a cercare qualche altra pietra dello scandalo per mantenere lo spazio che hanno usurpato nella dialettica sociale.
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