La fuffa del pensiero unico, dal sesso al riscaldamento globale

Dietro le reazioni intolleranti al Family day c’è una nuova religiosità politicamente corretta. E la chiesa ne è complice

di Giuliano Ferrara | 23 Giugno 2015 ore 06:18 Foglio

Che il popolo di mamma e papà, come dicono per sfotterli di quei mattacchioni che credono nella virtù della famiglia, fosse un popolo numeroso, questo è certo. E non è molto importante la rissa sui numeri. C’erano, erano una marea. Punto. Che sia rilevante l’avvenimento, che i manifestanti di Roma riescano a mettere la sordina non si dica a un disegno di legge ma a una cultura radicalmente antifamilista, è da vedersi. La dottrina che impone di considerare frutto di autodeterminazione lo status sessuale naturale di uomo e donna dilaga in tutto il mondo, ha per sé il marketing delle emozioni, dei desideri, dei diritti, agita le bandiere dell’uguaglianza e della lotta alle discriminazioni, del rispetto della differenza, e questo malgrado la filosofia del gender o dell’indifferenza sessuale sia il contrario esatto, l’opposto simmetrico, di questi princìpi. C’è già stato in Francia e altrove un fenomeno genuino di rivolta e di testimonianza controcorrente, ma è difficile dire se di lì si genererà qualcosa di durevole e influente.

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L’altra cosa che colpisce è l’alleanza, ormai pacifica, tra questo ostracismo sociale diffuso verso chi eccepisca dubbi non negoziabili sul carattere della più grande svolta antropologica della storia umana, la parificazione giuridica e culturale dei sessi ottenuta cancellandone la differenza naturale, e la chiesa gerarchica cattolica, colpita da diffidenza, grave imbarazzo e come obbligata a una presa di distanza che segnali l’arretratezza devozionale e di pensiero di queste formazioni sociali orientate alla protesta. Un vescovo a Milano chiede scusa allo stato e ai media se un uomo di curia si è permesso di domandare che cosa si studi nelle scuole in materia di amore, sesso, riproduzione e identità sessuale, sarà sicuramente una insana curiosità di tipo maccartista, una black list e che Dio ce ne guardi. Un altro vescovo, messo a guardia dell’ovile episcopale italiano, sfida la credulità ingenua e inautentica dei militanti pro life e li sbeffeggia per la loro contrizione di fronte alle pratiche abortive. Poi la gerarchia fa un po’ di attenzione, dirama qualche intervista benevola a cose fatte, e sanziona che in fondo il mondo non è un paradiso e la folla di San Giovanni non era composta da diavoli, bontà loro, ma questo dopo il fatto, post factum, e a sanatoria dello strano divorzio dottrinale e di coscienza tra chiesa e fedeli, tra gerarchia e un pezzo almeno del popolo di Dio.

L’intolleranza confessionale delle reazioni e l’atteggiamento secolarizzatore e supino della gerarchia sono i due elementi chiave che testimoniano il fatto nuovo e inquietante.  Altro che laicità, altro che libertà, altro che diritto eguale: dilaga una nuova religiosità politicamente e civilmente corretta, va avanti un mondo nuovo nel quale chiesa e establishment secolarista hanno deciso di riconoscersi fino in fondo, conducendo pecorelle e citoyens in un unico ovile dove si biascica la fuffa del pensiero unico, dal sesso al riscaldamento globale. Ed è un guaio serio.

Categoria Cultura

COMMENTI

-Stefano Tuveri • un'ora fa

ottima analisi! e triste verità!

-Gianmarco Olive' • un'ora fa

Caro Ferrara, lei ha ragione. Butta male. Son babbo, ho una figlia, una moglie madre di mia figlia. Punto. Dovrebbe bastare a qualsiasi intelligenza comune. Invece no. Butta male.

 Francesco Cassini • 3 ore fa

Ottima osservazione: il cosiddetto "popolo" inizia a non poterne più di chi li governa ed anche se noi cattolici non ci ribelleremmo mai al Papa, però... ci si inizia ad "organizzare da soli".

E questo potrebbe essere qualcosa di veramente "micidiale"...

 

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