BANDIERA BIANCA Ma cosa significa, esattamente, "fuori la guerra dalla storia"?

Se lo slogan coniato dalla partigiana Lidia Menapace avesse davvero voluto esortare all'eliminazione di ogni conflitto dall'orizzonte futuro oggi non festeggeremmo neanche la Liberazione

ANTONIO GURRADO 24 APR 2024, ilfoglio.it lettura1’

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Se lo slogan coniato dalla partigiana Lidia Menapace avesse davvero voluto esortare all'eliminazione di ogni conflitto dall'orizzonte futuro oggi non festeggeremmo neanche la Liberazione

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Ma lo slogan “Fuori la guerra dalla storia”, che fu coniato dalla partigiana Lidia Menapace e oggi è fatto proprio da Rifondazione Comunista, di preciso, alla lettera, cosa significa? Presumo di dover escludere che si tratti di rimuovere dalla narrazione del passato tutti gli eventi bellici, un po’ come quegli insegnanti trafelati che tagliano Vincenzo Monti dal programma di italiano. Anche perché, tolta la guerra dalla storia, temo resterebbe materiale sufficiente grossomodo per il distico immortale che Raymond Queneau incastonò nella “Piccola cosmogonia portatile”, ove scriveva: “la scimmia, senza sforzo, la scimmia si fe’ homo, / che fece un po’ più tardi la scissione dell’atòmo”. Forse lo slogan significa che bisogna eliminare ogni conflitto dal farsi progressivo dell’umanità? Così però giubileremmo anche la lotta di classe, e non so se a Rifondazione Comunista convenga. Può darsi dunque che lo slogan intenda esortare all’eliminazione immediata della guerra dall’orizzonte del futuro. Meno male allora che “fuori la guerra dalla storia” non l’abbia detto nessuno settant’anni fa. Altrimenti non la festeggeremmo mica, la Liberazione

BANDIERA BIANCA La scienza dà ragione ai poeti: la vita è dolore

Da Leopardi a Euripide, da sempre scrittori e artisti raccontano le sofferenze degli uomini. Un paper pubblicato su Lancet ora dimostra la veridicità scientifica delle loro tesi: se vivi, soffri, se non vivi, muori

ANTONIO GURRADO 02 MAG 2024, ilfoglio.it lettura1’    

Da Leopardi a Euripide, da sempre scrittori e artisti raccontano le sofferenze degli uomini. Un paper pubblicato su Lancet ora dimostra la veridicità scientifica delle loro tesi: se vivi, soffri, se non vivi, muori

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Nasce l’uomo a fatica, diceva Leopardi, poi prova pena e tormento. Oppure: nove mesi alla puzza, secondo il dettato del Belli, poi viene la morte e finisce con l’inferno. La vita, secondo Ungaretti, è corolla di tenebre; Montale incontrava spesso il male di vivere. Chi nasce fa bene a piangere, diceva Euripide, visti i mali che lo attendono. Ho preso in odio la vita, scriveva l’Ecclesiaste, poiché tutti i giorni non sono che dolori. Adesso su Lancet è apparso il paper di un gruppo di ricerca internazionale, capitanato da un’università di Seattle, dove si dimostra che le donne vivono più a lungo degli uomini però soffrono di più.

Cito: “La vita delle donne è più lunga, ma un maggior numero di anni viene trascorso in cattiva salute. Allo stesso modo, sui maschi grava un maggiore fardello di malattie dalle conseguenze fatali”. Se dovessi farne un abstract sinteticissimo, scriverei: la vita è dolore; se vivi, soffri, se non vivi, muori. E aggiungerei che è bello vivere al tempo in cui arrivano gli scienziati a spiegarci di avere scoperto ciò che i poeti hanno dimostrato inconfutabilmente qualche secolo fa.

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