Barkun e la fede nel complottismo. Letture utili per i ministri di Meloni

la cospirazione diventa una questione di fede piuttosto che qualcosa che può essere provato o confutato

05 AGO 2023 lettere Direttore ilfoglio.it letttura2’

Complottisti e complottatori. Il caso Davigo e la mentalità cospirazionista nella magistratura

Al direttore - Caro Cerasa, dalle esternazioni del M5s e di FdI (in particolare, ma non solo) si può evincere che, se non tutti i populisti sono complottisti, tutti i complottisti sono populisti. Il retroscenismo, o cospirazionismo, fa parte della cultura profonda e viscerale degli italiani. Lo aveva capito Francesco de Sanctis già nel 1869: “In Italia ogni atto della vita pubblica ha due lati, uno apparente e un altro nascosto: vi è la scena e la controscena, perché le tradizioni della tirannide secolare ci hanno abituati alla cospirazione. Onde non sappiamo pensare a qualche cosa che dovrebbe per se stessa prodursi alla luce del giorno senza apparecchiarla colla cospirazione” (“Sopra Niccolò Machiavelli”). Se poi dalla storia passiamo alla cronaca, quest’ultima ci dice che, secondo un sondaggio di Swg (aprile 2023), il 15 per cento dei nostri compatrioti contesta Galileo: crede che la Terra sia piatta. Il 17 per cento sostiene che “l’Olocausto non è mai avvenuto”. Il 18 per cento è certo che “i Rettiliani sono tra noi, hanno le sembianze di alcuni esponenti politici e governano il mondo”. Non basta. Il 25 per cento è convinto che “i vaccini sono un metodo di controllo di massa attraverso il 5G”. Il 29 per cento che “lo sbarco sulla Luna non è mai avvenuto e le foto sono state realizzate in un set cinematografico”. Il 32 per cento che “l’attentato delle Torri Gemelle è stato organizzato dagli Stati Uniti”. Per il 36 per cento, inoltre, “il Covid-19 è stato creato dalla Cina come arma per distruggere l’occidente”. Siamo un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori e di complottisti.

Michele Magno

“Le teorie del complotto sono restie alle critiche e al principio di falsificabilità e trovano forza nella logica circolare: sia le prove che confutano il complotto che l’assenza di prove a favore della sua esistenza sono reinterpretate dai complottisti come indiscutibili dimostrazioni della sua verità, per cui la cospirazione diventa una questione di fede piuttosto che qualcosa che può essere provato o confutato”. Così Michael Barkun, accademico americano, autore del saggio “A Culture Of Conspiracy”, la cui lettura consigliamo vivamente ai ministri del governo Meloni.

Al direttore - Vorrei fare concorrenza a Maurizio Milani-Daniil Charms riguardo al suo vibratile surrealismo. Dunque. Anch’io ho preso un autobus per il Regno di Tonga, precisamente per Tongatapu, centoquattordici ore e quindici minuti di viaggio. Al mio fianco c’era Alain Gianni, padre del poeta stilnovista Lapo. Per ingannare l’attesa, scrissi un sonetto: Alain, i’ vorrei che tu e Lapo ed io. Abbiamo fatto scalo ad Anchorage. Là – o sulla baia di Cook, non ricordo – son saliti i lanzichenecchi eschimesi. Abbiamo giocato a ramino e a sudoku. Gente apposto. Avevano orologi di ghiaccio, puntati sempre alla stessa ora: las cinco de la tarde. Sono scesi a Lib, Isole Marshall, e hanno proseguito facendo l’autostop. Chissà perché. Alain Gianni, sorbendo un caffettino al curry, s’è poi messo a leggere la tenzone tra Folcacchiero de’ Folcacchieri e Winduchindo di Corvey. Affamatissimi, abbiamo preso un panino con la mostarda all’autogrill di Apia, nelle Samoa americane. Che dire? Un’ottima traversata. Giusto qualche brivido. Ad esempio quando Alain Gianni ha cominciato a comporre in provenzale una ballata per Melisenda di Gerusalemme. Ero un po’ gelosetta, in verità. Saluti.

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