La mano (destra) invisibile Chi pensa che Adam Smith fosse di sinistra si sbaglia di grosso
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Il grande filosofo morale ed economista scozzese, nato trecento anni fa, criticava commercianti, imprenditori e ricchi
17.6.2023 Rainer Zitelmann linkiesta.it lettura4’
ma era mosso da una certa diffidenza nei confronti del governo interventista e credeva che il miglioramento della vita fosse frutto dello sviluppo economico. E non della redistribuzione
Adam Smith è visto nella maggior parte dei casi come il padre del capitalismo moderno. Le sue opere sono citate da Milton Friedman, Friedrich August von Hayek e tanti altri pensatori liberali e libertari. Friedman spiegò che se Adam Smith «non fosse nato nel secolo sbagliato, sarebbe stato indubbiamente un docente dell’università di Chicago». L’università di Chicago è oggi considerata il centro del pensiero liberista. Nonostante l’elogio di Friedman, ci sono diverse opinioni differenti sul filosofo morale scozzese. Emma Rothschild, inglese e storica dell’economia, affermò in un saggio molto citato, che Adam Smith è stato un precursore tanto di quel che viene definita “sinistra” quanto di quella parte politico-culturale che viene chiamata “destra”. In più, il filosofo americano Samuel Fleischacker scrisse nel saggio Adam Smith e la Sinistra che «tanti accademici sono dell’opinione che Smith aveva delle tendenze socialdemocratiche».
La critica libertaria di Adam Smith
La critica più feroce di Smith, espressa da un esponente del libertarismo, è stata quella avanzata dall’economista Murray N. Rothbard, che nella monumentale opera Economic Thought Before Adam Smith: An Austrian Perspective on the History of Economic Thought afferma che, contrariamente a come viene abitualmente raffigurato, Adam Smith non era affatto un sostenitore dell’economia di mercato. Inoltre, sempre Rothbard, a causa dell’erronea teoria del lavoro espressa da Smith, vede quest’ultimo come una sorta di apripista di Karl Marx e sostiene che i marxisti sarebbero giustificati a citarlo e ad acclamarlo come l’ispiratore di Marx. Smith sarebbe stato un sostenitore dell’imposizione di un tetto sul tasso di interessi da parte dello Stato, di alte tasse sul consumo di beni di lusso e di un forte intervento pubblico. Secondo Rothbard, infine, Smith non comprese la funzione economica dell’imprenditore e, da un punto di vista teorico, non è stato all’altezza di economisti come Richard Cantillon.
La sfiducia dello Stato
Nonostante alcune di queste critiche siano giustificabili, è sbagliato pensare a Adam Smith come a una persona di sinistra, perché era mosso da una certa diffidenza nei confronti del governo interventista e da una marcata fiducia per la “mano invisibile” che dirige il mercato nella direzione giusta. A parere di Smith, l’economia viene sempre danneggiata, non dagli imprenditori o dai commercianti, ma dallo Stato: «Le grandi nazioni non sono mai impoverite per la prodigalità e la cattiva amministrazione privata, sebbene talvolta questo avvenga per la prodigalità e la cattiva amministrazione dello Stato», scrisse nella sua celebre opera La ricchezza delle nazioni.
In più, aggiunse con un tono ottimista: «Lo sforzo regolare, costante e continuo di ogni individuo per migliorare la propria condizione, principio da cui deriva l’opulenza sia pubblica e nazionale che privata, è spesso abbastanza forte per mantenere il corso naturale delle cose verso il progresso, nonostante la prodigalità del governo e i più gravi errori dell’amministrazione. Analogamente all’ignoto principio della vita animale, esso spesso ristabilisce la salute e il vigore nell’organismo non solo nonostante la malattia, ma anche nonostante le assurde prescrizioni del medico». Questa metafora è estremamente eloquente: i soggetti economici privati rappresentano attività salutari e positive, mentre i politici ostacolano l’economia con le loro assurde normative. Ai nostri giorni, Adam Smith sarebbe molto scettico se potesse vedere il crescente intervento nell’economia da parte dei governi europei e statunitensi, per non parlare di quei politici persuasi di essere più furbi del mercato.
Sempre nella Ricchezza delle nazioni scrisse: «Cercando per quanto può di impiegare il suo capitale a sostegno dell’industria interna e di indirizzare questa industria in modo che il suo prodotto possa avere il massimo valore, ogni individuo contribuisce necessariamente quanto può a massimizzare il reddito annuale della società (…) Perseguendo il proprio interesse, egli spesso promuove quello della società in modo più efficace di quando intende realmente promuoverlo».
Risentimento per i ricchi, rispetto per i lavoratori
Un motivo per cui Smith può essere ritenuto di sinistra, deriva dal fatto che criticava commercianti, imprenditori e ricchi, mentre difendeva e richiedeva condizioni migliori per i lavoratori. Nella Ricchezza delle nazioni ci sono tanti passaggi che confermano questa sua visione: «I nostri commercianti e i nostri manifattori si lamentano molto dei cattivi effetti degli alti salari nell’aumentare il prezzo, e quindi nel ridurre le loro vendite tanto all’interno che all’estero. Essi non dicono nulla relativamente ai cattivi effetti degli elevati profitti. Essi tacciono sui dannosi effetti dei loro guadagni. Si lamentano soltanto dei guadagni degli altri». Oppure questo: «La gente dello stesso mestiere raramente si incontra, anche solo per divertimento e diporto, senza che la conversazione finisca in una cospirazione contro il pubblico o in qualche escogitazione per aumentare i prezzi».
Chi difende Smith, argomenta che in questi passaggi non esprime risentimento nei confronti dei ricchi o degli imprenditori, piuttosto dimostra il suo sostegno per la libera concorrenza e l’opposizione al monopolio. Nonostante questa argomentazione sia valida, è comunque importante far notare che Smith mostra una certa avversione nei confronti sia dei ricchi, che dei politici. Quindi, neanche Adam Smith, come altri intellettuali e persone istruite, era esente dal risentimento contro i ricchi.
Empatia come punto centrale della filosofia morale di Smith
Un altro punto che Smith non aveva compreso, era la funzione economica dell’imprenditore, aspetto che è stato spiegato successivamente da brillanti pensatori come Joseph Schumpeter. Invece che vedere l’imprenditore come una figura che porta innovazione, Smith erroneamente lo classificava principalmente come un manager e dirigente d’azienda.
La “simpatia” è centrale nella filosofia morale di Smith e, infatti, nella Teoria dei sentimenti morali sottolinea l’importanza di questo concetto. Oggigiorno, dovremmo utilizzare il termine “empatia”, per descrivere l’abilità di capire e apprezzare i sentimenti degli altri. Smith ha individuato l’importanza dell’empatia, senza mai connettere il concetto all’imprenditorialità. Steve Jobs e altri imprenditori, invece, hanno compreso i bisogni e i sentimenti dei clienti, prima e meglio di loro, confermando che è l’empatia, e non l’avidità, la base per avere successo come imprenditore e il cardine del capitalismo.
Le caratteristiche che posizionano Smith sulla sinistra dello spettro politico sono: la mancata comprensione del ruolo dell’imprenditore e il suo risentimento nei confronti dei ricchi. Inoltre, si è posto dalla parte dei lavoratori e aveva a cuore le loro condizioni. Ma, secondo Smith, il miglioramento della vita della gente comune non poteva essere raggiunto tramite la redistribuzione delle ricchezze o un eccessivo intervento dello Stato, bensì mediante i frutti dello sviluppo economico, che necessita di libertà economiche. Dunque, con la libertà economica si espande il mercato e di conseguenza aumenta il tenore di vita delle persone. Trecento anni dopo la sua nascita e circa duecentocinquant’anni dopo la pubblicazione della Ricchezza delle nazioni possiamo affermare che Adam Smith aveva ragione.