L'estremismo umanitario pretende leggi senza frontiere. Cioè le sue
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Marco Minniti cerca con tenacia di dare un ordine e possibilmente una certa efficacia all'iniziativa italiana per ridurre il flusso di migranti dalla Libia, superando il marasma contraddittorio della gestione precedente
di Sergio Soave 2.8.2017 da www.italiaoggi.it
Marco Minniti cerca con tenacia di dare un ordine e possibilmente una certa efficacia all'iniziativa italiana per ridurre il flusso di migranti dalla Libia, superando il marasma contraddittorio della gestione precedente. Il fatto che si siano fatte sentire le opposizioni di chi, dalla Francia alle organizzazioni non governative, contrasta questa innovazione è una dimostrazione del fatto che qualcosa sta cambiando. Il quadro esterno mostra che la battaglia contro i mercanti di schiavi si sta guadagnando sostegni anche insperati, vista la consonanza tra il discorso contro gli scafisti pronunciato da Sergio Mattarella e la condanna del nuovo schiavismo venuta dalla cattedra di Pietro.
Ora si tratta di verificare se il progetto di Minniti ha la forza politica sufficiente per essere realizzato. Il rifiuto delle norme proposte dal Viminale da parte della maggioranza delle organizzazioni che praticano il soccorso in mare è un importante banco di prova. Minniti ha detto che chi non accetta «è fuori», e bisogna capire come intende realizzare questa minaccia. L'estremismo umanitario pretende di dettare legge «senza frontiere» perché si considera titolare di un mandato universale, che però nessuno gli ha conferito, e per questo si considera superiore alle leggi e agli stati. Affermare che invece lo Stato, e solo lo Stato (od organizzazioni interstatali) ha il diritto e il dovere di emanare norme obbligatorie non è solo la restaurazione di un principio giuridico indiscutibile, è il passo preliminare per poter realizzare una politica invece di limitarsi a subire le conseguenze di atti e decisioni altrui.
Un ministro forte in un governo debole è una anomalia e rischia di essere sommerso dalle esigenze politiche di galleggiamento dell'esecutivo. L'insofferenza sotterranea dell'estrema sinistra e degli scissionisti del Pd nei confronti di Minniti diventerà esplicita quando si tratterà di scegliere tra il Viminale e Medici senza frontiere. È possibile che le esigenze di equilibrio della maggioranza finiscano col convergere nella pressione su Minniti perché accetti un «compromesso», cioè ceda alla demagogia «umanitaria». Solo un esplicito sostegno di tutte le forze che non intendono cedere al ricatto degli scafisti, a cominciare da centristi e destrorsi, può forse controbilanciare questa pressione rinunciataria.
Su questo terreno, la capacità dell'Italia di agire come Stato, si gioca una partita essenziale, non solo le piccole gelosie tra ministero degli Esteri e degli Interni o la manutenzione di un precario equilibrio di una maggioranza ormai agli sgoccioli, e la questione Minniti sarà la verifica di quale interesse davvero prevale (non solo a sinistra).