Pompini contro l’oppressione islamica, parla la star del porno con il velo

Inrocks ha intervistato l’attrice hard Nadia Ali è musulmana ma non porta il velo,

La star del porno Nadia Ali

di Mauro Zanon | 09 Agosto 2016 ore 15:01Foglio

Parigi. Per i produttori è il “film anti velo”, per la regista, Kelly Madison, il messaggio è uno: “Togliere il niqab”. “Women of the Middle East” è stato uno dei film porno di maggior successo nel 2015. Ma non è una pellicola pornografica qualsiasi, bensì la pellicola più vista e acquistata della categoria “hijab porn”, genere in forte crescita nel mondo dell’hard, dove donne dalle fattezze orientali partecipano a scene di sesso spinto e a scenari boccacceschi di ogni sorta indossando il velo islamico. L’attrice principale di “Women of the Middle East” si chiama Nadia Ali, ha 25 anni, lavora come stripteuse e attrice hard, è musulmana ma non porta il velo, è stata bandita dal Pakistan dopo aver girato questo film, ma continua a praticare la sua religione nonostante le intimidazioni dei suoi correligionari. Prega di giorno e danza di sera la giovane star dell’hijab porn, e al settimanale francese Inrocks, nell’ultimo numero dedicato al “Sesso nel 2016”, ha spiegato perché “Women of the Middle East” è anche un film militante e anti velo, perché il nascondimento del corpo imposto dalla religione musulmana è opprimente per il genere femminile e perché non ha paura delle continue minacce di morte degli estremisti. “Mi hanno detto che non ero una musulmana, che ero una vergogna per il Pakistan. Ma mi hanno anche detto: ‘Ti uccideremo e invieremo il corpo a tua madre’. Ma non ho paura. So benissimo ciò che faccio e che ciò mi appartiene! Chi sono loro per dirmi che persona devo essere e ciò che devo fare? Conosco benissimo la mia identità: sono io stessa ad essermela creata!”, dice Nadia Ali agli Inrocks.

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Al contrario dei lettori pensosi del Monde che hanno recentemente protestato perché “oltraggiati” dal nudo integrale di Rocco Siffredi nel magazine “M”, gli aficionados degli Inrocks sono abituati a queste incursioni nell’universo a luci rosse e a interviste vis-à-vis con personaggi considerati infrequentabili dai milieu benpensanti. Il porno velato è l’acme della trasgressione nel mondo musulmano, l’infrazione massima per i fedeli di Allah, che però, come ha mostrato una recente indagine di Google, figurano ai primi posti nella classifica delle ricerche hot (sei dei primi otto paesi sono islamici, con il Pakistan primo, l’Egitto secondo e a seguire l’Iran, il Marocco, l’Arabia Saudita e la Turchia).

L’obiettivo di “Women of the Middle East” è mostrare che il velo rappresenta una forma di oppressione della donna, che è un simbolo di inferiorità. Nel mondo musulmano, e non solo nel Pakistan, “Women of the Middle East” ha creato polemiche a non finire, ma ha anche permesso alla sua attrice principale di sbarcare il lunario. Nata nel New Jersey, Nadia è cresciuta all’interno di una famiglia pachistana molto severa e osservante nella pratica dell’islam. “Mi sentivo oppressa”, dice Nadia. A 21 anni, una sua amica la invita a ballare in un club di spogliarelliste, lei si presta con disinvoltura alla performance, si piace, si sente libera di esprimere i suoi desideri per la prima volta nella sua vita e decide di non ritornare mai più alle vecchia routine. “Mi accusano di mancare di rispetto alla religione e alla cultura del mio paese ma non è così. Il fatto è che io sono aperta riguardo alla mia sessualità. Una donna del medio oriente che non sa come comportarsi nell’intimità con il marito, può guardare i miei film. Ed è come se sapesse di non essere sola”, spiega la star dell’hijab porn. Nadia, oltre alla speranza di stimolare la liberazione sessuale delle donne islamiche in Pakistan, partecipa, e ha già partecipato come attrice in pellicole lesbo, in protesta contro il suo paese d’origine che considera l’omosessualità un reato. Dice Nadia: “Se a qualcuno dà fastidio quello che faccio non è obbligato a seguirmi. Vi dà fastidio che io balli allo strip club? Non venite allo strip club. Non vi piacciono i miei tweet? Non leggeteli. E’ così che funziona il mondo”.

Categoria Cultura

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