,Se anche la Consulta si scopre No Triv, meglio la disobbedienza civile: astensione!
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Marco Taradash spiega perché ignorerà l'appello del presidente della Corte costituzionale Paolo Grossi: "Non andrò a votare, perché questo mi impone la mia coscienza etica e la mia consapevolezza politica" chi vota “no” contribuisce alla vittoria del “sì”.
di Marco Taradash | 11 Aprile 2016 ore 18:47 Foglio
Ha ragione Sua Eccellenza Paolo Grossi, naturalmente. Lo dice anche la Costituzione, ricordate? Articolo 48, il dovere civico dell’esercizio del voto. E che diamine, avrà ragionato, proprio oggi che proclamo e annuncio che la Corte Costituzionale non è più “custode quasi museale, di valori imbalsamati o immobilizzati in formule solenni”, ma garante di qualcosa che non si capisce bene (“di metodi logici, intrinsecamente connotati anche sul piano etico, che consentano a quei valori, volta per volta, tra stabilità e mutamento, di essere riconosciuti nella loro attuale e concreta consistenza”) – anzi non si capisce per nulla, ma potrebbe voler dire che la legge è roba da chierichetti e qui ci vuole il Garante della Virtù, uno che non sonnecchia nei musei ma se allunghi la mano te la taglia – proprio oggi non mi ergo? Come dargli torto?
D’altronde che il mondo della giustizia sia passato dalla custodia delle cianfrusaglie museali alla contemporaneità indaffarata e anelante garanzia “anche” etica, non lo dimostra l’elezione recente del dottor Davigo a presidente dell’Associazione nazionale magistrati? Anche lui ha annunciato che col passato si è chiuso: “I magistrati non dovrebbero mai fare politica” (e pazienza se magari intendeva dire: non nei partiti). E quanto al suo ruolo non farà il “duro”, basta l’etica: “Non si tratta di essere intransigenti, ma di avere chiari i princìpi. ‘Sia il vostro dire sì sì, no no. il di più viene dal maligno’ così è scritto nel Vangelo”, ha spiegato a Repubblica l’altro ieri.
Sul referendum si deve votare, dunque, altrimenti non si è buoni cittadini. E la politica, i suoi conflitti, le buone e le cattive ragioni che danno “attuale e concreta consistenza” alla democrazia? Antiquariato.
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Inutile ricordare che il cosiddetto referendum No Triv nasce da un quadruplice scontro politico: associazioni ambientaliste contro fautori dello sviluppo, regioni contro il governo centrale di Renzi, minoranza Pd contro il segretario del Pd Renzi, fascio delle opposizioni contro il presidente del Consiglio Renzi. Inutile notare che nemmeno un’anima di cittadino ha sottoscritto la richiesta di referendum, scritta e bollinata in quello che fino a ieri era considerato l’ultimo girone dell’Inferno della Casta, le assemblee regionali. Inutile segnalare che l’istituto referendario “attuale e concreto” (abolite il quorum!) non prevede più la scelta fra un “sì” e un “no”, ma fra il raggiungimento del quorum e il suo mancato raggiungimento, facendo sì che chi vota “no” contribuisca alla vittoria del “sì”.
Era a conoscenza di questo intruglio politico-istituzionale il presidente Grossi?
Certamente no, altrimenti si sarebbe reso conto che il suo è stato un contributo importante alla spallata politica che i meno ingenui fra quanti andranno a votare “no” si aspettano dalla vittoria del “sì”. Si può capire, Sua Eccellenza la Corte Costituzionale si era appena lasciata alle spalle lo sgabuzzino del custode, e non aveva fatto in tempo a leggere il giornale.
A questo punto che fare? La partita sembrerebbe chiusa: o ci adeguiamo allo standard etico imposto dalla Corte o ammettiamo di non essere buoni cittadini. Ma per fortuna l’alternativa c’è e si chiama disobbedienza civile. Non andrò a votare, perché questo mi impone la mia coscienza etica e la mia consapevolezza politica, le due componenti che trasformano ciascuno di noi da timorato suddito in cittadino di fiera virtù civica.
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