L’olio di palma: tutto quel che c’è da sapere . Fa male alla salute e all’ambiente o no?
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Da una parte della barricata chi lo ritiene dannoso (per la salute e per l’ambiente), dall'altra parte le aziende. Chi ha ragione?
di Elena Meli e Redazione salute Corriere della Sera 2.9.2015
Da una parte della barricata chi lo ritiene dannoso (per la salute e per l’ambiente), dall'altra parte le aziende. che (anche ultimamente con comunicati pubblicitari sulle pagine dei quotidiani) lo descrivono come un ingrediente buono per il palato, sicuro per la salute e anche «sostenibile».
Chi ha ragione? È davvero il caso di eliminare dal carrello tutto ciò che contiene olio di palma o esiste un modo per consumarlo in modo «responsabile»?
1.Che cos’è
L’olio di palma è un grasso vegetale estratto dai semi di alcune specie di palme del genere Elaeis. Contiene circa il 50 per cento di grassi saturi, fra cui il più abbondante è l’acido palmitico; il resto sono acidi grassi monoinsaturi come l’acido oleico e polinsaturi come il linoleico. Come gli altri oli vegetali, contiene anche vitamine e antiossidanti che però vengono persi nel processo che dall’olio integrale, rossastro, porta al prodotto raffinato trasparente e insapore utilizzato nell’industria alimentare.1.Che cos'è
L'olio di palma è un grasso vegetale estratto dai semi di alcune specie di palme del genere Elaeis. Contiene circa il 50 per cento di grassi saturi, fra cui il più abbondante è l'acido palmitico; il resto sono acidi grassi monoinsaturi come l'acido oleico e polinsaturi come il linoleico. Come gli altri oli vegetali, contiene anche vitamine e antiossidanti che però vengono persi nel processo che dall'olio integrale, rossastro, porta al prodotto raffinato trasparente e insapore utilizzato nell'industria alimentare.
2.Dove si trova
L’olio di palma si trova in biscotti, prodotti da forno come crackers e fette biscottate, dolci industriali, creme spalmabili, gelati; il suo utilizzo in gran quantità deriva dall’abbandono dei grassi trans da parte dell’industria alimentare, reso necessario perché si tratta di grassi pericolosi per la salute.2.Dove si trova
L'olio di palma si trova in biscotti, prodotti da forno come crackers e fette biscottate, dolci industriali, creme spalmabili, gelati; il suo utilizzo in gran quantità deriva dall'abbandono dei grassi trans da parte dell'industria alimentare, reso necessario perché si tratta di grassi pericolosi per la salute.
3.Un sostituto per i pericolosi grassi trans
I grassi trans derivano dai processi industriali con cui vengono idrogenati gli oli vegetali per farli passare dallo stato liquido a quello solido e facilitare così la lavorazione, dando corpo ai prodotti e aumentandone la durata. Purtroppo aumentano il colesterolo “cattivo” LDL e riducono quello “buono” HDL, hanno effetti proinfiammatori e favoriscono la formazione di placche aterosclerotiche. Versatili ed economici, hanno furoreggiato dagli anni ’70 in poi come margarine vegetali e come ingredienti di prodotti da forno e dolciari, salvo essere messi poi quasi al bando quando la loro pericolosità per le arterie è diventata evidente.
4.Perché viene usato così spesso?
I grassi vegetali idrogenati, versatili ed economici, dovevano essere sostituiti con un prodotto altrettanto adatto a tutte le preparazioni e a basso costo: l’olio di palma in questo è l’ideale perché contiene tanti grassi saturi, che danno corpo e palatabilità ai prodotti senza alterarne il gusto. L’olio di palma infatti è del tutto insapore, in più costa molto meno del burro o di altri oli vegetali come quello d’oliva o di girasole.
5.I dati sugli effetti cardiovascolari
I grassi saturi sono colpevoli di aumentare il colesterolo e di conseguenza il rischio cardiovascolare. Da qui a mettere sotto accusa l’olio di palma il passo è stato breve, ma oggi i risultati delle ricerche scientifiche sembrano riabilitarlo, almeno parzialmente: alcuni ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Milano, rivalutando 51 sperimentazioni cliniche in cui sono state messe a confronto diete in cui i grassi principali derivavano dall’olio di palma o da altri oli vegetali, hanno scoperto che con quest’olio alcuni marcatori di rischio cardiovascolare aumentano, altri però si riducono.
6.Gli studi che preoccupano
Non sono mancate però ricerche più allarmanti, da quelle che ipotizzano un incremento massiccio del colesterolo LDL a quelle che suggeriscono un maggior rischio di diabete di tipo due: com’è possibile che i dati siano così discordanti? «In alimentazione è sempre complicato arrivare a verdetti certi perché non mangiamo grassi saturi da soli, ma cibi che li contengono assieme a innumerevoli altri nutrienti che possono modificarne l’effetto finale sul nostro organismo - risponde Fattore -. Anche lo stesso olio di palma non è un concentrato di grassi saturi: ne contiene il 50 per cento, il resto sono grassi mono e polinsaturi. D’altro canto è vero pure l’opposto: gli altri oli vegetali, ritenuti “buoni”, contengono comunque dal 10 al 20 per cento di grassi saturi».
7.Dipende tutto dalla quantità
Non serve allora scansare tutti i prodotti che contengono l’olio di palma? «Avrebbe senso solo se fosse il principale responsabile del nostro eccessivo consumo di grassi saturi, che invece dipende soprattutto dalle grandi quantità di formaggi e carni conservate che portiamo in tavola - osserva Andrea Ghiselli, ricercatore del CRA-NUT (Centro di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) di Roma -. Tutto sta nella dose di olio di palma che introduciamo: mangiare ogni tanto un biscotto che lo contiene non fa male, esagerare è dannoso. Ma lo sarebbe anche se ci ingozzassimo di frollini preparati con altri grassi saturi, come il burro, o se abusassimo dell’olio d’oliva».
8.Leggere (bene) le etichette
Siccome però le occasioni per “incontrare” l’olio di palma sono molte, è opportuno evitare di introdurne troppo: per questo è fondamentale leggere sempre le etichette. «Attenzione a non concentrare tutta l’attenzione solo su un ingrediente, però: bisogna anche tener conto ad esempio degli zuccheri e delle calorie del prodotto, imparando a valutare soprattutto quanta percentuale del fabbisogno giornaliero dei diversi nutrienti fornisce una porzione di ciò che stiamo acquistando», spiega Ghiselli.
9.La «trappola» cui stare attenti
«Inutile lasciare sullo scaffale un biscotto che fornisce l’1 per cento della dose quotidiana di grassi saturi solo perché contiene olio di palma, preferendone uno a base di olio d’oliva che magari apporta complessivamente ancora più grassi e zuccheri - osserva il nutrizionista Andrea Ghiselli -. Soprattutto perché spesso finiamo per mangiare di più di un prodotto che percepiamo come “più sano” solo perché non contiene l’ingrediente presunto “cattivo”. Di nuovo, quel che conta è sapere che mangiare un paio di biscotti può anche andare bene, ma ingurgitarne quattro o cinque fa male. A prescindere dal tipo di grassi con cui sono preparati».
10.Quando non se ne può fare a meno (e quando invece sì)
Alcuni prodotti non sarebbero gli stessi senza l’olio di palma: le creme spalmabili, per esempio, devono proprio ai grassi saturi di cui è ricco quest’olio alcune delle caratteristiche che ne aumentano la “palatabilità”. «Non è necessario privarsene, quindi, ma certamente usare moderazione con le porzioni. Soprattutto perché più ancora dei grassi saturi le creme spalmabili abbondano di zuccheri ed esagerare farebbe male per più di un motivo - commenta Ghiselli -. Detto ciò, non sempre gli oli sono indispensabili per arrivare a una consistenza o conservabilità ottimali: per preparare un panettone che lieviti bene e sia buono serve il burro, non certo un olio vegetale. In altri cibi invece è il sapore a cambiare a seconda dei grassi scelti, più ancora del profilo nutrizionale: dal punto di vista di nutrienti e grassi saturi un gelato preparato con panna e uno dove c’è olio di palma sono quasi uguali, ma il gusto del primo sarà ben diverso».
11.Fatto in casa (senza olio di palma) non è sempre sinonimo di sano
Chi è fautore del “fatto in casa” deve comunque essere attento: potrebbe infatti perfino introdurre più grassi saturi ottura-arterie di chi indulge più spesso nei prodotti industriali. «Una pasta frolla preparata secondo la ricetta standard contiene tanto burro e quindi un bel po’ di grassi saturi; un frollino industriale con olio di palma spesso e volentieri ne apporta di meno - fa notare il nutrizionista -. Tutto questo significa che occorre buon senso per una giusta mediazione fra golosità e salute, fra gusto e benessere: se un cibo è ricco di grassi saturi, è bene mangiarne poco. A prescindere da dove arrivano quei grassi».
12.Puntare sui grassi mono e polinsaturi
È perciò l’introito di grassi saturi in generale a dover essere tenuto sotto controllo: non dovrebbe superare il 10 per cento del totale dei lipidi introdotti con la dieta, il 7 per cento se si sono già avuti problemi cardiovascolari. Per tener bassa la quota di grassi saturi, oltre a ridurre il consumo di formaggi, carni conservate e dolci, è bene puntare ad aumentare l’apporto di quelli monoinsaturi (dovrebbero arrivare al 10-15 per cento delle calorie totali) e polinsaturi (6-10 per cento). Come? Con cibi naturali e sani come olio d’oliva, noci, semi, pesce.
13.La questione ambientale
Oltre che (potenzialmente) per la nostra salute, l’olio di palma rappresenta un rischio per il pianeta. Malesia e Indonesia, che forniscono il 90 per cento di questo olio sul mercato, hanno tagliato la gran parte delle loro foreste per favorire l’industria del legname e lasciare spazio alle piantagioni di palma. Ne è derivata una crisi ambientale che ha ridotto la biodiversità in modo drastico, portando a rischio di estinzione, in particolare nell’isola di Sumatra (Indonesia), 80 specie endemiche tra le quali tigri, elefanti e oranghi per la distruzione del loro habitat. Non solo. Secondo Greenpeace, la deforestazione e poi gli incendi conseguenti causano ogni anno il rilascio nell’atmosfera di circa 1,8 miliardi di tonnellate di CO2: soprattutto a causa della produzione di olio di palma, l’Indonesia è il terzo Paese al mondo per emissioni di gas serra, dopo Stati Uniti e Cina.
14.L’olio più usato al mondo
Oltre che nell’industria alimentare (80% del totale), l’olio di palma trova impiego come biocarburante e in vari detersivi, shampoo, cosmetici, in particolare nei saponi, perché permette di ottenere un prodotto molto solido, di rapida essiccazione e che si consuma lentamente. È l’olio vegetale più usato al mondo, dopo quello di soia: coltivarlo costa poco e ha un’altissima resa. Un singolo ettaro può produrre fino a sette tonnellate di olio, molto più di quanto si riesca a estrarre da altre colture di semi oleosi come mais, soia, colza.
15.Il gruppo dei produttori responsabili
Negli ultimi anni è stato forte l’impegno di diverse associazioni ambientaliste contro la deforestazione causata dalla produzione di olio di palma ed è nato il Palm Oil Innovation Group (POIG), organismo lanciato a novembre 2013 da alcuni produttori e diverse organizzazioni non governative, tra cui Greenpeace e WWF, per garantire l’impiego di olio di palma non derivante da deforestazione o frutto di violazione dei diritti delle popolazioni locali. Il POIG, che adotta un criterio basato sul principio della “Deforestazione zero”, ha rilasciato le prime certificazioni a tre compagnie - due in America Latina e una in Papua Nuova Guinea - dopo una verifica degli standard da parte di soggetti terzi indipendenti. Criteri di sostenibilità più stringenti sull’uso dell’olio di palma sono stati adottati volontariamente anche da alcuni produttori dell’industria alimentare.
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