Obama riscalda la zuppa ambientalista che ha avvelenato l’economia
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I sussidi per le energie rinnovabili hanno generato mostri. Dall’Alaska a Parigi, il presidente ci riprova
di Mattia Ferraresi | 01 Settembre 2015 ore 06:18
New York. Qualche anno fa il nome Solyndra era diventato il sinonimo del grandioso fallimento della politica dei sussidi dell’Amministrazione Obama alle aziende che producono e commercializzano energia da fonti rinnovabili. Il produttore di pannelli fotovoltaici Solyndra aveva incassato i generosi finanziamenti pubblici (535 milioni di dollari) e poi era fallito, facendo arrossire gli araldi dell’ideologia verde nella cerchia di Obama e scatenando le ire del contribuente americano. Decine di aziende legate all’energia sostenibile avevano fatto la stessa fine, dimostrando che l’operazione guidata dal governo non era economicamente sostenibile. Dopo un’inchiesta di quattro anni, l’Fbi e il dipartimento dell’Energia hanno accertato che quella di Solyndra era una frode accuratamente pianificata e alimentata con “una serie di testimonianze false e asserzioni fuorvianti”, specialmente per quanto riguarda le previsioni di profitto, di fronte alle quali i controllori del dipartimento dell’Energia e quelli del Tesoro – si legge nelle carte del processo – sono stati invitati a chiudere tutti e due gli occhi da una “tremenda pressione” da parte della Casa Bianca. L’Amministrazione, insomma, premeva perché aziende come Solyndra si qualificassero in fretta per l’accesso ai finanziamenti statali, cosa che avrebbe dato lustro ai progetti ecosostenibili di Obama. In più, si è scoperto che per la maggior parte le aziende del settore erano sostenute da capitali che fanno capo a grandi gruppi finanziari e industriali, sopra tutti Wal-Mart, Google e Goldman Sachs: non si trattava esattamente di una rivoluzione ambientale dal basso.
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Dopo la bancarotta di Solyndra l’intera vicenda dei sussidi per le rinnovabili è stata chiusa in un cassetto dell’Amministrazione, ed è una fortunata coincidenza che gli esiti di quell’inchiesta vengano fuori ora che Obama è impegnato a promuovere la sua agenda climatica.
La sua visita in Alaska in questi giorni serve a dare sostanza e forza d’immagine all’allarme sullo scioglimento dei ghiacci e altri tormenti da climate change, al quale il presidente oppone un ambizioso progetto di taglio delle emissioni di anidride carbonica del 32 per cento entro il 2030. La triangolazione con i progetti dell’Onu in vista della conferenza sul clima di Parigi e la convergenza con le posizioni di Papa Francesco, che fra tre settimane sarà in visita negli Stati Uniti, ringalluzziscono ulteriormente l’anima verde di Obama. Quando si recherà nella cittadina di Kotzebue, diventerà il primo commander in chief in carica a spingersi nel circolo polare artico, ma proprio da quelle parti, dove le calotte che si sciolgono sono una campagna pubblicitaria naturale, la sua retorica ambientalista si scontra con gli interessi dell’industria petrolifera, che in Alaska genera entrate non solo per minacciose multinazionali ma anche per i cittadini, che partecipano dei profitti.
Di recente l’Amministrazione ha concesso a Shell il permesso di fare nuove trivellazioni sulle coste dell’Alaska, il primo nihil obstat del genere negli ultimi vent’anni. La decisione ha fatto storcere il naso a chi lo aveva preventivamente additato come profeta della battaglia ambientale. Obama ha deciso di investire un’enorme quantità di energia, politica e personale, nella diffusione della sua agenda ambientale. La settimana scorsa al summit sull’energia pulita di Las Vegas ha accusato i repubblicani di volere “enormi tagli su programmi di successo per sfruttare le rinnovabili” e nella stessa occasione ha elogiato l’iniziativa dello stato, che con finanziamenti a pioggia ha irrorato un settore che “crea posti di lavoro dieci volte più velocemente del resto dell’economia”.
I 500 milioni di dollari di Solyndra di posti di lavoro non ne hanno generati affatto, nonostante le convinzioni di Obama, e così è stato per decine di aziende simili, scatole vuote create per ricevere sussidi presentate come start-up che cambiano il mondo. Diversi rappresentanti del Congresso, fra cui quattro democratici, lo scorso anno hanno denunciato le strategie di marketing di queste compagnie, che “esagerano i risparmi” per i cittadini “e nascondono i rischi economici”. La stessa strategia di marketing politico adottata da Obama.
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