Peste degli ulivi, il Tar ha deciso. Gli alberi non saranno . Abbattuti Critica l’Ue: Italia troppo lenta.
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E ora l’allarme scatta anche per la vite
28/03/2015 MARCO ZATTERIN CORRISPONDENTE DA BRUXELLES La Stampa
Marco Zatterin
corrispondente da Bruxelles
A rompere l’incertezza ci ha pensato il Tar di Lecce. In attesa che Italia e Europa trovino un’intesa su una strategia globale per combattere la peste degli ulivi nel Salento - e ieri a Bruxelles la fumata è stata nera -, il tribunale amministrativo ha accolto la richiesta di sospensione cautelare del piano di eradicazione degli alberi colpiti da "Xylella fastidiosa" nel territorio di Oria che sarebbe dovuto cominciare lunedì. E’ un segnale rilevante, visto che riguarda la zona del brindisino giudicata più a rischio dalla Regione Puglia, a nord dell’area dove il batterio è più presente. Si pensava di azzerarla per evitare il passaggio a Nord. Ma siccome non c’è accordo su cause e portata del morbo, il tribunale fermato tutto.
Mentre impazzano le diatribe scientifiche e le polemiche locali, le autorità italiane devono coordinarsi con i partner europei, perché è un dossier da mercato unico. Nella riunione del comitato tecnico degli stati Ue - alla quale hanno partecipato i nostri sherpa e il commissario per l’emergenza, Giuseppe Silletti - Roma ha presentato la sua strategia che prevede fra l’altro l’eliminazione delle piante infette, la creazione d’una zona cuscinetto che impedisca la corsa del batterio, nuovi investimenti (anche europei) per la ricerca. Bruxelles la promuove e chiede di più. Vuole «strette misure precauzionali», è favorevole alla «buffer zone» e suggerisce di sacrificare il 10% di piante malate per salvare le altre. Sarebbero già oltre 800 mila alberi da abbattere.
Gli italiani frenano: «Le misure prese sono sufficienti». Nei corridoi delle istituzioni si raccolgono critiche per la nostra lentezza. «Vi avevamo già invitati a procedere nel febbraio 2014», confessano gli addetti ai lavori. Le stesse fonti ricordano poi che un ulivo "soffocato" dalla Xylella può sopravvivere dai tre ai cinque anni. «Morirebbe comunque», si ammette. Segue l’avvertimento secondo cui «la più rapida diffusione del batterio si verificherà in estate», stagione favorevole perché l’insetto vettore - una cicala da pochi millimetri - porti l'infezione oltre i confini dell'Italia. Secondo Antonia Battaglia di Peacelink «non c’è base scientifica per queste affermazioni: i test di patogenicità della Xylella sono in corso». Il colpevole potrebbe essere un fungo.
I partner europei sono preoccupati. L’Efsa, l’Autorità per la sicurezza alimentare, ha stilato una lista di 300 specie suscettibili di essere infette da differenti tipi di Xylella. Per quelle che lo fossero davvero, l’Ue dovrebbe decidere un bando all’import da paesi terzi e alla circolazione nel mercato unico, se non previa autorizzazione: la contaminazione in Puglia, a quanto pare, è avvenuta con una pianta ornamentale proveniente dal Costarica. Ora le specie fuori legge sono meno di dieci, un numero molto contestato.
Un documento di lavoro della Commissione risulta aver suggerito di bloccare un centinaio di specie. Il Regno Unito si è invece espresso per il bando di tutti e trecento i titoli. Francia, Grecia, Croazia, Slovenia, Portogallo e Spagna sono pure sulla linea dura, da 200 in su. Il contagio fa paura, soprattutto ai produttori di vino. Anche perché, i test dell’Italia - che cerca di confortare i partner dicendo che la Xylella non attacca la vite - sono stati parziali, in prevalenza su uve Cabernet Sauvignon. Delle altre non si sa ancora. Il Comitato Ue si riunirà in aprile. Una delibera entro il mese, a questo punto, pare difficile.