Bivacchi e igloo d'alta quota
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Bivacchi di montagna sospesi e creativi, esempio di architettura alpina
MANUEL ORAZI 16 OTT 2021 ilfoglio.it
Nonostante o forse a causa del riscaldamento globale, si è intensificata l’attenzione verso l’architettura alpina in termini di pubblicazioni, mostre e anche un certo fervore edilizio.
Non solo piccoli edifici o la riscoperta di alcuni capolavori laterali dei maestri del Novecento e oltre, vedi il Rifugio Pirovano a Cervinia di Franco Albini, la Casa Capriata oggi Rifugio Carlo Mollino a Gressoney-Saint-Jean, lo Sporthotel della Val Martello di Gio Ponti fino al Museo Messner a Plan de Corones, una delle ultime opere di Zaha Hadid. Sono però molto interessanti anche i progetti di dimensione più piccola, posti più in alto e però accoglienti, vale a dire i bivacchi, piccoli edifici spartani in grado di dare ristoro e riposo a chi sale a piedi oltre i duemila metri. Straordinario è quello a igloo metallico di Mario Cereghini ai Ragni di Lecco del 1968, in linea con l’estetica lunare del tempo, più di recente è assai pubblicato e premiato il Bivacco Fanton di Auronzo di Cadore dello studio trevigiano Demogo.
Bivacco Fanton, studio Demogo
In questa tradizione finalmente riscoperta si inserisce anche il nuovissimo bivacco Salvasera in Val Pellice, l’aspra vallata dove si rifugiarono i Valdesi: sul colle del Palavas, che si eleva fino a 2.594 metri di altezza sulle Alpi Cozie lungo la linea di confine tra Italia e Francia, lo studio torinese di Michele Carrara e Kun-min Kim – coppia italo-coreana sbarcata nel capoluogo dopo circa vent’anni a Londra – ha realizzato questo padiglione 4 x 4 x 4 m, con struttura in abete lamellare. Il rivestimento esterno è in acciaio corten che ha colori più spenti e mutevoli, molto apprezzati dalla commissione al paesaggio. Montato a valle dai fratelli Boerio di Sampeyre, il padiglione è stato montato, smontato e trasportato da un elicottero e infine rimontato sul posto. Una grande finestra angolare guarda verso il Monviso e rinforza l’idea di un luogo che sia qualcosa di più di un semplice dormitorio ad alta quota. Il bivacco infatti è dedicato non a un alpinista come tutti gli altri, ma a Sara Salvatico, originaria di questi luoghi ma attiva da anni nel quartiere di San Salvario a Torino nell’assistenza sociale di tossicodipendenti e nell’educazione. Gli amici tramite un crowdfunding lo hanno appena inaugurato e c’è già la fila per utilizzarlo: non c’era modo migliore per ricordare una persona scomparsa prematuramente che ha dedicato tutta la sua vita all’ospitalità non solo a parole.