Impollinatori naturali . Il piano europeo per evitare la scomparsa delle api
- Dettagli
- Categoria: Ambiente
Nel Vecchio Continente una specie di imenotteri apidi su dieci è a rischio estinzione. Questi insetti sono responsabili dell’impollinazione di più dell’80 per cento delle piante e delle colture selvatiche in tutta Europa. Il danno per l’agricoltura sarebbe di 22 miliardi di euro, per la sopravvivenza dell’uomo molto di più
Pixabay
Lucio Palmisano15.2.2021 linkiesta.it lettura4’
«Quando le api scompariranno all’uomo resteranno solo quattro anni di vita». La citazione, che sia di Albert Einstein, come vuole la vulgata popolare, oppure no, sembra perfetta per il tempo presente. Da ormai 30 anni assistiamo a una scomparsa generale di api che si ripercuote non solo sulla qualità dei prodotti che direttamente producono, come il miele, la pappa reale, i propoli o la cera d’api, ma anche sull’impollinazione, danneggiando così tutto il settore agricolo.
Un problema di cui si è resa conto da tempo anche l’Europa: l’ultima decisione in materia è l’introduzione di un’etichetta dal 1° gennaio 2021 che indichi con precisione l’origine del miele commerciale e, in caso di miscela, la percentuale di prodotto proveniente dai vari Paesi indicata in maniera decrescente. «È una misura corretta, ma per salvare le api serve fare di più», sottolinea a Linkiesta Noa Simon Desco di Bee Life, ONG europea che si occupa di tutelare la salute delle api e promuovere una maggiore cooperazione a livello agricolo tra i vari Paesi.
Agire presto è doveroso, come dimostrano i numeri. In Europa una specie di api su dieci è a rischio estinzione e i tassi di mortalità, raccolti nel lontano 2013 dal progetto EPILOBEE, sono drammaticamente alti in Belgio (32,4%), Regno Unito (29,3%) e Francia (13,7%).
Secondo l’ultimo rapporto Fao il 37% delle api è a rischio declino e questo colpisce inevitabilmente anche tutta l’agricoltura: api selvatiche, api mellifere e bombi sono responsabili dell’impollinazione di più dell’80% di piante e colture selvatiche in tutta Europa, un contributo all’industria agricola quantificabile in circa 22 miliardi di euro. «Per questa ragione le istituzioni comunitarie devono fare di più». A dirlo è la Corte dei conti europea che a luglio 2020 ha accusato la Commissione «di non aver fatto abbastanza per salvaguardare gli impollinatori naturali, come bombi, falene, farfalle o sirfidi. L’abbondanza e la diversità degli impollinatori selvatici stanno diminuendo nell’Unione europea a causa della crescente minaccia rappresentata dall’attività umana e la colpa è soprattutto di fertilizzanti e pesticidi».
Secondo Simon Desco, «la Corte dei conti europea ha ragione ma sia l’Unione che gli Stati membri possono aiutare anche in un’altra maniera gli impollinatori naturali. Un passo importante sarebbe creare un’ambiente agricolo favorevole all’impollinazione, lavorando insieme sul Piano nazionale dell’apicoltura, che dipende dalla Pac, la Politica agricola comune».
Infatti, le istituzioni comunitarie tutelano le api soprattutto attraverso i programmi nazionali di apicoltura, che nel biennio 2020-22 hanno ricevuto 240 milioni di euro di cofinanziamenti europei, l’11% in più rispetto al precedente biennio. Non solo. La Commissione ha anche intrapreso passi importanti per capire le ragioni legate all’alta mortalità delle api e per diagnosticare le loro malattie. Un segnale che il settore è assolutamente cruciale per il Continente. I numeri lo certificano: il settore dell’apicoltura ha un valore di mercato di 14,2 miliardi di euro per l’Europa, ovviamente sottostimato se pensiamo alla sua importanza per tutto il contesto agricolo in generale, e gli impiegati sono 620 mila su 4,3 milioni di alveari.
Anche per questo l’Europa ha cercato di mettere al bando alcuni pesticidi, come i neocotinoidi. «Sarebbe bello che il bando europeo fosse esteso anche al resto del mondo, dove ancora vengono usati, ma bisogna fare attenzione a non tornare indietro», sostiene Simon Desco. Il riferimento è alle procedure di emergenza che Paesi come Francia e Gran Bretagna hanno introdotto per riutilizzare i neocotinoidi contro l’afide della barbabietola da zucchero. «Il rischio è di diventare come la Cina, dove l’impollinazione è ormai diventata artificiale, a causa dell’alta moria di insetti».
È su questi possibili scenari futuri che l’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma, cerca di intervenire. Nella sua risposta a Linkiesta l’Autorità europea evidenzia come «il nostro Continente abbia uno dei regolamenti più severi in materia di tutto il mondo: tutti i pesticidi vengono sottoposti a un doppio controllo da parte delle autorità competenti degli Stati membri e da parte nostra».
Le api subiscono però anche altri stress. «Vietare i pesticidi è molto importante ma bisogna tener conto che la mortalità delle api è legata anche a cambiamenti climatici, agenti patogeni, virus e possibili attacchi da parte di altre specie, come il calabrone asiatico proveniente dalla Cina». Per questo l’EFSA ha lanciato un progetto, chiamato MUST-B, che consiste nel costruire alveari sentinella in grado di rilevare tutti gli stress ambientali, chimici e biologici a cui sono sottoposte le api.
«Delle 2 mila specie presenti in Europa sappiamo troppo poco. Il progetto MUST-B ci permetterebbe di avere più informazioni su tutto il panorama europeo: le arnie raccoglierebbero dati che confluirebbero in una piattaforma per l’archiviazione e l’analisi e in un modello in grado di simulare l’esposizione a pesticidi, parassiti e virus e a cocktail di sostanze chimiche nel tempo, sia sul campo che in alveare», conclude l’EFSA.
Api in salute produrrebbero un miele qualitativamente e quantitativamente migliore. Un bene per l’Unione europea, ad oggi il secondo produttore mondiale di miele dopo la Cina con 280 mila tonnellate, una quantità che purtroppo non basta a coprire il fabbisogno dei suoi abitanti (il 24% a livello globale con un consumo pro capite intorno ai 600 grammi) e costringe perciò il Vecchio Continente ad importare da Ucraina, Asia e Sud America.
«Finora il problema è sempre stata la frode perché molti Paesi tendo a spacciare per miele prodotti che in realtà non sono miele ma composti di zuccheri tagliati con il miele. Il mancato filtro alle dogane ha portato per anni prodotti scadenti sulle nostre tavole», racconta a Linkiesta Lorenzo Bazzana di Coldiretti. Un evidente danno per i produttori di miele europei, costretti a sottostare alle rigide regole comunitarie. In Italia come nel resto del Continente come si possono aiutare gli apicoltori?
«Non c’è dubbio che la pandemia abbia svantaggiato molto gli apicoltori ma quello che gli aiuterebbe di più sarebbero dei piani nazionali di apicoltura che prevedano aiuti alle giovani imprese contro il cambiamento climatico che incide in misura pesante anche sull’apicoltura e a favore di un ringiovanimento dell’organico. Sarebbe un passo importante, sia per noi che per l’Europa». Un primo punto da cui ripartire per il nuovo governo Draghi.