La Basilicata, il petrolio è l'oppio dei popoli
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Negli ultimi vent'anni con l'arrivo delle attività estrattive la Regione non ha immaginato un sistema economico alternativo al petrolio, e con lo stop al Centro Oli di Viggiano dell'Eni è venuta a galla la poca lungimiranza dei suoi amministratori
Lo stabilimento di Viggiano
di Luca Rinaldi 9 Maggio 2016 - 12:17
Siamo nel cuore della Val d’Agri nelle ore in cui a Matera il presidente del Consiglio Matteo Renzi sta firmando il “Patto per la Basilicata” e promuovendo Matera come Capitale della Cultura per il 2019. Gli entusiasmi sono dunque concentrati al teatro Duni dove Renzi promette investimenti per 4 miliardi nella regione con la celebrazione del presidente della Regione Marcello Pittella e del sindaco di Matera Raffaello de Ruggieri.
Nella provincia di Potenza Matteo Renzi non ci passa e i potentini se la prendono. Così il Patto per la Basilicata diventa il Patto a sei zampe. Perché a poco più di un mese dagli arresti che hanno coinvolto dirigenti Eni, politica locale e organismi di controllo come l’Arpab, c’era chi si aspettava almeno una visita dal premier. Non tanto a Potenza quanto forse in quel della Val d’Agri, in particolare a Viaggiano dove sotto la pioggia gli operai dell’indotto Eni chiedono chiarezza sul loro futuro. Perché qui gran parte della vita gravita attorno al centro oli di Viaggiano (il Cova) dove lavorano 348 dipendenti diretti e 2533 occupati proprio tra aziende appaltatrici e subappaltatrici.
Con l’inchiesta della magistratura, che ha contestato un illecito smaltimento di rifiuti, due vasche del Cova sono state sequestrate e l’impianto si è di fatto fermato. Fuori dal Centro Oli sono giorni di calma apparente. Il parcheggio è costantemente tenuto sotto controllo dalla sicurezza Eni che invita «a fare le foto da lontano. Se proprio dovete». Davanti allo stabilimento gli operai sono ormai presenza fissa, in particolare quelli che lavorano all’interno del centro con appaltatori e subappaltatori. L’approdo di Eni è stato talmente sicuro in questi anni che tra i lavoratori delle ditte esterne di rado ci si è mai posti il problema di organizzare un fronte comune. Tanto che, spiega un operaio specializzato racconta che «Ci stiamo organizzando in questi giorni per la costituzione di un comitato, Patto per la Val d’Agri».
Ernesto Pisani, viggianese e da quindici anni impiegato al centro oli, che di questo comitato si appresta a essere presidente è chiaro «non sappiamo quale sarà il nostro domani, e siamo preoccupati dal punto di vista dell’ambiente, della salute, del lavoro e di una intera economia locale che ha gravitato sempre attorno a questa struttura e all’indotto Eni». Dunque la sensazione è diffusa, la valle è in crisi. Le presunte inadempienze contestate dalla procura di Potenza ai dirigenti Eni hanno provocato alla locale economia un danno di non poco conto. Sono avviate procedure per collocare 430 addetti al Centro Olio in Cassa Integrazione Ordinaria, senza contare che alcune tra le aziende appaltatrici e subappaltatrici non ricorrono agli ammortizzatori sociali.
Lo stesso Pisani riflette su un aspetto toccato poche ore dopo anche dal sindaco di Viggiano, Amedeo Cicala, che incontriamo nel suo ufficio. «In questi anni - spiega Cicala primo cittadino dal 2013, professione avvocato - ci si è legati troppo a questa attività e non si è riusciti a creare un sistema economico alternativo a quello del petrolio. Anche la Regione in questo deve dare una mano spingendo, anche grazie alle royalties che arrivano dal petrolio, nella direzioni di altri settori produttivi e artigianali».
Anche il programma di aumentare la produzione del centro oli da 104 mila barili autorizzati al giorno ai 120 mila ipotizzati da Eni non incontra i favori del sindaco. «Se è così importante per l’Italia il petrolio lucano è un Suo dovere trovare il tempo da dedicare alla nostra terra», aveva scritto il primo cittadino in una lettera indirizzata a Matteo Renzi dopo che lo stesso aveva bollato come “comitatini” chi protestava riguardo gli aumenti delle estrazioni. Per il sindaco di Viggiano non c’è margine per un aumento di produzione: «si vada avanti restando sugli attuali quantitativi e lo si faccia nei canoni della normativa. Da qui arriva il 70% di tutta la produzione petrolifera italiana. Quando si parla di petrolio si parla di Viggiano. Dunque le decisioni non possono essere prese sopra la testa dei viggianesi». Il centro oli oggi a fronte dei 104 mila barili autorizzati ne produce circa 75 mila.
E le pressioni? Arrivano soprattuto dalle aziende dell’indotto ed Eni, spiega una fonte, spinge sull’aumento della produzione mettendo sul tavolo la contropartita dell’aumento dei posti di lavoro. Per vent’anni in pochi, anche e soprattutto all’interno delle istituzioni locali, si sono posti il problema del «a che prezzo?». Con gli accordi del 1998 «la Regione e il comune di Viggiano si sono sdraiati ai desiderata delle compagnie petrolifere, che hanno fatto sostanzialmente ciò che hanno voluto», ci racconta Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali in Basilicata che da sempre si occupa della questione petrolifera.
La presenza del petrolio è dunque forte e costante. Non c’è tratto di strada da cui non si possa vedere un cartello che indica un oleodotto sotterraneo. D’altronde qui, da Viggiano a Montemurro, passando per le curve di Marsico Vetere e Corleto Perticara il petrolio è una presenza costante: sono ventisette i pozzi attivi in tutta la Val d’Agri e una rete di tubi lunga 136 chilometri conduce il greggio fino a Taranto dove viene stoccato.
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