Nella terra di Coppi la bicicletta rivive al museo

Ad Alessandria le due ruote che hanno fatto la storia. Dal “Campionissimo” alla mountain bike iper tecnologica

(La Coppi Fiorelli. L’ultima bici usata da Coppi nel ’59) 

15/04/2016 VALENTINA FREZZATO ALESSANDRIA La Stampa

Le prime pedalate, in Italia, sono state fatte proprio qui, tra le colline di Fausto Coppi e quelle del Monferrato. Terra, ancora oggi, di creatori di biciclette. Come Giovanni Meazzo che ieri, mezz’ora prima dell’inaugurazione della mostra «Alessandria Città delle biciclette», girava fiero tra quelle che chiama «le mie bici» e, con la voce rotta di chi ne ha passate tante ma per la sua passione si emoziona ancora, rievocava davanti a un tandem rosso fuoco: «Quello? Lo usavo con mia moglie». La particolarità è che l’ha progettato e realizzato lui, uno dei tantissimi costruttori di biciclette che dall’inizio del Novecento hanno aperto un’officina (o un negozio, o una fabbrica di due ruote) in provincia di Alessandria.

Maino, Amerio, Pizzorno, Gerbi, Girardengo, Quattrocchio e tanti altri. Non sono cognomi qualunque, ma tappe dell’evoluzione di manubrio, ruote, sella. Lo si scopre da ieri girando per i due piani e le numerose sale di Palazzo Monferrato, ad Alessandria. Dove, se si è fortunati, si può incontrare anche Giorgio Annone, colui che ha progettato la mostra (insieme a Pier Paolo Chilin, Rino Tacchella, Maria Luisa Caffarelli, Michele Carpani) in modo da renderla interattiva, dinamica. «Questa esposizione - spiega - nasce grazie alla raccolta di tantissimo materiale, e grazie agli alessandrini che si sono attivati e hanno partecipato con entusiasmo. Non è una mostra d’arte e basta: entrare qui significa vivere un’esperienza» fatta di due ruote da osservare da vicino, storie da leggere, fotografie da studiare. Bici da toccare: c’è l’ultima inforcata da Fausto Coppi, una Coppi Fiorelli da corsa del 1959, usata durante l’ultima gara ufficiale a cui partecipò il Campionissimo, il Trofeo Baracchi del 4 novembre di quell’anno (in coppia con Louison Bobet), appositamente realizzata per lui da Faliero Masi. C’è anche la Girardengo Crono corsa realizzata a Frugarolo (Alessandria) nel 1984 con il manubrio corna di bue in alluminio e il telaio sagomato «a culla», usata da Szekeres Csaba ai Campionati del Mondo a Valkenburg, in Olanda. 

C’è anche il velocipede Draisienne, simile a quello cavalcato da Carlo Michel nel 1867. Da cui nacque tuttol’imprenditore arrivò ad Alessandria dalla Francia (era andato all’Esposizione Universale) inforcando quel mezzo. E per gli alessandrini fu subito amore. Anche se, lo raccontava lui, per strada gli dicevano: «Da dove arriva quel marchingegno infernale? Carlo Michel “l’è propi luc”» (è proprio matto). Lui fondò la fabbrica di birra (la Alessandria) nella terra del vino, poi ebbe questo colpo di fulmine per due ruote azionate da due pedali. Influenzò tanto la storia della bici, che inizia proprio da qui. Anche se gli alessandrini lo «scoprono» solo ora. 

La mostra, inaugurata ieri, è visitabile fino al 26 giugno; aperta da martedì a venerdì dalle 16 alle 19, poi sabato e domenica anche al mattino. L’ingresso è libero. «Alessandria Città delle biciclette» è promossa da Camera di commercio e Comune, ripercorre tutta la storia del ciclismo dalle origini alla seconda metà del secolo scorso «restituendo al Monferrato, territorio tra Alessandria e Asti, il ruolo nevralgico nelle origini italiane del mito della bici».

Categoria Sport

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