La piramide lucente negli occhi di Mauri e Bonatti
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A 60 anni dall’impresa sul Gasherbrum IV, il Cai pubblica un libro di fotografie. Dopo i due alpinisti italiani nessuno ha più raggiunto quella cresta
ENRICO MARTINET, 18.11.2018 www.lastampa.it
Una foto inedita dei portatori Baltì nella piana di Skardu; a destra, la piramide del Gasherbrum IV e, sotto, i membri della spedizione (Mauri col maglione blu, Bonatti col maglione rosso senza cappello) Vedi sul sito La stamapa
Lo credevano un Ottomila su quella catena che pare una quinta da palcoscenico, quella dei Gasherbrum, montagna che ha in sé eleganza e difficoltà. Un incanto, la «Montagna lucente», il Gasherbrum IV. In quel 1958 poteva perfino rappresentare il riscatto per chi come Walter Bonatti aveva subito l’onta del silenzio durante la spedizione del K2. Arrivato a 8000 metri con l’Hunza Madhi, carico di bombole per gli uomini di punta scelti per la conquista da Ardito Desio, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, Bonatti non ebbe risposte, fu lasciato lì con Madhi. Rischiò la morte.
Storia tremenda che quattro anni dopo ancora non poteva raccontare. L'occasione per tornare in Pakistan fu il Gasherbrum IV, con un capo spedizione che al K2, nel 1954, non era neppure andato, rifiutato, scartato da Desio perché ritenuto a torto non in forma. Quell’uomo era Riccardo Cassin, uno dei più grandi alpinisti di tutti tempi. Lui del «no» di Desio se ne fece un baffo. Non sollevò polemiche e rispose con le scalate.
La spedizione straordinaria
Nell’estate del 1958 il Gasherbrum IV, piramide «lucente», montagna fra le più difficili del Pakistan, molto più del K2, poteva essere affrontato solo con una spedizione straordinaria. Cassin chiamò Bonatti e con lui Carlo Mauri, poi Toni Gobbi, Giuseppe Oberto e Giuseppe De Francesch. Ancora, un alpinista e un viaggiatore anche del pensiero, come Fosco Maraini, scrittore e fotografo, intellettuale a tutto tondo. Fu fra gli scalatori che affrontarono il versante Sud-Est, quindi l’affilata e complessa cresta di Nord-Est fino al sesto campo, oltre i 7000 metri. Maraini nel 1960 scrisse un libro sull’avventura con oltre 20 fotografie. Non soltanto alpinismo, ma letteratura, saggio, umanità.
Ora, a sessant’anni da un’impresa mai ripetuta su una montagna che resta fra le più affascinanti e difficili delle grandi montagne del Karakorum, il Club alpino italiano pubblica un volume con 90 fotografie inedite di quella spedizione (titolo La montagna lucente). Lo ha presentato a Milano davanti a 250 persone il presidente Vincenzo Torti. Il libro è curato da Alessandro Giorgetta. Dice: «È un doppio debito culturale e morale quello che il Cai assolve con la pubblicazione di questo libro, nei confronti della storia e di Fosco Maraini». Quest’anno è già uscito il diario di Bonatti su quell’impresa, diario che è proprietà del Museo della Montagna di Torino. L’opera intitolata La montagna scintillante (edizioni Solferino) ha avuto successo. Ora in libreria c’è anche l’omaggio a quella spedizione del Cai che definì un’epoca e aprì, anche sulle grandi montagne, la ricerca estetica e delle salite complesse, come sulle Alpi. Non è certo un caso se raggiunsero la cima a 7.925 metri due fuoriclasse come Walter Bonatti e Carlo Mauri. Nella parte più alta della cresta di Nord-Est ci sono i passaggi tecnici più difficili, di quinto grado secondo la scala di allora che si fermava al sesto.
Temperature tropicali e gelate
Il 6 agosto fu cima, ma dopo un andirivieni su quella cresta sferzata da venti che accumulavano cornici e rendevano le placche di rocce insidiose e a volte impossibili per lo strato di ghiaccio vetrato. Scesero senza aver raggiunto quei quasi ottomila metri, Bonatti e Mauri, proprio per una bufera spaventosa. Come ogni piramide isolata, il Gasherbrum IV è calamita per improvvise tempeste, nubi come onde oceaniche, nevicate, gelo polare. E in quell’estate del 1958 la spedizione raccontò di quel disagio per l’alternarsi delle temperature, da quasi tropicali a antartiche.
Scesero al campo base, poi, cocciuti e ambiziosi, tornarono sulla cresta e toccarono la vetta il 6 agosto. Da 60 anni quella cresta aspetta altri alpinisti. La primavera scorsa gli alpini tentarono, ma la morte nel ghiacciaio di Sud-Est di Maurizio Giordano interruppe l’impresa. L’obiettivo di Maraini ha scattato molte foto di quel ghiacciaio, la «Seraccata degli italiani». Ai suoi piedi c’era il campo base, raggiunto nel 1958 da 482 portatori Baltì, partiti dalla piana alluvionale dell’Indo, a Skardu.