Lettere al Direttore Il Foglio 24.7.2015
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Visco e il Nazareno di fatto. Ingroia e l’antimafia: fa molto caldo, occhio. Ci scrive Borghi
1-Al direttore - Dall’intervista al Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, a firma congiunta Sua
e di Marco Valerio Lo Prete – soprattutto dall’ultimo capoverso della stessa – si può dedurre una preferenza del nostro banchiere centrale a una sorta di rinnovato Nazareno sulla riduzione delle tasse. Questo, associato a quanto il Governatore afferma sullo stato dell’Unione europea e della sua urgente riforma “politica”, mi pare un buon programma per un leader politico che voglia porsi a guida di una riscossa dei moderati italiani. Chi potrà essere?
Alberto Bianchi
Il ragionamento del governatore mi pare fosse differente. Anzi, direi che è proprio il contrario. Visco sostiene che sui temi di politica economica le differenze tra destra e sinistra ormai non possono che essere minime perché, semplicemente, in una fase storica come questa ci sono delle scelte di buon senso che occorre prendere e che prescindono dal colore politico che può avere un governo. E per prendere queste scelte, dunque, non serve un Nazareno, serve semplicemente non chiamarsi Yanis Varoufakis o Maurizio Landini.
2-Al direttore - Curiosa affermazione quella del governatore Visco: “Una moneta non può rimanere senza Stato, punto”. Ma per quanto tempo l’argento prima e l’oro poi sono stati “moneta senza Stato”? Siccome Visco parlava dell’euro, è quel verbo “rimanere” che stupisce. Evidentemente una moneta può nascere senza essere la valuta di un solo governo: con l’euro è avvenuto proprio questo. Una valuta può persino attrarre nuovi Paesi interessati ad utilizzarla, senza ancora dipendere da un solo governo. A un certo punto deve intervenire qualche misterioso fattore a impedirle di “rimanere” com’era nata. E’ una faccenda tipo la maggiore età? Una moneta non può rimanere senza Stato: più che “punto” era meglio “punto di domanda”.
Alberto Mingardi
3-Al direttore - Ho letto con divertimento il pezzo di Carlo Lottieri che ha sottratto preziosi centimetri quadrati del tuo giornale ad argomenti di certo più importanti per occuparsi della mia trascurabile persona. L’economia è una scienza strana: c’è chi la studia (come gli economisti accademici) c’è chi oltre a studiarla l’ha praticata (come me in molti anni passati a lavorare nei mercati finanziari) e poi ci sono le sterminate legioni dei Lottieri: filosofi, giardinieri, autisti, astronauti, psichiatri ecc. ecc. ecc. che discettano di economia con lo stesso piglio con cui tutti criticano il modo di calciare una punizione senza aver mai toccato un pallone in un luogo diverso da una spiaggia. Non tutti sbagliano, anzi, molti la dicono più giusta di alcuni professoroni, ma tutti invariabilmente si avvicinano alle cose di economia con quel ditino puntato verso l’alto, con quell’arroganzina tipicamente piddina di chi sa di sapere. Sono gli stessi che di fronte all’idraulico che dice che ci vuole la chiave del 7 annuiscono pensosi senza sognarsi di contraddirlo e che prendono come oro colato le parole del dentista che gli mette in bocca la capsula di ceramica invece che di zirconio perché “più adatta”. Del resto lo sapranno ben loro, è il loro lavoro. Loro lo sanno ma evidentemente non l’esperto di economia a cui si può dire la qualunque.
Dire la qualunque però è fonte di diseconomie perché o perdi tempo a correggere (come sto facendo io ora) oppure in difetto di replica le legioni degli altri Lottieri potrebbero pensare che la sciocchezza sia vera perpetuandola.
Molto brevemente: 1) Una nostra moneta non stimolerebbe “artificialmente” nessuna esportazione avendo il suo valore “naturale” di mercato. E’ l’euro che essendo “artificialmente” alto per la nostra economia stimola “artificialmente” le importazioni e poi se il lavoro è all’estero e non qui non si lamentino i Lottieri se vendono pochi libri ma il disoccupato ha la priorità di vivere, solo deinde philosophari. 2) Come una moneta che svaluta impoverisca i risparmiatori è un mistero profondo. L’euro ha recentemente svalutato del 30 per cento sul dollaro e se i nostri risparmi sono scesi è stato per le tasse e non certo per la svalutazione. Comunque se i Lottieri non ci dormono su questa cosa possono liberamente investire i risparmi in dollari, una svalutazione li arricchirà. 3) Che l’austerità serva ad abbattere la domanda interna e a pareggiare la bilancia commerciale non è una “tesi complottista” ma una solare evidenza ammessa dagli stessi autori delle manovre di austerità, Mario Monti in primis. Se il pilota dell’autobus sterza a destra e dice pure che vuole andare proprio a destra è fantastico che i Lottieri dicano che chi nota che si sta andando a destra è “complottista”. 4) E’ vero: ho detto un paio anni fa che il Giappone pur con un debito oltre il 200 pe cento del pil faceva bene a stimolare l’economia e ci ho pure investito i miei due soldini dicendolo pubblicamente. La borsa di Tokyo è ai massimi (e quindi nonostante la svalutazione i miei risparmi stranamente sono saliti) e il pil del Giappone è cresciuto dell’1 per cento nel 2013, ha avuto un minimo calo nel 2014 a seguito di un grave errore (il rialzo dell’Iva) e il primo trimestre 2015 ha fatto registrare una crescita del 3,9 per cento. Nel mondo dei Lottieri (dove, appunto, si dice la qualunque) questo può tranquillamente essere una “terribile recessione”, nel mondo dell’economia no. Comunque possiamo sempre chiedere a un giapponese se preferisce darci Abe in cambio di Monti o Renzi. Magari la tradizione dei kamikaze potrebbe essere rinverdita.
Claudio Borghi Aquilini
4.Al direttore - Il programma pluriennale di riduzione della pressione fiscale sulle imprese e sulle famiglie annunciato da Renzi all’assemblea nazionale del suo partito, al di là della inusuale sede per comunicazioni di questo genere, è da salutare positivamente. Naturalmente, come tutti sanno, tra il dire ed il fare c’è sempre di mezzo il mare ma dovremmo tutti imparare che annunci positivi per il paese fatti dal presidente del Consiglio vanno non solo applauditi ma anche sostenuti con suggerimenti. Il primo tema sul quale vogliamo attirare l’attenzione del governo è quello della equità. In un paese che da venti anni cresce poco e da tempo vede aumentare da un lato il disagio economico di milioni di famiglie e di una marea di giovani e dall’altro lato disuglianze sociali con importanti ricchezze elitarie, qualche problema di equità lo ha ed ha bisogno di affrontarle politicamente. Per fare un esempio tipico del conto della serva se a un reddito di 20-25 mila euro annui 2-300 euro di risparmio sono un sollievo, per un reddito di 70-80 mila euro annui, invece, un risparmio di 7-800 euro all’anno non gli fa, come si dice, né caldo né freddo. Va da sé che l’abolizione della tassa sulla prima casa se fosse legata al reddito e quindi parziale, consentirebbe di avere a disposizione delle risorse per fare, ad esempio, qualcosa in più sui pensionati al minimo che sono davvero alla canna del gas. Potremmo sbagliare o essere di un tempo passato, ma sul terreno della fiscalità ogni misura “erga omnes” quasi sempre incorpora qualche elemento di iniquità e nella stagione che viviamo non possiamo più permettercelo perché le disuguaglianze sociali hanno raggiunto livelli davvero intollerabili. L’altro tema sul quale attirare l’attenzione del governo è la scelta pluriennale da operare. Renzi ha detto di voler fare nel 2016 l’abolizione della tassa sulla prima casa, nel 2017 la riduzione per le imprese del costo del lavoro e dell’ires, nel 2018 ridurre irpef e dare una mano ai pensionati sempre quando intanto non siano morti per fame. E’un criterio osannato ad esempio da Ricolfi ma come ogni criterio è discutibile. L’Italia si trova da anni di fronte ad una crisi di domanda ed in particolare della domanda interna motivo per il quale lasciare nelle tasche dei cittadini un po’ di soldi aiuta. L’abolizione delle imposte sulla prima casa dà in questa direzione una mano ma ancora insufficiente per riprendere una domanda interna all’altezza dei bisogni. Ecco perché forse sarebbe utile sostenere la domanda di consumi anche dei pensionati che nelle condizioni in cui si trovano spendono ogni euro che gli arrivano coniugando, così, equità ed effetto economico. E’ fuor d’opera che queste misure andrebbero rafforzate con investimenti pubblici e con forti agevolazioni per investimenti privati (ad esempio ammortamenti accelerati per investimenti fatti nei prossimi 18 mesi). Morale della favola: una programmazione pluriennale di abolizione delle tasse sulla prima casa basata sul reddito metterebbe insieme equità e crescita della domanda interna sempre quando vengano associate le misure ricordate. Questa nostra visione è confermata anche dal fatto che i famosi 80 euro non solo non hanno fatto riprendere la domanda interna scossa solo da Draghi e dalla decontribuzione per i nuovi assunti, ma sono stati il massimo della iniquità perché sono stati lasciati fuori dal beneficio gli italiani più poveri, e cioè i pensionati al minimo o quelli sotto i mille euro al mese. Questo ragionamento vale anche per il resto della manovra fiscale annunciata.
In parole povere se l’impegno finanziario è di ridurre la pressione fiscale di 45 miliardi in un triennio questi dovrebbero essere spalmati su tutti i tasti tributari ogni anno per una parte minore tanto da favorire contestualmente famiglie ed imprese perché bisogna affrontare la società italiana come se fosse una grande orchestra nella quale, ad oggi, ognuno suona uno spartito mentre l’armonia degli strumenti deve tornare ad essere un dato primario per ridurre quella cosa sconcertante che vediamo da qualche anno e cioè che aumentano contemporaneamente povertà di massa e ricchezze elitarie. Sappiamo di chiedere una cosa complessa ma sappiamo che questa è anche la strada più giusta e più efficace. Una riflessione come la nostra non può chiudersi senza una piccola malizia. Non vorremmo che la scelta di dare questo annuncio all’assemblea nazionale del partito fosse stato solo un espediente per non parlare della riforma del Senato che così com’è sembra un pasticcio istituzionale non degno di un grande paese democratico spostando l’attenzione di massa su di un tema decisamente più popolare. Se fosse così dovremmo fare considerazioni profondamente diverse che speriamo ci vengano risparmiate.
Paolo Cirino Pomicino
5-Al direttore - Austerità fa rima con prosperità, se si ha il coraggio delle scelte. A Londra il governo Cameron è pronto a ridurre la spesa pubblica di 20 miliardi di sterline all’anno, dopo i 98 circa tagliati dal 2010. Entro novembre, tutti i ministeri (esclusi Sanità e Difesa) dovranno presentare piani di risparmio tra il 25 e il 40 per cento. L’obiettivo è arrivare entro il 2020 al deficit zero, a “un paese che vive dei propri mezzi”, come ha scritto il cancelliere Osborne. Con i risparmi, il Regno Unito ha intrapreso una robusta azione di abbattimento delle tasse sulle imprese (la corporate tax passerà dal 20 al 19 e poi al 18 per cento) e sui contribuenti a reddito medio-basso. C’è una riduzione dei benefici del welfare, ma la scommessa – appunto – è che l’austerità fatta di meno spesa e meno tasse produca prosperità. Con la sterlina o con l’euro.
Gianfranco Librandi
6-Al direttore - Ingroia sull’orlo delle dimissioni, Crocetta sull’orlo del suicidio. E’ dai tempi di Pedro Almodóvar e Carmen Maura che l’orlo non era così affollato.
Valerio Gironi
Da qualche giorno vedo che il dottore Ingroia, i nostri ossequi, si è buttato a corpo morto contro i professionisti dell’antimafia e ha scelto di mettere a disposizione la sua grande arte oratoria per contrastare, eroico, tutti gli sciacalli che usano la giustizia per fare politica. Che cosa volete: fa molto caldo.
7-Al direttore - E’ possibile scegliersi il sesso. Bene. Quando scrivo cazzate è perché ho le mie cose.
Alberto Piccinini
8-Al direttore - La mia decisione di sottoscrivere il testo della proposta di legge sulla depenalizzazione della cannabis, deriva dall’analisi dei dati rilevati nei paesi dove la legalizzazione è già stata approvata da anni. In particolare, segnalo l’esperienza del Portogallo dove, dal 2001, è stata istituita una legge che depenalizza l’acquisto, il possesso e il consumo di tutte le droghe. Anche in quel caso, moltissimi furono coloro che gridarono alla catastrofe per la decisione del governo di Lisbona, profetizzando la crescita dei consumatori e delle malattie connesse alle sostanze e l’arrivo di migliaia di turisti. A distanza di dieci anni da quella legge, e ancora oggi, il Portogallo è invece il paese con le percentuali più basse di consumo di marijuana tra i giovanissimi: circa il 10 per cento. Il consumo di eroina è sceso dal 2,5 per cento all’1,8 per cento, così come il tasso di infezione di Hiv tra i tossicodipendenti. In Italia, invece, il proibizionismo ha prodotto questi risultati:
- 8 milioni di consumatori;
- In 6 mesi (dal 30 dicembre 2014 fino al primo giugno scorso), sono già stati sequestrati 588.900 kg di droghe leggere (cifra superiore all’ammontare di tutto il 2014). Ma si stima che questo quantitativo sia di almeno 10-20 volte inferiore a quello consumato, motivo per il quale la Dia ipotizza un mercato che vende fra 1,5 e 3 milioni di kg all’anno di cannabis, per un consumo di circa 25/50 grammi pro capite all’anno.
- Secondo i dati dello European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction, inoltre, la percentuale di consumatori tra i 15 e i 34 anni, in Italia, è raddoppiata dal 2001 al 2008, passando dal 9,2 per cento al 20,3 per cento e la relazione annuale 2013 del Dipartimento politiche antidroga ha segnalato un ulteriore aumento tra i giovani nella fascia di età tra i 15 e i 19 anni;
- Si stima che la mafia riesca a incassare dalla droga circa 60 miliardi di euro ogni anno. Mentre la criminalità ci guadagna, i contribuenti italiani pagano, visto che il 60 per cento dei processi e dei detenuti nel nostro paese sono legati al piccolo spaccio e ci sono oltre 800 mila persone coinvolte in procedimenti amministrativi per possesso di droga.
Con questa mia lettera di replica conto di aver fatto cosa utile, spostando la discussione sulla legalizzazione su dati certi, come del resto si prefiggeva l’articolo di Giovanni Maddalena, nel quale però non ho trovato riportato nessun dato. Anche per me, infatti, parlare di legalizzazione della marijuana riferendosi solo a luoghi comuni o peggio a sofismi è non solo inutile, ma fuorviante.
Adriana Galgano