Lettere al Direttore Il Foglio 10.7.2015
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Tsipras e quell’incoerenza clamorosa di rimanere nell’euro
1-Al direttore - Tsipras a Strasburgo ha vestito i panni di Antigone (la brigata Kalimera in visibilio). Infatti ha riaffermato, al cospetto del Creonte tedesco, la superiorità delle leggi della natura (phùsis)
leggi dello stato (nomos). Ne deduco che per il leader di Syriza seppellire il debito greco (o qualcosa di simile) è un diritto naturale, come lo era per l’eroina sofoclea seppellire il corpo del fratello Polinice. Solo che Antigone accettò con dignità il proprio destino lasciandosi imprigionare in una grotta (dove morì impiccata), e non chiese al re di Tebe un bel gruzzolo di dracme per pagare anche le spese di vitto e alloggio.
Michele Magno
2-Al direttore - Che poi magari succede che uno si ricorda di Svetonio, quando racconta che Augusto diceva che i creditori avrebbero pagato ma “ad kalendas graecas’’.
Gino Roca
Le calende greche qui non riguardano però solo la restituzione del debito ma riguardano anche l’idea che Tsipras possa essere il motore di una rivoluzione contro l’Europa dei terroristi della finanza. La questione mi pare evidente: se Tsipras accetta di rimanere nel perimetro dell’Eurozona sarà costretto ad accettare anche le dure condizioni che l’Europa metterà sul tavolo per concedere aiuti finanziari; se Tsipras vuole fare la rivoluzione non può che far saltare il tavolo e andare coerentemente per la sua strada, che si trova fuori dall’euro. Come hanno scritto onestamente da posizioni diverse sia Paul Krugman (liberal) sul New York Times sia Simon Nixon (conservatore) sul Wall Street Journal, se Tsipras seguirà la prima strada dimostrerà di essere un leader in cerca non di una rivoluzione ma solo di una concessione. A meno che l’Europa – ma dubito – non abbia scelto di suicidarsi concedendo qualcosa di troppo al caciarone greco.
3-Al direttore - Dalla piazza Syntagma, domenica, con i greci e gli spazzini della savana politica europea (tanti gli italici) in festa, si è levato uno spettro rosso lontano nipote di quello vagheggiato dal santo patrono Charlie Marx un secolo e mezzo addietro. Un passo avanti e quattro indietro con lo spettro del ’68 riapparso ancora esistente in formato mignon e con la maschera di Tsipras. All’alba placati gli animi, dal cielo della Grecia il fantasmino si è spostato verso il centro Europa. Nel passare sopra l’Italia è stato festeggiato con commossa devozione dai cattivi maestri di quella epoca orrenda e ghignanti dall’alto delle loro virtù attorniati dai loro stolidi adepti ancora e vieppiù immarcescibili nella loro visione della realtà, fermamente convinti di essere nel giusto e peggio di essere sempre e comunque in possesso della verità rivelata che manco il Papa sulla sedia. Buona fotocopia del ’68 a tutti i simpatizzanti e affini o meglio agli eterni aficionados a gogò.
Luigi De Santis
4- direttore - E’ di ieri la notizia che Berlusconi è stato condannato per aver fatto cadere il governo Prodi, avendo “comprato” un senatore dell’Idv di Di Pietro e fatta venir meno così la maggioranza. Nulla da dire, leggeremo le motivazioni della sentenza per capirla meglio. Ora giriamo pagina e chiediamoci: chi fece dimettere e di fatto cadere il governo Berlusconi nel 2011? Lo spread? La crisi? Non facciamo ridere! Chi fece di fatto spaccare FI e portarne una parte ( non un solo senatore!?) ad appoggiare quella che era l’opposizione storica ai moderati, l’attuale Pd? Una crisi ideologica di alcuni disinteressati? Siamo seri! Chi permise di avere governi con premier non eletto dal popolo? Chi diede a un normale cittadino un riconoscimento istituzionale, quale la carica di senatore, per meglio nobilitare il successivo incarico di premier? La fretta istituzionale? Sicuramente non sono stati commessi reati o irregolarità, ma si potrà dire almeno che in questa Repubblica non tutto è avvenuto alla luce del sole, ma ci sarà mai un accertamento della verità? L’accertamento è un altro: si è dimostrato che i cittadini elettori servono o non servono, tanto, in fondo, sempre servi sono?
Leopoldo Chiappini
Purtroppo la verità, rispetto a quel 2011, è drammaticamente lineare: un governo che non riusciva a governare e che aveva un ministro dell’Economia che guardava da una parte e il presidente del Consiglio che guardava dall’altra si mise da solo nelle condizioni di essere vulnerabile di fronte a un attacco speculativo. Ci fosse stato lo scudo della Bce, ovviamente, molto sarebbe cambiato, ma quelli che continuano a chiamarlo golpe sono gli stessi che non capiscono che un governo forte non si espone agli attacchi finanziari, e quel governo, purtroppo, forte non lo era. Non si chiama complotto, si chiama politica.
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