Lettere al Direttore IL foglio 17.6.2015
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Cdp e dirigismo renziano, drammi da moneta unica, occhio alle campane
1-Al direttore - Porsi l’obiettivo di ulteriori passi avanti dell’Unione europea e dell’Eurozona con ulteriori cessioni di sovranità
– ché di questo si tratterebbe, altro che condivisione di sovranità – dopo quel che sta accadendo con la
Grecia, con i migranti, con la clandestina politica estera, con le permanenti rigidità discendenti dal Fiscal compact, evoca l’immagine di un saltatore che, non essendo riuscito a superare in alto un metro e ottanta, vuole ora cimentarsi con sicumera sui due metri e cinquanta. “Primum non nocere”: bisognerebbe, prima di partire con il programma che i quattro presidenti illustreranno nel Consiglio europeo del 25 giugno, riparare i danni e rimettere ordine in tutte le funzioni che, con le attribuzioni oggi vigenti, avrebbero potuto essere ben diversamente esercitate. E, soprattutto, bisognerebbe cancellare dalle locuzioni l’espressione l’“intendance suivra”: è stata deleteria quando con essa si è inteso far credere che la moneta unica avrebbe poi trascinato la politica economica e la politica “tout court”; sarebbe grave se ancora oggi venisse utilizzata illudendo che parziali cessioni di sovranità determinino poi una unione politica dalle sorti magnifiche e progressive. Con i più cordiali saluti.
Angelo De Mattia
2-Al direttore - Decidere di cambiare i vertici di una delle più grosse istituzioni finanziarie del paese (la Cdp ha un attivo di 400 mld) con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale è un fatto clamoroso. Tempestività di informazione e trasparenza su ragioni e obiettivi erano dovute all’opinione pubblica, ai civil servant che vi hanno lavorato senza demeritare; era dovuta al mercato: Cdp non è quotata in Borsa, ma investe e potrebbe investire in aziende anche quotate. (Dell’“atteggiamento anguillesco” di Banca, banche, e fondazioni ha scritto il Foglio di ieri). Ma arriveremo a scusare l’opacità se alla fine avremo chiarezza. Già la Corte dei Conti si poneva “qualche interrogativo sulla reale configurazione giuridica da attribuire oggi a Cassa depositi e prestiti […] un soggetto che oggi spazia dal pubblico al privato, essendo allo stesso tempo soggetto alla vigilanza dello stato e longa manus di molte delle sue operazioni finanziarie”. E allora basta fondazioni e uffici postali insieme sul “territorio”, basta social housing, basta fondi che son privati ma che vengono lanciati dal ministero del Tesoro. Basta trattamenti di riguardo alle fondazioni: ormai è chiaro che metter le mani sui loro patrimoni non si può, si paghi quel tanto che basta per convincere Eurostat, e chiudiamola lì. Le cartelle di risparmio postale sono un altro tipo di buoni del Tesoro (e quindi bene se, come pare, nel consiglio ci sarà la Cannata), più o meno longa ma sempre del governo è la manus che firma le sue operazioni. E’ tricolore la bandierina piantata sulle partecipazioni che assicurano che nessuno ruberà il rame dell’alta tensione e i tubi del metano. Cdp è lo strumento del governo per operazioni di politica industriale. Se gli aiuti saranno considerati di stato, il governo se la vedrà con la Commissione europea per la Concorrenza. Ma se gli interventi nelle aziende saranno considerati rinazionalizzazioni (o peggio espropri) e le scelte delle tecnologie vincenti il ritorno allo stato imprenditore, se la vedrà con i mercati dei capitali e con la fiducia degli investitori. Non è più come ai tempi dell’Iri per l’Iri 2.0 è un po’ più complicato.
Franco Debenedetti
3-Al direttore - Secondo lei Matteo Renzi ha capito che le secondarie sono un po’ più difficili delle primarie?
Roberto Alatri
4-Al direttore - Mi scuso con lei e con i lettori ma sono di nuovo costretto ad attardarmi sul fattore C, cioè il culo di Renzi. Perdere a Venezia con lo stesso candidato sindaco che oggi, come nel 2005 (eh sì, la faccenda non è nuova), vince al primo turno e perde al secondo, esponente della minoranza del Pd, e aderente alla corrente del ditino alzato, lei come lo vuole chiamare?
Valerio Gironi
La fortuna per Renzi è aver scoperto in anticipo, e non direttamente alle politiche, che c’è qualcosa che non funziona. Ma quando Renzi dice “torniamo alla rottamazione” compie un errore di ingenuità. Non c’è più niente da rottamare, come persone, bisogna rottamare alcuni vecchi tabù della sinistra, e se Renzi non prenderà di petto questa battaglia scoprirà che il campanello d’allarme suonato alle regionali e alle comunali diventerà una campana.
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