Il Mes e i soldi da risparmiare. Conte come troll del grillismo

la capacità con cui questa maggioranza riesce a dimostrare che le promesse populiste non sono realizzabili.

Le lettere direttore dell'11.6 2020 ilfoglio.it

Al direttore – C’è un dato che ancora non capisco, caro Cerasa. Noi sappiamo che il Mes ci fa risparmiare sette miliardi di euro all’anno in interessi. Ovverosia: se i soldi concessi all’Italia dal Mes dovessero essere raccolti dall’Italia attraverso l’emissione di titoli di stato a dieci anni, quei prestiti al nostro paese costerebbero sette miliardi in più rispetto a quanto costerebbero con il Mes. Mi chiedo: ma che diavolo aspetta il governo ad attivare quelle linee di credito?

Luca Marini

 

L’elemento più interessante di Conte, e del governo, è che il presidente del Consiglio, ormai da tempo, ha capito che la sua credibilità e quella dell’Italia sono direttamente proporzionali alla capacità con cui questa maggioranza riesce a dimostrare che le promesse populiste non sono realizzabili. Una delle promesse dei populisti, penso in questo caso al M5s, era quella di eliminare il Mes. Un mese fa il M5s diceva che mai avrebbe attinto al Mes. Oggi i vertici del M5s non dicono più di non voler attingere ai fondi del Mes. Il viceministro della Salute ed esponente del Movimento 5 stelle, Pierpaolo Sileri, intervenendo su Sky domenica scorsa ha detto che “se alcuni paesi hanno detto no al Mes ci sarà una ragione. A mio avviso se sono soldi vantaggiosi, senza vincoli e in tempi rapidi allora va bene”. Come tutte le promesse che i grillini devono rimangiarsi, ci vorrà un po’ di tempo per far digerire al M5s la sua ennesima e inevitabile retromarcia. Ma sono convinto che un modo si troverà. E se tutto questo accadrà potremo dire che Conte è riuscito in quello che molti avversari dei grillini non sono riusciti a fare in questi anni: trollare il M5s, convincendolo che l’unico modo per non essere incompatibile con la realtà è rimangiarsi buona parte delle proprie promesse.

Al direttore - Hbo pensa a un sequel non razzista di “Via col vento”: Rhett Butler viene arrestato per stupro, Rossella entra nel #MeToo e scrive un libro in cui rivela che Ashley era pedofilo. Mami diventa l’agente di Beyoncé e si compra Tara. Musiche di Curtis Mayfield.

Andrea Minuz

Al direttore - Ritrovo, rileggendo un bellissimo libro edito da Laterza sul “10 giugno del 1940”, un episodio tragicamente incredibile che ti riassumo. Il 31 maggio Hitler scrive a Mussolini in risposta alla comunicazione dell’intervento italiano. Il dittatore tedesco chiede al Duce di posticipare di qualche giorno la data dell’entrata in guerra perché, essendo sul punto di sferrare un’offensiva aerea, non vorrebbe che il fatto nuovo inducesse i comandi francesi a spostare le loro basi che Hitler intende distruggere e aggiunge: “Andrebbero bene il 6 o 8 giugno. Il 7 andrebbe ugualmente bene, ma è un venerdì, giorno che forse per molti (nel popolo tedesco vi è tale credenza) non è ritenuto adatto per un inizio fortunato… Vi prego Duce di volermi comunicare la data precisa da voi scelta che conserverò come il più geloso segreto” (da “Documenti diplomatici italiani”, vol. IV). Così si giunse al giorno della follia, il 10 giugno di ottanta anni fa, ore 18, balcone di piazza Venezia, Roma.

Umberto Ranieri

Al direttore - Come anche il Foglio ha sostenuto, la parte del decreto “Liquidità” riguardante la concessione di garanzie pubbliche a fronte di prestiti fino a 25 mila euro (poi portati in sede di conversione a 30 mila euro) è stata scritta pessimamente. Si è vociferato che alla stesura del decreto avrebbero collaborato anche alcuni importanti banchieri (non l’Abi) che così evidentemente hanno dimostrato di essere magari bravi nel loro campo, ma assolutamente inidonei a occuparsi di norme. E ciò a maggior ragione perché il “punctum dolens” di quella parte concerneva l’autonomia o no della selezione del merito di credito a opera delle banche. Era chiaro sin dall’origine, ed era stato messo subito in evidenza da alcuni di noi, che, senza norme di deroga alla disciplina vigente in materia, permaneva l’obbligo, con tutte le conseguenze anche per l’eventualità del successivo assoggettamento dell’affidato a procedure fallimentari o ad azioni di contrasto del riciclaggio, di un’autonoma valutazione dell’ammissibilità al finanziamento. Ci sono volute molte settimane per capirlo. Nel frattempo, erano intervenute anche l’Abi e la Banca d’Italia. In sede di conversione del decreto, si è operato soprattutto con l’introduzione dell’autocertificazione e della limitazione delle responsabilità delle banche alla verifica di quest’ultima, per cui, al di là di quelli che potranno essere gli eventuali profili applicativi della giurisprudenza, la concessione dei prestiti non dovrebbe subire ulteriori intralci, a eccezione di quelli che fossero posti speciosamente con tutte le ovvie conseguenze. Si pone, tuttavia, il problema se per l’aumento dell’importo massimo concedibile occorrano una nuova domanda e un nuovo iter o se, invece, si troverà, come sarebbe doveroso, una via spedita per integrare rapidamente la richiesta. La vicenda è emblematica; essa ripropone il ruolo negativo che la legislazione può avere per accrescere la burocratizzazione: non si deve parlare, quindi, soltanto di riforma dell’amministrazione, ma bisogna legare quest’ultima a una rimeditazione della legiferazione. In più, per alcuni apporti alla costruzione di norme dovrebbe valere il celebre “sutor, ne ultra crepidam”. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

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