Supplica a Papa Francesco da un non credente occidentale

Andare a caccia di eresie finirà per togliere quasi tutto, a noi infarinati di cultura occidentale

di Giuliano Ferrara | 13 Novembre 2015 ore 06:27 Foglio

COMMENTA 6 |   | 

Qualche anno fa a Verona Benedetto XVI e Camillo Ruini parlarono ai vescovi italiani. Parlarono di fede e cultura, di Cristo e del Logos, la ragione che si allea con la Parola, senza identificazioni e senza conflitti irrimediabili. Ne parlarono da specialisti, l’uno teologo l’altro filosofo, e immagino anche da pastori della chiesa cattolica. In un passaggio del suo discorso Ratzinger diede il benvenuto a noi intellettuali laici che fervorosamente appoggiavamo la piattaforma di illuminismo cristiano e di umanesimo colto e filosoficamente implicato del pontificato. Ora Francesco fa di noi degli eretici impenitenti, anche a nome del mio intimo e caro amico Maurizio Crippa, che ne ha scritto su tono diverso dal mio nel Fogliuzzo di ieri. Voi direte: ma che notizia è? Vi siete montati la testa? I papi hanno altro da pensare e da fare.

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 E’ vero. Ma c’è un problema oggettivo, che discende direttamente dalla predicazione gaudiosa, beata, umile ed entusiastica di questo gesuita argentino divenuto capo della chiesa di Roma. Intanto, e mi dispiace per i critici improvvisati di Ross Douthat, il Pontefice è a caccia, se non di eretici, di eresie. Pelagio era un monaco irlandese che tra il IV e V secolo dell’èra cristiana sostenne, attirandosi i fulmini tra gli altri di sant’Agostino, che l’uomo può salvarsi con le sue forze. Mi pare effettivamente un’eresia contro la dottrina della grazia che santifica, ma non ho titoli per dirlo, su questo valgono le parole dei teologi, dei dottori della chiesa e dei papi. Anche la Gnosi, la tendenza a credere che esista una ragione illuminante e illuminata, capace di distinguere il bene e il male, di sostituirsi in certo senso alla mano del Santissimo (semplifico ad abundantiam) è a quanto si è sempre detto un’eresia: la mela dell’albero della conoscenza del bene e del male è stata mangiata una volta con conseguenze letali per l’umanità, tra le quali la comparsa della morte e della concupiscenza, e per questa ragione niente abbuffate di mele. Va bene, Francesco se l’è presa anche con gli gnostici. E ha predicato con efficacia: siate pastori e basta, cari fratelli nell’episcopato, non perdete tempo con la normatività pelagiana, la fede nelle strutture umane e istituzionali, e con i ragionamenti esoterici su bene e male degli gnostici, altrimenti perderete la carne tenera della misericordia e la figura centrale della fede, che è Cristo Gesù, il messia, e meglio ancora l’uomo delle beatitudini. Fate come quel vescovo che in autobus non trovava appigli per la gran folla che vi era ristretta all’ora di punta, e così ha scoperto che il pastore si sostiene con i corpi dei passeggeri del bus, e può farne all’occasione il famoso ospedale da campo.

Tutto bene: la dottrina pastoralizzata esclude nonché l’ideologia, falsa coscienza, anche la cultura, lo sforzo di conoscenza razionale, la solitudine spirituale. Manca però il monaco, specie in quel bus, e qui a Parigi, a pochi passi dal Collegio dei Bernardins dove Benedetto fece un famoso discorso sui monaci e la cultura europea, il mio amico Gabriel Matzneff, maestro e complice come direbbe lui, mi ha ricordato che Francesco è un grande Papa di Roma eppure dimentica sistematicamente il monachesimo, che poi (Matzneff è ortodosso russo) sarebbe la condizione ideale a cui tendere del cristiano.

Manca anche l’università, e qui c’è la Sorbonne, se proprio non vogliamo ricordare Firenze accademica e Bologna la dotta. Manca la politica, non dico Richelieu e Mazzarino ma almeno i movimenti del Novecento, i carismi di massa, e magari perfino l’azione cattolica, quella grande del 18 aprile.

Voi direte. Non rompere, nelle parole di Francesco ci sono la fede e l’incontro con Cristo, che è l’unico teologo autorizzato. C’è il vangelo, che è l’unico libro importante (salvo magari quella impertinente pretesa del matrimonio indissolubile). C’è la tradizione viva, che supera in breccia ogni norma, che liquida i conservatori del santuario e porta nella piazza del moderno semantico e mediatico le questioni del nuovo umanesimo.

 

Bene, una sola osservazione: Francesco restituisce e dà molto, ma qualcosa toglie. A me non credente, infarinato di cultura occidentale, finirà per togliere quasi tutto, compreso il battesimo voluto da mia nonna. Non offro lezioni di alcun genere a un Papa, sono mica matto. Ma gli rivolgo una supplica né gnostica né pelagiana: faccia della sua misericordia e del suo pauperismo evangelico una glossa a duemila anni di storia cristiana, un’aggiunta significativa e non imprevedibile e alquanto giustificata dalla renuntiatio del predecessore, non un’insignificante pretesa di esclusività pastorale. Non ci sono nel mondo che Francesco ama troppo, e a cui Francesco piace troppo, soltanto i lestofanti dello spirito e i profittatori della buona morale comune, cioè i giornalisti-teologi progressisti, ci siamo anche noi, smarriti di fronte alla complessità della situazione. Comunque, sulla questione del telefonino a tavola, lo amo e lo seguo incondizionatamente.

Categoria Religione

COMMENTI

1-      Moreno Lupi • 5 ore fa

Cosa c'entra? C'entra, c'entra. “Nuove frontiere della medicina: i medici della Cleveland Clinic si stanno preparando a effettuare trapianti di utero per offrire alle pazienti la possibilità di restare incinte”. Gli sviluppi della tecnologia potranno, solo questione di tempo e d’investimenti, prelevare l’utero alla paziente clinicamente morta, come si fa coi reni, col fegato, col cuore, e tenerlo funzionalmente attivo con le annesse sue proprie prerogative, in ambienti, extra corpora, creati artificialmente. Si eliminerebbero anche le incognite del rigetto. Dalla banca del seme alle colonnine pubbliche di uteri da inseminare. Fantaeugenetica? Macché, è solo un aspetto della fissa dell’uomo “luminoso” di sostituirsi a Dio. Si rivolge a Lui e lo sfida: “Hai creato l’essere donna come incubatrice e culla di nuova vita, ed io predo una parte di essa e la uso come mi pare e piace, per dare vita nel modo e come decido io”. Gli epigoni della razza ariana, appaiono dilettanti allo sbaraglio. Non sembri valutazione eccessiva e al limite, offensiva: nei meandri dei neuroni umani, ci sta tutto. Anche la pulsione del suicidio collettivo.

2-      maurizio guerrini • 5 ore fa

Ferrara for pope!

La sua profondissima riflessione accomuna credenti e non credenti.

Con la sola differenza che, mentre il non credente vive il dubbio con timore e lacerazione, il credente gioisce nella certezza, più forte del limite umano del dubbio, che l'opera di Dio Padre procede nella storia e nel tempo, nella misericordia del Figlio, per opera incessante dello Spirito Santo.

Nessuna paura può scalfire la certezza che, con l'intercessione della Vergine Madre, l'avanzata demoniaca dell'ateismo militante (degli atei negatori di Dio e non dei "gentili" non credenti alla Ferrara), delle eresie dei falsi profeti e l'ingresso del "fumo di Satana", non potrà sconfiggere la Chiesa universale (=cattolica e non sottomessa ad alcuna corona o sottopotere polcor).

La vittoria di Cristo non comporta la salvezza del "progredito" mondo occidentale, affermatosi grazie al Cristianesimo, ma oggi dominato dalla maggioranza dei sostenitori del progresso infinito e della emancipazione-liberazione da Dio grazie all'eresia del protestantesimo, al razionalismo illuminista e scientoide, progresso che ha rubato la mela staccata dall'albero della conoscenza divina e se la sta rimangiando con un'avida ingordigia che lo rende cieco, sazio, insensibile, schiavo e arrogante.

La punizione sta arrivando e dovrebbe servire per primi a noi credenti quando ci arroghiamo il diritto di conoscere come il Capo del corpo mistico (per la sua identificazione vedere il discorso della montagna) della Sua Chiesa dovrebbe agire!

Il modo per evitarcela lo sta indicando papa Francesco in maniera molto semplice (la reazione è satanica, quanto quella al discorso di Ratisbona di Benedetto XVI) ma non sta scritto in nessun testo sacro che il "tempio" del farisaico occidente debba essere salvato, anzi i nuovi barbari sono da un pezzo all'opera dentro le mura della città (e chi dissente dovrà magari attendere un prossimo papa Urbano).

vedi altro

3-      Giorgio Salzano • 8 ore fa

Caro Ferrara, grazie per l'affettuosa ironia (o mi sbaglio?) con cui descrive la posizione pastorale, dire teologica è un po' troppo forte, di Francesco. Io non sarei capace di tanta coolness. Il fatto è che lei, ma anche io, (così come i cardinali e vescovi che egli insiste a correggere in pubblico), siamo al di fuori della portata della sua misericordia. Non siamo abbastanza poveri, come l'Eugenio. Anzi, pensiamo che vi sia nel depositum fidei un tesoro di ricchezze da custodire. Il mio itinerario di vita è alquanto diverso dal suo, perché, battezzato ed educato cattolico, all'epoca in cui tanti miei coetanei abbandonavano la Chiesa, io, mosso da fiducia in chi mi era stato educatore, mi volgevo a ricercare le ragioni dell'educazione cristiana che mi era stata trasmessa. Ora mi viene detto che tutte quelle ragioni sono irrilevanti, rispetto alla fede nella figura di Gesù nuda e cruda. Ma temo che rispetto a questa fede io mi debba dichiarare "non credente". Perché per me - ma credo di essere in buona compagnia millenaria - se Gesù Cristo non fosse luce dell'intelligenza non sarebbe nulla, solo un altro povero disgraziato messo a morte dai potentati del suo tempo. Che non sia così, non è una invenzione dei moderni "specialisti del logos", come ha detto affettatamente un cardinale amico di di Francesco, ma san Giovanni evangelista, quando dichiarò che in lui il logos "si è fatto carne". Quel che di Gesù dice padre Bergoglio sono cose buone per gli esercizi spirituali ignaziani, bellissimi e sacrosanti, ma non sufficienti per una predicazione papale, che dovrebbe saper render conto, come dice san Pietro, della speranza che è in noi.

Soprattutto poi quando il Papa evoca antichi errori, una volta le si chiamava eresie, un po' di maggiore precisione concettuale non avrebbe guastato, se non vuol dare l'impressione di definirli solo a suo uso e consumo, per poter menare batoste a quel che ritiene estraneo alla sua pura pietà da esercizi spirituali. Il pelagianesimo è un'eresia sottile, consistente nel ritenere la natura umana non guastata dal peccato originale, che non si identifica perciò con quegli aspetti di organizzazione burocratica e di normativismo a cui il Papa fa riferimento, ma anche con il loro opposto, lo spontaneismo dei desideri che diventano diritti. Ma soprattutto non convince la caratterizzazione dello gnosticismo. Non si tratta affatto di cercare la salvezza in formule logiche, ma esattamente del contrario: è l'odierna cultura del mondo al quale si dovrebbe indirizzare la nostra misericordia, che, come gli gnostici dei primi secoli stigmatizzati da sant'Ireneo, è essenzialmente dualista nel suo mantenere l'estraneità tra il mondo materiale dominabile con la logica e le aspirazioni umane a un di più, abbandonate in definitiva al sentimento.

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4-      Fabrizio Giudici  Giorgio Salzano • 8 ore fa

" un po' di maggiore precisione concettuale non avrebbe guastato, se non vuol dare l'impressione di definirli solo a suo uso e consumo"

Come lei commenta giustamente sotto, se fossero stati definiti con maggiore precisione ci sarebbero caduti dentro quasi tutti i massimi collaboratori del Papa e anche qualche suo discorso. Per cui evidentemente non conveniva essere troppo precisi.

5-      franco bolsi • 8 ore fa

Ho ritenuto, ritengo e riterrò il monachesimo l’espressione più pura del cristianesimo. I monaci esprimono nel modo più compiuto quello stato dell’anima, così bello ma ostico, di “essere nel mondo ma non del mondo”. È l’antidoto contro lo gnosticismo e contro ogni

pauperismo. Pelagio, al contrario, è insinuoso e può attecchire ovunque. Sono

loro, i monaci, più dei vescovi, che ricordano a noi credenti viandanti il mondo,

e così distanti dalla contemplazione, che tutto ciò che abbiamo sono solo in

misura minima attribuibile a noi. Mentre grande è la misericordia del Padre. San

Benedetto, San Domenico, Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce (i due rami originari dei Carmelitani) e il monachesimo orientale, la via maestra per la santità. Fede, ragione, carità e contemplazione in mirabile sintesi. Almeno

per me, tangente le virtù dialogare con qualche monaco è farmaco che calma la

febbre. Non è il vescovo che si appoggia agli altri negli autobus. E’ chi

viaggia in autobus che ogni tanto dovrebbe scendere e appoggiarsi al vescovo.

Lo può fare l’ateo smarrito come il credente, il pauperista come il suo

contrario, l’intellettuale come l’ignorante. Francesco preferisce i teologi

progressisti e si disinteressa della cultura lasciando orfani gli atei devoti. Da

qualche parte c’è qualcuno che non vi lascerà soli.

6-      Davide SCarano • 11 ore fa

Apprezzo in particolare la parte finale dell'appello dell'Elefantino: "faccia della sua misericordia e del suo pauperismo evangelico, un'aggiunta significativa (omissis) e non un'insignificante pretesa di esclusività pastorale". Nell'ormai famoso appello lanciato nel convegno di Firenze il papa ha chiesto una chiesa che fosse madre: va benissimo, purchè non si dimentichi che senza Padre non vi sarebbe Madre.

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