Ambiente sì, ma il cuore del testo è il degrado etico dell’uomo

Un documento in linea con il magistero degli altri pontefici, ma alcuni punti sono interpretabili in modo arbitrario

di Ettore Gotti Tedeschi | 18 Giugno 2015 ore 16:26

Caino (citato per altri scopi nel secondo capitolo dell’enciclica) fu in realtà il primo “ambientalista “ della storia . Si può supporre che la gelosia che lo spinse a uccidere Abele fosse dovuta al fatto che quest’ultimo deteriorava l’ambiente. Abele, infatti, inquinava la terra allevando troppi armenti. Ma non solo: sacrificando i migliori agnelli a Dio, inquinava l’aria con fumi di animali bruciati. Un vero inquinatore, e antianimalista! La coscienza ambientalista di Caino non poteva tollerarlo.

Catturata l’attenzione del lettore con questa ironica introduzione, di seguito proporrò anzitutto la mia lettura e interpretazione dell’enciclica; una lettura che prescinde da molti riferimenti complessi che vorrebbero un commento ben più vasto. Ma questa sintesi rappresenta – secondo me, attenzione – il Magistero di Papa Francesco e della Chiesa. Successivamente, proporrò alcune considerazioni generali testo diffuso oggi.

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 La mia sintesi dello spirito – o messaggio principale – dell’ enciclica è questa: “Il degrado ambientale è conseguenza del degrado etico dell’uomo, causato dal peccato, che rompe il rapporto scienza-religione. A quest’uomo è sfuggito di mano il senso della vita e delle azioni, ha smesso di nutrirsi intellettualmente e spiritualmente, trasformandosi in uomo materialista, privilegiando solo la soddisfazione materiale e convertendosi in consumatore eccessivo; un uomo dal comportamento irresponsabile. Detto comportamento ha progressivamente influenzato il suo stesso pensiero, lasciandolo suggestionare da una visione nichilista che lo ha portato non solo a non comprendere la natura, ma anche a non rispettarla, usando male la sua stessa libertà. A questo uomo, tecnologicamente avanzato ma impreparato e immaturo in sapienza, è sfuggito di mano anche lo stesso potere tecnologico, arrivando a usarlo in modo irresponsabile.

Perdendo Dio, infatti, l’uomo è arrivato a esasperare il relativismo dottrinale lasciando che gli strumenti a sua disposizione (tecnologici, economici) prendessero autonomia morale, per poi – come era prevedibile – sfuggirgli di mano. Per risolvere il problema del degrado ambientale, va cambiato il cuore dell’uomo e il suo comportamento, non tanto gli strumenti tecnologici. L’uomo va riportato a rispettare la creazione, e il primo passo è cominciare a rispettare la vita umana. Non è tanto la riduzione del numero di persone al mondo o le tecniche nuove che porranno rimedio agli errori, quanto i riferimenti a valori ed etiche comportamentali adeguate. Non si deve divinizzare la natura, bensì cambiare l’uomo ricollocandolo al suo posto nel creato, restituendogli il ruolo voluto da Dio. Ciò, naturalmente, ricollocando prima Dio al suo posto. E il compito di cambiare l’uomo è responsabilità della Chiesa, che deve prendersi carico della sua rieducazione. Insegnandogli a praticare le virtù secondo spiritualità cristiana ,con la preghiera, i sacramenti, e naturalmente con il suo Magistero (quale è questa enciclica).

Se questa mia sintesi fosse corretta, da ora in avanti non possono più esser messi in discussione – se mai lo fossero stati in precedenza – i punti di Magistero di seguito espressi: l’origine del comportamento che porta al degrado ambientale è il peccato e la perdita di Dio. E’ pertanto il degrado morale che comporta il degrado ambientale. Perciò è l’uomo che va cambiato, non gli strumenti tecnici, ed è la Chiesa responsabile di portare Dio al suo posto e restituire all’uomo il suo ruolo.

Considerazioni generali sull’enciclica possono esser utili solo al fine di spiegare alcuni punti che possono esser confondenti, ma soprattutto interpretabili arbitrariamente con l’obiettivo di metter in discussione quanto sopra sintetizzato sul messaggio chiave del documento.

Possono meritare precisazioni alcuni punti, che possono determinare confusioni circa le cause e gli effetti. Faccio solo tre esempi rintracciabili nell’enciclica.

Primo. Gli eccessivi consumi dell’uomo materialista che caratterizzano da più di trenta anni la cosiddetta civiltà consumistica sono causa – ma indiretta e a sua volta provocata – dell’inquinamento ambientale. Il consumismo (all’inizio soprattutto negli Stati Uniti) è stato effetto, conseguenza di politiche economiche mirate a compensare la dinamica negativa della crescita del prodotto interno lordo dovuta al crollo del tasso di natalità nel cosiddetto mondo occidentale. Come potrebbe infatti crescere in modo reale, nel tempo, il pil se la popolazione non cresce e invecchia? La risposta è che questo può accadere solo facendo crescere i consumi individuali. Ma ciò ha richiesto crescita di potere di acquisto, ottenuta delocalizzando produzioni in aree a basso costo, che hanno provocato una rapida industrializzazione in paesi impreparati e ancora insensibili alla protezione dell’ambiente. Tuttavia, ha prodotto anche deindustrializzazione nei paesi consumatori, spaccando il mondo in stati consumatori e non più produttori e stati produttori e non ancora consumatori, creando così le premesse per una instabilità economica globale e una maggiore indifferenza al problema ambientale. Poiché i consumi non bastavano a sostenere gli effetti dei costi conseguenti l’invecchiamento della popolazione, il modello consumistico adottato ha preteso il ricorso al debito dei consumatori; e quando questo è diventato insostenibile il sistema è crollato. Questo spiega anche il ruolo delle banche incoraggiate a sostenere detto sistema a debito, e pertanto la decisione di sostenerle quando si son trovate in difficoltà. Ma questi sono stati tutti una serie di effetti. E’ il crollo delle nascite nel mondo occidentale, dovuto alle dottrine neomalthusiane, la causa prima ed originale.

Secondo. La miseria materiale non è causa della miseria morale, ma ne è effetto, conseguenza. L’inequità non è l’origine dei mali, è conseguenza del peccato che provoca nell’uomo sentimenti di egoismo, avidità, indifferenza. Se questi sentimenti permanessero, anche una ripartizione equa delle risorse produrrebbe successive alterazioni dannose e penose.

Terzo. La causa di tanti errori nella applicazione di modelli tecnici scientifici non è l’ostacolo posto da criteri di valutazione morale. La causa sta nel voler negare il rapporto tra fini e mezzi e pensare che scienza e tecnica debbano avere autonomia morale.

Chi è così preoccupato di negare i tre punti esemplificativi sopra citati? Lo è il pensiero della gnosi, convinto di poter rifare la creazione (imperfetta) e ricostruire l’uomo, altrettanto imperfetto. I suoi seguaci vorrebbero l’ambientalismo quale religione universale nel mondo globale verso cui indirizzare tutte le altre spiritualità al fine di ridimensionare il valore unico di dignità dell’uomo creatura di Dio. Ma per esser più convincenti sul tema ambiente, per esempio, queste persone sostengono che chi nega le loro tesi ha interesse a sostenere lobby varie. Magari facendo finta di ignorare che la “resource revolution” legata al “climate risk”, conseguente a proposte di soluzione dell’ambientalismo, sono anch’esse business. Ma soprassediamo.

Concludo ricordando che per risolvere un problema di questa importanza non sono gli effetti che vanno corretti, bensì le cause vere, che pertanto vanno ben individuate. Altrimenti si rischia di peggiorare gli effetti stessi. Quasi sempre le cause vere coincidono con la negazione di leggi naturali secondo la creazione. Questa enciclica, se io l’ho ben capita, lo spiega molto bene in continuità con il precedente Magistero degli altri pontefici.

Categoria Religione

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