La nuova geopolitica europea di Papa Francesco dopo la visita della Merkel
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Ha portato il Vaticano bergogliano a guardare all’Europa con un’attenzione e una costanza crescenti rispetto al passato
Andrea Muratore 16.10. 2021 ilgiornale.it lettura3’
it,insideover.it La recente visita romana di Angela Merkel non è stata caratterizzata solo dal passaggio a Palazzo Chigi e dai saluti con Mario Draghi, incoronato come vero e proprio “delfino” alla guida dell’Europa, ma anche da una significativa deviazione in Oltretevere e dal faccia a faccia con Papa Francesco.
Non si è trattato solo di un saluto formale tra due leader che hanno a loro modo plasmato la storia recente e che si trovano in sintonia su diversi temi (dalla lotta ai cambiamenti climatici alle migrazioni), ma anche di un evento dall’elevato significato politico. Tanto per la Cancelliera uscente quanto per il pontefice romano.
Incontrando Angela Merkel il Papa, in sostanza, rafforza una strategia che negli ultimi mesi e, in generale, dall’inizio della pandemia di Covid-19 ha portato il Vaticano bergogliano a guardare all’Europa con un’attenzione e una costanza crescenti rispetto al passato. Nell’intervento contro la pandemia, nella valorizzazione del messaggio di unità sociale e comunitaria, nella denuncia degli effetti dell’ideologia dominante in campo economico sulla sicurezza sanitaria, sociale e umana dei cittadini europei, nella lotta all’individualismo e nella crisi dei valori che attanaglia l’Europa la Chiesa di Bergoglio ha visto un’opportunità per ritornare a giocare un ruolo attivo in Europa. Inoltre, la Chiesa ha voluto riprendere un ruolo da istituzione emancipatrice e Francesco ha letto la crisi della civiltà europea e del modello politico-economico che regge l’Unione nel quadro più ampio in cui si inserisce anche il declino della presa della Chiesa nel Vecchio Continente. Comprendendo la centralità di un continente che, nonostante il declino demografico e politico, rimane fondamentale su scala globale. Ed è, piaccia o meno, il polmone di un cristianesimo la cui transizione verso le periferie globali è in corso, ma non completo.
Dunque il Papa ha tessuto un dialogo attento con i leader europei; ha incontrato Mario Draghi, Viktor Orban, infine la Merkel; ha ripreso il discorso sulla natalità e il declino demografico parlando direttamente all’Italia; ha annunciato il viaggio in Ucraina per riprendere il discorso della mediazione tra Occidente e Russia. Inoltre, ha preso di petto la questione del rischio di uno scisma tedesco, uno dei motivi per cui la visita della Merkel, Cancelliera e “regina” uscente d’Europa, ha un peso specifico notevole.
La Merkel interpreta il sincretismo tedesco tra l’anima protestante e quella cattolica della Germania; quest’ultima ha in Baviera la sua roccaforte e non è un caso che la crisi dell’Unione Cdu/Csu alle ultime elezioni nello Stato Libero sia stata direttamente collegata all’assenza di una figura di compromesso paragonabile a quella della Cancelliera alla guida della coalizione. La Baviera è epicentro della “rivolta” tedesca contro la Chiesa di Roma, e mese dopo mese i vescovi tedeschi insistono su benedizione alle coppie gay, abolizione del celibato e sacerdozio femminile, facendo riscoprire inevitabilmente a Francesco la vena più identitaria della sua predicazione pastorale e politica.
La Baviera è una delle perle dell’Europa cattolica, dai tempi della Riforma Protestante presidio del Vaticano in Germania. Ne era conscio Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII, negli anni successivi alla Grande Guerra quando da nunzio apostolico in Baviera monitorò da vicino l’evoluzione sociale e politica della Germania prossima all’ascesa del nazismo; ne è stato conscio Benedetto XVI, il pontefice figlio di una terra la cui curia la ha, in larga parte, rinnegato; e ne è chiaramente consapevole anche Bergoglio.