La chiesa del Dragone

Fede e potere. Il modello cinese affascina non pochi esponenti delle alte gerarchie vaticane in nome della promozione del bene comune. Con il rischio di legittimare uno spietato autoritarismo. Indagine

di Matteo Matzuzzi 8.12.2019 www.ilfoglio.it

Diceva all’inizio del 2018 mons. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia accademia delle Scienze, che chi oggi applica al meglio la dottrina sociale della chiesa è la Cina. “Ho incontrato una Cina straordinaria, ciò che la gente non capisce è che il principio centrale cinese è il lavoro, lavoro, lavoro. Non c’è altro. In fondo è come diceva san Paolo, ‘chi non lavora, non mangia’”. I cinesi, aggiungeva il presule, “tengono al bene comune, subordinano le cose al bene comune. Vi è come una coscienza nazionale positiva, essi desiderano dimostrare che sono cambiati, che accettano la proprietà privata”. E poi, spiegava Sorondo, la Cina “difende la dignità della persona”. Non erano parole a caso, quelle dell’arcivescovo argentino, da sempre un fiero sostenitore delle politiche di Pechino, ma la manifestazione esplicita, ancorché sgraziata, di un apprezzamento per uno dei due grandi modelli che reggono oggi il mondo: quello statalista cinese e quello liberale americano. “L’economia [in Cina] non domina la politica, come succede negli Stati Uniti, come dicono gli stessi americani. Come è possibile che le multinazionali del petrolio influenzino Trump? Il pensiero liberale ha liquidato il concetto del bene comune, non vuole nemmeno tenerne conto, afferma che è un’idea vuota, senza alcun interesse. Al contrario, i cinesi propongono lavoro e bene comune”…….

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