Un Papa a portata di mano finisce poi a tiro di tutti
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Il fatto è che i molti indignati per questa manifestazione di dissenso, travestita da «pasquinata», non tengono in conto che fra le molte novità portate dall'ex cardinale di Buenos Aires c'è, senza dubbio, la disintermediazione estrema
di Goffredo Pistelli ItaliaOggi, 9.2.2017
Ha suscitato dure reazioni, la massiccia affissione di manifesti critici verso Papa Bergoglio, lo scorso fine settimana a Roma. Il fatto è noto: nelle plance riservate alle affissioni comunali, sono comparsi appunto manifesti, anonimi, con una scritta in romanesco («A France'», l'incipit) che giudicava il pontefice poco misericordioso, per una certa durezza nel trattare alcune questioni, curiali e non, fra cui la decisione di non rispondere ai dubbi di quattro cardinali sull'esortazione Amoris Laetitia. A corredo, la foto del Papa col volto corrucciato. L'iniziativa degli anonimi attacchini ha suscitato toni scandalizzati, a volte minacciosi, di religiosi, intellettuali e vaticanisti vicini a Jorge Mario Bergoglio. Gli ideatori dell'affissione sono stati definiti a più riprese «corrotti» e, addirittura, «squadristi».
Pier Luigi Consorti, che insegna diritto canonico, ha invece scritto sul suo blog sul sito dell'ateneo di Pisa, che «qualcuno dovrebbe indagare, perché questo gesto integra una specifica ipotesi di reato». Prospetta l'applicazione di una legge del 1929, quella dei Patti lateranensi che, all'articolo 8, punisce «le offese e le ingiurie pubbliche commesse nel territorio italiano contro la persona del Sommo Pontefice con discorsi, con fatti e con scritti, sono punite come le offese e le ingiurie alla persona del Re». Situazione singolare per il fatto che l'invocazione di una legge fascista provenga da un professore che insegna nel Centro interdisciplinare di Scienze della pace, di un ateneo di prestigiosa tradizione laica, ma tant'è.
Il fatto è che i molti indignati per questa manifestazione di dissenso, travestita da «pasquinata», non tengono in conto che fra le molte novità portate dall'ex cardinale di Buenos Aires c'è, senza dubbio, la disintermediazione estrema. Il Papa ha cambiato, stravolto, il paradigma comunicativo del capo della cristianità, come sono gli stessi suoi laudatori a ricordarlo continuamente. Questo pontefice dice «buona sera» fin da quando si affacciò da San Pietro la prima volta, ha proseguito con «buon pranzo», mangia a mensa col vassoio, va a comprarsi le scarpe e gli occhiali in Borgo Pio, telefona a centinaia di persone. Non solo, nella comunicazione verbale in senso stretto, Francesco ha scelto forme e toni decisamente lontani dall'etichetta pontificia: dal fare «figli come conigli» al famoso «a chi mi offende la madre gli do un pugno», utilizzato per chiosare la strage di Charlie Hebdo.
«Francesco, uno di noi», insomma.Già, ma quando i suoi critici usano la stessa libertà e lo stesso registro, è logico scandalizzarsi tanto?