Veleni in Vaticano, l'incredibile frase di Padre Georg: così l'uomo di Ratzinger demolisce Papa Francesco
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dal 1977 al 1982, segue con grande attenzione i fatti della città tedesca
Libero, Enrico Paoli, 24.7.2016
e «prega per le vittime innocenti», esprimendo «condoglianze e vicinanza ai familiari». Segno che Ratzinger non è affatto lontano dalle «cose terrene». Figuriamoci da quelle teologiche e dottrinali, dunque dall’azione di Papa Francesco. A confermarlo è il suo segretario, monsignor Georg Gaenswein. Lo stesso padre Georg, prefetto della Casa Pontificia, forse proprio su indicazione del Papa emerito, è tornato a «smuovere» l’aria attorno e dentro al Vaticano, mettendo nel mirino il successore di Benedetto XVI. Padre Georg, in un’intervista, ha sollevato temi etici e politici che s’intrecciano fra loro, ponendo più di un interrogativo sull’azione di Bergoglio, impegnato a preparare il viaggio ad Auschwitz del 29 luglio dove non è previsto che parli. I discorsi pronunciati nel campo di concentramento nazista da Wojtyla nel 1979 e dallo stesso Ratzinger nel 2006 sono considerati «memorabili».
I segnali -Papa Francesco, forse, vuole evitare il confronto. Nel frattempo avrà modo di riflettere sull’intervista che padre Georg ha rilasciato al quotidiano tedesco Schwäbische Zeitung. Data la delicatezza dei temi trattati ci atteniamo alla traduzione della Nuova Bussola Quotidiana. «Quando un Papa vuole cambiare qualcosa nella dottrina, allora deve dirlo con chiarezza, in modo che sia vincolante», afferma il prefetto della Casa Pontificia, «importanti concetti dottrinali non possono essere cambiati da mezze frasi o da qualche nota a piè di pagina formulata in modo generico. Dichiarazioni che aprono a diverse interpretazioni sono rischiose. Alcuni vescovi hanno davvero la preoccupazione che l’edificio della dottrina possa subire delle perdite a motivo di un linguaggio non cristallino». Padre Georg, dopo aver messo in discussione l’autorità del Papa in carica, più che la sua autorevolezza, analizza le ragioni che stanno a monte dell’azione dell’attuale Pontefice.
«Papa Francesco è fortemente influenzato dalla sua esperienza come provinciale dei gesuiti e soprattutto come arcivescovo di Buenos Aires», afferma l’alto prelato, «già in quella grande città e mega-diocesi si era capito che ciò di cui lui è convinto, lo fa e lo porta fino in fondo senza scrupoli». Deciso dunque, anche a costo di esagerare. «Questo vale anche adesso come vescovo di Roma e come Papa», spiega Padre Georg, «che nei discorsi, rispetto ai suoi predecessori, di tanto in tanto sia un po’ impreciso, e addirittura irrispettoso, si deve solo accettare. Ogni Papa ha il suo stile personale. È il suo modo di parlare, anche correndo il rischio che ciò possa dar adito ad equivoci, a volte anche a interpretazioni avventurose».
Stile a parte, ciò che sembra preoccupare in modo particolare padre Georg è la «tenuta» di Bergoglio. «La certezza che il Papa sia una roccia nei marosi, ritenuto come l’ultima ancora, ha iniziato in effetti a vacillare», sostiene il segretario del Papa emerito, «se questa percezione corrisponda alla realtà e se riproduca l’immagine di Papa Francesco o se sia piuttosto un’immagine dei media, non posso giudicarlo».
Il dubbio - Ma il fatto stesso di ingenerare un forte dubbio è sufficiente a sospettare che Ratzinger non sia lontano dalle cose vaticane. Anzi. «Un vescovo, pochi mesi dopo l’elezione di Bergoglio, ha parlato di effetto-Francesco e, tutto impettito, ha aggiunto che ora era di nuovo bello essere cattolici», sostiene il segretario di Ratzinger, «si poteva percepire di nuovo pubblicamente uno slancio nella fede e nella Chiesa». «Ma questo accade davvero?», si chiede retoricamente l’alto prelato, «dall’esterno non si percepisce un nuovo inizio. La mia impressione è che Francesco goda di grande simpatia come uomo più di tutti gli altri leader del mondo. Ma riguardo alla vita e all’identità della fede questa sua simpatia non sembra avere grande influenza. I dati statistici, se non mentono, mi danno purtroppo ragione». Le presenze alle messe «non sono aumentate», così come «le vocazioni» e il ritorno alla Chiesa di chi «ha abbandonato» non è in crescita. Insomma, visto da dentro, dal centro del centro del mondo «l’effetto Francesco» è solo mediatico. E non pratico.
di Enrico Paoli
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