Pane duro, pane sicuro: galletta ligure e biscotto veneziano

I panificatori di Genova e Venezia, in prima linea nella sfida per il dominio delle rotte mercantili più redditizie,

20.10.2024 Marcello Marzani, qdpn.it lettura4’

sono entrati a pieno titolo nella storia dell’alimentazione Venezia, Fondamenta del Forner

Chi non ricorda il commovente incontro fra Pinocchio e Geppetto nel ventre del terribile Pescecane? Il vecchio falegname, provato e incanutito, era sopravvissuto per ben due anni nelle viscere del mostro grazie alle provviste di un bastimento inghiottito dal pesce in un sol boccone: carne in cassette di stagno, vino, uva secca, caffè, zucchero e biscotto, un “pane abbrostolito” come lo definisce Collodi, capace di mantenersi inalterato nel tempo.

Conservare i cibi è una esigenza che l’uomo sente sin dall’antichità. Nel caso specifico del pane il mito attribuisce a Giasone il primato di aver stipato in cambusa un carico di pagnotte cotte più del necessario: una disattenzione che si rivelerà provvidenziale per gli Argonauti i quali, nella ricerca del Vello d’oro, si cibarono di squisiti pani friabili inzuppati nel vino.

Se gli eroi omerici custodivano la farina dentro otri di pelle, i viaggiatori dell’antica Roma prima di partire facevano incetta di panis nauticus, panis militaris o buccellatum: gallette resistenti all’umidità delle imbarcazioni e pani compatti studiati per sostenere i legionari in marcia. Le prime notizie del panis biscoctus risalgono al Medioevo e si riferiscono a “pani cotti due volte” per ridurre l’umidità e prolungarne la commestibilità. Nei forni delle principali città, soprattutto di mare, fiorì l’industria dei biscottieri, abili maestri di arte bianca specializzati nella produzione di gallette salate e dolci, talvolta arricchite con miele, frutta secca e spezie, molto richieste dai naviganti. Cristoforo Colombo collocò il bizcocho, assieme alla legna e all’acqua potabile al vertice della lista dei materiali da imbarcare sulle sue caravelle. Magellano, in procinto di intraprendere la circumnavigazione del globo, fece scorta di gallette: oltre 80 quintali per un equipaggio di circa 250 uomini.

I panificatori di Genova e Venezia, in prima linea nella sfida per il dominio delle rotte mercantili più redditizie, sono entrati a pieno titolo nella storia dell’alimentazione con due prodotti peculiari: la galletta del marinaio ligure e il pan biscotto veneziano.

La galletta (dal gallico galet, ciottolo), conosciuta anche come “pane che non scade mai”, ha l’aspetto di una piccola schiacciata tondeggiante ottenuta impastando acqua, farina, sale e poco lievito. Proverbialmente durevole, col trascorrere dei giorni diviene così tenace che i marinai la intingevano nell’acqua di mare prima di consumarla. Una consuetudine dalla quale sono nati alcuni piatti cult della tradizione ligure fra i quali il cundigiun, galletta ammorbidita con acqua e servita con verdure fresche e patate, e il cappon magro, cibo quaresimale in cui la galletta funge da base per pesce, molluschi e ortaggi.

A bordo dei velieri e dei galeoni, la galletta del marinaio accompagnava altri cibi non deperibili quali legumi secchi, stoccafisso, acciughe salate, carne in scatola, aglio, cipolle e faceva parte, nella misura di circa seicento grammi al giorno, della razione individuale.

Mentre nei forni liguri cuoceva la galletta, in quelli veneziani si produceva il pan biscotto, altrettanto essenziale per il mantenimento di flotte e milizie. Lo storico Giuseppe Tassini afferma che nel Settecento l’arte dei fornai o cuocitori di pane annoverava 62 capi maestri, 149 lavoranti e 22 garzoni. Fra le diverse tipologie di pane sfornate quotidianamente vi era il biscotto, cotto due o addirittura quattro volte e realizzato con “un singolare magistero”, che lo rendeva inattaccabile dal tarlo. Una tecnica talmente efficace che nel 1821, sull’isola di Candia (oggi Creta), fu rinvenuto un deposito di pan biscotto veneziano sfornato oltre centocinquant’anni prima eppure completamente intatto.

Nell’imperdibile saggio “Il pane di Venezia” Giampiero Rorato ricorda come la panificazione in generale e la produzione del biscotto in particolare fossero un affare serio per la Dominante: lo testimoniano i numerosi riferimenti toponomastici legati a forni, fornai e pistori, le stringenti disposizioni sull’arte bianca emanate già nel Duecento e la stretta sorveglianza esercitata dalle autorità, fra queste il Provveditore al Biscotto, sui produttori e i rivenditori di pane.

Il biscotto veneziano più rinomato proveniva dai laboratori di San Martino e Sant’Elena dove gran parte degli addetti era di origine carnica o germanica. Pilastro dell’alimentazione marinaresca tanto da spingere gli armatori a prevedere un locale dedicato alla sua conservazione sulle galee, il pan biscotto veniva occasionalmente distribuito ai carcerati e alle vedove dei marinai confermando la propria reputazione di “pan duro, pan sicuro”.

Come per la galletta genovese anche il pan biscotto veneziano ha ispirato numerosi piatti della tradizione come la sopa de pan (pane, brodo, formaggio e uova) e il frisopo o frisopìn: briciole di pan biscotto immerse nel brodo, nel vino o nel latte, con aggiunta di zucchero o mosto cotto. Un piatto energetico talmente popolare fra i soldati che frisopìn divenne addirittura sinonimo di fante.

La storia del “pane senza scadenza” non si ferma certo alla galletta genovese o al pan biscotto lagunare. L’origine di pani come le friselle pugliesi, il carasau e il pistoccu sardi, lo Schüttelbrot tirolese o i grissini piemontesi, solo per restare in Italia, sarebbe utile per immergersi in un mondo nel quale tradizione, innovazione, abilità manuale ed esperienza si intrecciano indissolubilmente. Un mondo, quello del pane, carico di spiritualità e altrettanta concretezza: se Gandhi affermava che nel mondo ci sono persone che hanno così tanta fame che “Dio non può apparire loro se non in forma di pane”, un proverbio popolare recita: “il pane di ieri è buono anche domani”; e i biscotti veneziani ritrovati a Creta lo dimostrano.

(Autore: Marcello Marzani)

(Foto: Wikipedia)

(Articolo di proprietà di Dplay Srl)

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