Abbiamo parlato con alcuni amministratori locali e parlamentari, tra cui c’è chi potrebbe prendere il posto di Luca Zaia

a capo della regione, per capire come in pochi anni il partito di Giorgia Meloni abbia surclassato

30 agosto 2024 di Federico Gonzato, pagellapolitica lett.19’

«Per amministrare un territorio l’ideologia non serve, e certi slogan cari alla Lega, come “Prima i veneti”, lasciano il tempo che trovano, perché se poi governi ti devi confrontare con la realtà: le cose cambiano, devi dare risposte a tutti i tuoi cittadini». Marco Della Pietra, 48 anni, è sindaco di Spresiano dal 2015 e da un anno è diventato il responsabile per gli enti locali di Fratelli d’Italia in Veneto. Spresiano è un comune di oltre 10 mila abitanti nella campagna trevigiana, a pochi passi dal fiume Piave, tra i principali poli italiani nell’industria del mobile.

Fino a pochi anni fa Spresiano, così come gli altri comuni della provincia di Treviso, era dominato dalla Lega. Per intenderci, alle elezioni europee del 2019 a Spresiano la Lega ha preso circa il 54 per cento dei voti, una percentuale crollata cinque anni dopo al 17 per cento, alle elezioni europee di giugno 2024. Il calo dei voti della Lega in Veneto negli ultimi anni è dipeso da vari fattori: dalla gestione del partito a livello locale fino alla linea politica nazionale, considerata da molti troppo appiattita sulle posizioni di Fratelli d’Italia. Allo stesso tempo, di pari passo al calo del partito di Salvini, nella regione è aumentato il consenso per il partito di Giorgia Meloni. Alle elezioni europee del 2019 Fratelli d’Italia ha ottenuto in Veneto meno del 7 per cento dei consensi, circa 160 mila voti. Cinque anni dopo, questa percentuale è salita al 38 per cento, il miglior risultato di Fratelli d’Italia in tutte le regioni italiane.

Ma come è stato possibile che Fratelli d’Italia, partito espressione della destra nazionalista, si sia imposta in Veneto, territorio dalle forti istanze autonomiste, che più di tutti negli ultimi anni è stato un bacino elettorale della Lega? Una possibile risposta a questa domanda la si può ottenere conoscendo meglio la classe politica di Fratelli d’Italia in Veneto. Una classe politica fatta di amministratori locali di lungo corso: alcuni hanno affrontato tutta la transizione della destra italiana, dal Movimento Sociale Italiano, il partito dei reduci del fascismo e della Repubblica sociale italiana, fino ad Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini; altri sono entrati più di recente, provenendo da altri partiti, tra cui proprio la Lega; mentre altri ancora sono personaggi più eccentrici, che nonostante le opinioni controverse, hanno saputo raccogliere in questi anni un ampio consenso popolare.

“Il Capo”

Tra coloro che hanno fatto parte di Fratelli d’Italia sin dalle sue origini c’è il senatore Luca De Carlo. Cinquantadue anni di età, da febbraio 2020 De Carlo è coordinatore regionale di Fratelli d’Italia in Veneto. «Sono diventato coordinatore dopo aver passato tutte le transizioni della destra italiana», ha spiegato a Pagella Politica De Carlo, che da diversi colleghi di partito in regione è chiamato “il Capo”. «Da giovane ho fatto parte del Fronte della Gioventù, l’ala giovanile del Movimento Sociale Italiano, poi sono entrato in Alleanza Nazionale, quindi nel Popolo della Libertà quando ci siamo alleati con Forza Italia, e infine in Fratelli d’Italia di cui sono stato tra i primi membri in Veneto», ha raccontato il senatore, che fino allo scorso giugno è stato anche sindaco di Calalzo di Cadore.

Immerso nelle Dolomiti bellunesi, a circa 800 metri di altezza, Calalzo di Cadore è un comune di circa duemila abitanti, ma soprattutto una nota località sciistica e meta di turismo invernale. A Calalzo, come in tutta la zona delle dolomiti bellunesi, sono diffusi gli allevamenti bovini e De Carlo stesso è un allevatore nel tempo libero. «Ho un registro di stalla aperto, ho cinque vacche e le tengo per passione insieme a mio figlio più grande. Però ammetto che è molto faticoso gestire sia l’attività agricola sia quella politica. Spero una volta terminata la mia carriera da politico di dedicarmi appieno all’agricoltura, un po’ come fece Cincinnato nell’antica Roma», ha raccontato scherzando il senatore, che dal 2009 al 2024 è stato rieletto sindaco di Calalzo per tre mandati consecutivi, con un ampio consenso e sempre a capo di una lista civica senza simboli di partito. Nei comuni con meno di 5 mila abitanti la legge non prevede infatti limiti al numero di mandati consecutivi che un sindaco può svolgere. Per i comuni tra i 5 mila e i 15 mila abitanti è previsto un limite massimo di tre mandati consecutivi, mentre nei comuni con oltre 15 mila abitanti sono possibili al massimo due mandati di fila.

I legami con le realtà produttive

Alle elezioni comunali a Calalzo dell’8 e 9 giugno 2024 De Carlo non si è ricandidato, ed è stato eletto sindaco Luca Fanton, unico candidato in corsa, a capo di una lista civica. Anche Fanton è tesserato in Fratelli d’Italia, come confermato dallo stesso De Carlo.

«Il successo di Fratelli d’Italia qui in provincia di Belluno e in Veneto non mi stupisce. Oltre alle istanze autonomiste, c’è tutto un Veneto moderato, di origine democristiana, legato all’imprenditoria, all’agricoltura e ai vari settori produttivi della regione, che in passato ha dato fiducia per esempio al Popolo della Libertà e di cui noi ora interpretiamo i bisogni», ha spiegato De Carlo. «Noi parliamo la lingua dei veneti, di chi produce: Giorgia Meloni è la più veneta di tutti i leader politici nazionali, come ho detto alla chiusura della nostra campagna elettorale a Mestre per le elezioni politiche del 2022».

Durante tutta la cosiddetta Prima repubblica, tra il 1946 e il 1992, il Veneto è stato dominato dalla Democrazia Cristiana (DC), che in regione vinceva tutte le tornate elettorali, con picchi di consenso intorno al 50 per cento. Durante la prima repubblica la Democrazia Cristiana era appunto il principale interlocutore del Veneto nelle istituzioni nazionali a Roma. Dal 1992 in poi questo ruolo è stato interpretato dalla Lega, ma non solo.

«L’orientamento politico dei veneti è molto pragmatico: hanno sempre cercato dei referenti politici a Roma e dopo il crollo della DC, questi referenti sono cambiati. La Lega ha avuto diverse “fiammate” in varie tornate elettorali, per esempio nel 1992, nel 1996 e nel 2019, con la leadership di Matteo Salvini, ma va detto che in Veneto non c’è stata solo la Lega in questi anni», ha spiegato a Pagella Politica Gianluca Passarelli, professore di Scienza politica all’Università La Sapienza di Roma. Prima dell’inizio del governo di Luca Zaia e della Lega in Veneto, infatti, dal 1995 al 2010 la regione è stata governata da Giancarlo Galan, storico esponente di Forza Italia e del Popolo della Libertà e vicino all’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, essendo stato anche manager di Publitalia, la concessionaria di pubblicità di Mediaset. All’epoca di Galan, Forza Italia raccoglieva circa il 30 per cento dei consensi in Veneto, la Lega Nord (la vecchia denominazione della Lega) intorno al 15 per cento, mentre Alleanza Nazionale, di cui Fratelli d’Italia è erede, circa il 10 per cento.

Il legame tra Fratelli d’Italia e le realtà produttive venete è testimoniato per esempio dalla rete di rapporti che De Carlo ha saputo creare con diverse associazioni di categoria, come Coldiretti, tra i principali sindacati degli agricoltori in Veneto e in Italia. Negli anni De Carlo ha partecipato a manifestazioni di Coldiretti contro «il falso Made in Italy», contro i danni della fauna selvatica e dei cinghiali, e ha sostenuto raccolte firme «per ottenere l’indicazione di provenienza dei prodotti realizzati in Italia». Il senatore di Fratelli d’Italia si è speso nella lotta alla carne coltivata, ottenuta a partire dalle cellule staminali di un animale e non dalla sua macellazione. A novembre 2022 ha consegnato di persona al collega di partito Francesco Lollobrigida, da poco nominato ministro, le firme raccolte in Veneto da Coldiretti contro l’uso e la commercializzazione di questo prodotto. In seguito, come presidente della Commissione Industria e Agricoltura del Senato, il coordinatore regionale veneto di Fratelli d’Italia è stato relatore del disegno di legge del governo che ha vietato l’uso e la vendita della carne coltivata nel nostro Paese, approvato definitivamente dal Parlamento a novembre del 2023.

Politici «focosi»

Come coordinatore regionale di Fratelli d’Italia in Veneto De Carlo è a capo di una classe politica regionale esperta, fatta di persone con una lunga esperienza amministrativa, che in alcuni casi hanno fatto discutere per le loro posizioni politiche.

Tra questi c’è Joe Formaggio, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, già sindaco per tre mandati consecutivi dal 2009 al 2020 di Albettone, un comune di circa duemila abitanti in provincia di Vicenza. Durante il suo mandato da sindaco Formaggio è stato protagonista di varie dichiarazioni di stampo razzista, tanto che nel 2018 è stato condannato dal tribunale civile di Milano a pagare un risarcimento danni di 12 mila euro e le spese legali per una serie di frasi pronunciate a ottobre 2016 durante la trasmissione radiofonica La Zanzara, su Radio24. In quell’occasione, sulla possibilità che il prefetto di Vicenza disponesse l’accoglienza di alcuni richiedenti asilo nel comune, Formaggio aveva detto: «Ad Albettone non vogliamo extracomunitari. Qua non vogliamo nessuno che venga a rompere i coglioni». Queste e altre frasi sono state giudicate dal Tribunale di Milano discriminatorie e di incitamento all’odio razziale. Nonostante le sue esternazioni, alle elezioni regionali del 2020 Formaggio è stato eletto consigliere regionale di Fratelli d’Italia, ottenendo quasi 8 mila preferenze in tutta la regione.

Dopo la sua elezione a consigliere, Formaggio è stato protagonista di altre polemiche. «Voglio vedere la maggioranza dei cittadini veneti di pelle bianca. Posso dirlo o no? E anche la gente la pensa così», ha detto Formaggio il 31 agosto 2023 ospite di una trasmissione televisiva locale, per poi scusarsi dicendo che il suo è stato un ragionamento «provocatorio». In ogni caso, in quell’occasione gli stessi vertici di Fratelli d’Italia avevano preso le distanze dalle posizioni di Formaggio. «In Fratelli d’Italia non c’è spazio per il razzismo. Il colore della pelle non indica né la qualità né la correttezza, il merito o l’amore e il rispetto per l’Italia. Valutare le persone in base al colore della pelle è incompatibile con noi», aveva detto all’epoca il deputato Giovanni Donzelli, responsabile per l’organizzazione del partito. In precedenza, a marzo 2023 Formaggio era stato accusato di molestie da una sua collega, la consigliera regionale della Lega Milena Cecchetto, un’accusa che aveva spinto De Carlo a sospenderlo dal partito. Dopo le scuse a Cecchetto, Formaggio è stato reintegrato in Fratelli d’Italia. «Joe Formaggio ha chiarito quello che è successo con la controparte, non c’è stato nessuno strascico. Noi sappiamo che Joe Formaggio è focoso, ma gli vogliamo bene per la sua straordinaria genuinità. Ogni tanto dobbiamo tirargli le orecchie, ma lui sa che lo faccio per il suo bene e per il bene del partito», ha detto De Carlo a Pagella Politica.

La politica di lungo corso

Un’altra politica veneta di Fratelli d’Italia che ha fatto a volte discutere in questi anni è Elena Donazzan, eletta lo scorso giugno come parlamentare europea del partito di Meloni. Cinquantadue anni di età, originaria di Bassano del Grappa, Donazzan è una amministratrice esperta: è stata eletta per la prima volta consigliera regionale in Veneto nelle liste di Alleanza Nazionale nel 2000, per poi assumere l’incarico nel 2005 di assessora all’Istruzione, alla formazione, al lavoro e pari opportunità, incarico che ha mantenuto per quasi vent’anni fino a giugno del 2024, quando è stata eletta al Parlamento di Strasburgo.

Donazzan è entrata in Fratelli d’Italia nel 2019, cinque anni dopo la sua fondazione, ma la sua è una lunga storia di militanza nella destra politica italiana. «Io provengo dal Fronte della Gioventù, dopo mi sono iscritta al Movimento Sociale Italiano quando avevo 17 anni. E ho fatto quindi in tempo a vedere tutta l’evoluzione delle destre: MSI, Alleanza Nazionale, e Popolo della Libertà», ha raccontato a Pagella Politica Donazzan, che poi nel 2012 ha raccolto le firme in Veneto per la candidatura di Giorgia Meloni come segretaria del Popolo della Libertà.

A ottobre 2012, Berlusconi aveva annunciato le primarie per l’elezione di un segretario e quindi la sua successione alla guida dell’alleanza tra Forza Italia e Alleanza Nazionale. Queste primarie però non si sono mai tenute, dato che un mese più tardi Berlusconi ha annunciato che la consultazione non si sarebbe tenuta. «Quando venimmo a sapere che le primarie non si sarebbero fatte ci fu grande delusione, una spaccatura generazionale, con tutta l’ala giovanile di Alleanza Nazionale contraria a questa decisione. È da lì che Meloni ha deciso di fondare Fratelli d’Italia», ha spiegato Donazzan. «Io non sono entrata subito perché avevo un ruolo da assessore in Veneto, volevo rispettare il mandato dei cittadini e fino al 2019 sono rimasta in Forza Italia».

Nel suo ruolo di assessora, Donazzan ha stretto anche lei un forte rapporto con le realtà produttive venete, avendo dovuto gestire varie crisi aziendali insieme all’Unità di crisi della Regione Veneto. L’Unità di crisi è un ente regionale che fornisce assistenza tecnica agli organi di governo della regione nella gestione delle aziende in crisi. Per esempio, lo scorso anno Donazzan ha gestito insieme all’Unità di Crisi le trattative per la ricollocazione di oltre 450 lavoratori dello stabilimento dell’azienda Safilo a Longarone, in provincia di Belluno. Fondata nel 1934 dal bellunese Guglielmo Tabacchi, Safilo è una storica azienda veneta produttrice di occhiali, tra le maggiori in Italia e a livello internazionale. A gennaio 2023 Safilo ha però annunciato la chiusura di un suo stabilimento a Longarone, perché secondo l’azienda produceva pochi occhiali rispetto agli operai impegnati e ai macchinari disponibili. La notizia ha provocato vari scioperi dei dipendenti e l’avvio di negoziati con i sindacati e con la Regione Veneto, conclusi a inizio settembre con l’accordo con Thélios e Innovatek, altre due società del settore che hanno preso il compito di assumere i lavoratori dello stabilimento Safilo. Questi negoziati sono stati per l’appunto condotti da Donazzan.

«Nel mio ruolo di assessore ho sviluppato numerosi contatti con il mondo delle imprese e ho sempre lavorato in modo trasversale, dialogando con tutti», ha detto l’ex assessora. «Per questo, sin da quando sono entrata nel 2019 in Fratelli d’Italia Meloni ha riconosciuto il mio impegno affidandomi la guida del Dipartimento nazionale “Lavoro” del partito, a cui io ho aggiunto le crisi industriali. A seguire, a novembre dello scorso anno, Meloni mi ha anche affidato il Dipartimento “Imprese e Mondi produttivi”, che punta ad allargare i miei compiti anche al piano europeo».

In questi anni è stata al centro di diverse polemiche per alcune posizioni in merito all’immigrazione e all’antifascismo. Per esempio a giugno di quest’anno, poco prima delle elezioni europee, Donazzan ha detto che «i matrimoni misti fra donne cattoliche e uomini mussulmani possono essere un facilitatore delle infiltrazioni del terrorismo islamico», e che «la nostra società può essere sicuramente multietnica, ma non multiculturale». Queste parole hanno suscitato critiche da parte dei partiti di centrosinistra, e non solo. La responsabile per l’immigrazione di Fratelli d’Italia Sara Kelany ha detto di essere in «totale disaccordo con Donazzan» e che i matrimoni misti e terrorismo «sono argomenti che non c’entrano niente l’uno con l’altro».

«Da assessore mi sono trovata a gestire per anni situazioni di matrimoni misti tra donne cattoliche e uomini mussulmani, so di cosa parlo. La mia frase voleva sollevare un tema, che è innegabile secondo me e non possiamo nascondere, e che c’è un problema con la religione islamica, un problema di diritti e di libertà negate, soprattutto per le donne», ha detto Donazzan. Tre anni fa, invece, Donazzan aveva cantato ospite de la La Zanzara “Faccetta nera”, una canzone del 1935 usata dalla propaganda fascita per giustificare il colonialismo italiano in Etiopia. A seguito del gesto, Donazzan ha chiesto scusa per aver cantato quella canzone, pur lamentando di aver ricevuto «minacce e insulti». Donazzan ha spiegato a Pagella Politica che la sua è stata una provocazione per rispondere a una polemica sorta sul pastificio “La Molisana”, che a gennaio 2021 aveva ritirato un nuovo formato di pasta, le “abissine rigate”, il cui nome richiamava secondo alcuni il colonialismo in Etiopia durante il fascismo. «Io ho cantato “Faccetta nera” come risposta provocatoria a una certa sinistra che vuole cancellare la storia. Io non rinnego la mia storia e le mie origini, nella mia famiglia avevo parenti fascisti. Va anche considerato il contesto in cui ho cantata quella canzone, ossia La Zanzara, certamente una trasmissione che fa provocazione per natura», ha detto Donazzan a Pagella Politica.

Immagine 4. La parlamentare europea veneta di Fratelli d'Italia Elena Donazzan – Fonte: Ansa

Immagine 4. La parlamentare europea veneta di Fratelli d'Italia Elena Donazzan – Fonte: Ansa

La corsa alla presidenza del Veneto

Nonostante le sue posizioni abbiano generato spesso polemiche, alle elezioni europee Donazzan è stata eletta parlamentare europea, ottenendo circa 63 mila preferenze nella circoscrizione dell’Italia Nord-Orientale, di cui oltre 60 mila in Veneto. In seguito, è diventata vice presidente della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo. «Io faccio politica per esprimere le mie opinioni ad alta voce, altrimenti non l’avrei fatta e sarei andata a lavorare nell’azienda della mia famiglia, che è comunque bellissima. Spetta solo agli elettori giudicarmi, non certo ad altri, e i risultati si vedono», ha aggiunto la neo parlamentare europea. Donazzan è stata la seconda candidata più votata nella circoscrizione Nord-Orientale, dietro solo a Meloni (che ha aveva comunque già annunciato che non sarebbe andata al Parlamento europeo).

Dopo la sua elezione al Parlamento europeo, la stessa Donazzan si è detta disponibile a tornare in Veneto per correre come candidata alla presidenza della regione, «il suo sogno» come lei stessa lo ha definito. Nel 2025 in Veneto si terranno le elezioni regionali e al momento, per questa tornata elettorale, non si potrà più ricandidare il presidente uscente Luca Zaia. Eletto per la prima volta nel 2010, Zaia è stato rieletto per il terzo mandato consecutivo nel 2020, nonostante la legge nazionale vieti ai presidenti di regione di fare più di due mandati consecutivi. Questo è stato possibile perché il Veneto ha applicato il limite dei due mandati nel 2012, con l’approvazione della nuova legge elettorale regionale. Siccome la legge non può essere retroattiva, il primo mandato di Zaia, quello svolto tra il 2010 e il 2015, non è conteggiato nel computo totale.

In questi mesi la Lega, attraverso vari emendamenti in Parlamento, ha cercato più volte di eliminare questo limite per i presidenti di regione, consentendo così una nuova ricandidatura di Zaia. Tutti i tentativi però sono falliti per l’opposizione degli alleati di Fratelli d’Italia e di Forza Italia, che secondo vari commentatori sperano di poter indicare loro il possibile sostituto di Zaia. «Ho sempre detto che i numeri ci danno la forza per rappresentare un veneto su tre, dunque una voce in capitolo importante sul futuro candidato in Veneto dovrà spettare a Fratelli d’Italia», ha detto De Carlo a Pagella Politica, precisando che «a oggi non c’è comunque un candidato di Fratelli d’Italia in Veneto». Nei mesi scorsi, lo stesso De Carlo era considerato tra gli altri papabili candidati alla successione di Zaia, ma l’ipotesi non è mai stata confermata.

Secondo Donazzan, non sono necessari i personalismi, ma occorre una riflessione attenta per offrire un progetto politico concreto ai veneti. «In questo momento abbiamo tanta fiducia da parte dei veneti, ma non dobbiamo deluderli. Bisogna essere capaci di instaurare un rapporto di fiducia con loro. E in questo Luca Zaia è stato molto capace, e lo dico perché sono la persona che per più tempo ha governato con lui, essendo stata in giunta con lui per quasi 20 anni, anche quando era vicepresidente all’epoca di Galan. Da lui ho capito l’importanza di essere vicini al territorio, il suo interpretare in profondità il Veneto. Quindi i nomi imposti dall’alto non vanno bene per il prossimo candidato alla regione Veneto». E non mancano le prese di posizione: «Qualcuno pensa che io sia arrivata troppo tardi in Fratelli d’Italia, qualcuno distingue tra quelli della prima ora e quelli che sono entrati dopo, senza contare che però io ho una storia molto più di destra di tanti che fanno parte di questo partito dall’inizio».

 

Secondo un sondaggio condotto dalla società di ricerca statistica Quaeris pubblicato lo scorso 25 luglio, Donazzan raccoglierebbe al momento i voti di oltre il 30 per cento dei veneti. A seguire ci sono il coordinatore veneto di Forza Italia Flavio Tosi (27,7 per cento), il sindaco leghista di Treviso Mario Conte (23,6 per cento) e l’assessore allo Sviluppo economico ed Energia della Regione Veneto Roberto Marcato (16,5 per cento), storico esponente della Lega in regione.

Dalla Lega a Fratelli d’Italia

Al di là di chi sarà il candidato del centrodestra in Veneto, dietro al successo di Fratelli d’Italia in Veneto c’è anche la crescita della sua classe dirigente nei comuni, che ha portato nuovi amministratori locali ad aderire al partito di Meloni, alcuni dei quali provenienti dalla Lega. «Dal 2010 al 2012 ho fatto parte della Lega Nord, con cui avevo iniziato la mia esperienza politica, ma dopo due anni ho stracciato la tessera del partito», ha raccontato a Pagella Politica il responsabile per gli enti locali di Fratelli d’Italia Marco Della Pietra. «Nel 201o, dopo essere diventato consigliere comunale a Spresiano, ero stato nominato segretario della sezione leghista locale. Ho cercato di tirare su il partito, di far quadrare i conti, ma è scoppiato lo scandalo di Belsito e già lì è stato un duro colpo», ha aggiunto l’attuale sindaco di Spresiano. Francesco Belsito è stato il tesoriere della Lega Nord coinvolto nel caso dei 49 milioni di euro di rimborsi elettorali percepiti illecitamente dal partito allora guidato da Umberto Bossi.

«A questo si sono aggiunte quelle che secondo me sono state delle mancanze di rispetto nei miei confronti all’interno del partito, per questo ho deciso di andarmene. Dal 2012 fino al 2019 sono stato impegnato in politica come civico, aderendo a Fratelli d’Italia cinque anni fa», ha detto Dalla Pietra. Secondo Dalla Pietra il passaggio dalla Lega a Fratelli d’Italia non è contraddittorio. «Siamo diventati ormai più autonomisti noi della Lega, vista la recente svolta del partito di Salvini. La Lega ha parlato per anni di autonomia, prima ancora di secessione quando c’era Bossi, ma che cosa ha portato a casa? Praticamente nulla. Ed è servita Fratelli d’Italia al governo per poter approvare una legge a livello nazionale sull’autonomia differenziata», ha detto il sindaco.

Di parere simile è Marco Venturi, nuovo assessore ai Lavori pubblici e al Patrimonio del comune di San Bonifacio, tra i più grandi della provincia di Verona, con i suoi circa 20 mila abitanti. «In passato, fino al 2010, ho militato anche io per alcuni anni nella Lega e sono stato vicino a movimenti indipendentisti senza mai tesserarmi. Il vero ascolto delle istanze autonomiste e le azioni concrete in questo senso l’ho però trovato in Fratelli d’Italia», ha raccontato a Pagella Politica Venturi, che di professione è avvocato. «Non è una questione personale: non ho alcun problema con la Lega e ho buoni rapporti con tutti i colleghi leghisti della giunta qui a San Bonifacio. Quello che non ho mai condiviso è la gestione del partito, che all’epoca era verticistica», ha detto l’assessore, che ha raccontato di essere entrato in Fratelli d’Italia da poco, all’indomani dell’approvazione della nuova legge sull’autonomia differenziata. «Da autonomista veneto, se devo dirla tutta, anni fa non mi sarei aspettato un risultato del genere di Fratelli d’Italia, ma è anche fisiologico che se i vecchi partiti faticano a rispondere alle esigenze delle persone, le persone decidono magari di votare altri», ha aggiunto Venturi.

Nuovi sindaci, vecchie glorie

Tra i nuovi amministratori locali veneti di Fratelli d’Italia, eletti in occasione delle ultime elezioni comunali di giugno, c’è Paolo Longhi. Quarantacinque anni, avvocato, Longhi è stato eletto sindaco di Legnago al ballottaggio contro il candidato civico di centrosinistra Andrea Cesaro. Con oltre 25 mila abitanti, Legnago è il terzo comune della provincia di Verona, definito da molti “la capitale della Bassa”, essendo il comune più importante di tutta la zona a sud del capoluogo. «Al primo turno qui a Legnago il centrodestra è andato diviso: la Lega aveva un suo candidato sindaco e in sostanza è stato come una sorta di elezione primaria tra di noi, con la promessa di allearci al ballottaggio. Così è stato e questo ci ha permesso di vincere», ha raccontato Longhi a Pagella Politica.

 

La storia politica di Loghi viene comunque da lontano e «sempre dalla stessa parte», come dice lui, sottolineando lo stesso senso di appartenenza di De Carlo e Donazzan ai movimenti della destra italiana. «Ho iniziato facendo volantinaggio per il Movimento Sociale Italiano, ho fatto parte del Fronte della Gioventù, di Alleanza Nazionale, del Popolo della Libertà e infine sono stato tra i primi iscritti a Verona di Fratelli d’Italia insieme a Ciro Maschio. Ricordo ancora quando anni fa con lui portavamo in giro Giorgia Meloni per la provincia, con le poche risorse che avevamo», ha detto Longhi.

 

Ciro Maschio, 53 anni di età, è l’attuale coordinatore di Fratelli d’Italia in provincia di Verona. Eletto per la prima volta come deputato nel 2018, nella legislatura attuale Maschio è diventato presidente della Commissione Giustizia della Camera. L’elezione di Longhi a Legnago è un caso abbastanza particolare, dato che è il primo sindaco della città con una storia di militanza politica nelle varie derivazioni del Movimento Sociale Italiano. Tra l’altro, sul finire della prima repubblica, tra il 1979 e il 1992 Legnago è stata guidata da sindaci del Partito Comunista Italiano (PCI) e del Partito Socialista Italiano (PSI).

«Abbiamo vinto perché abbiamo proposto un programma chiaro ai cittadini, che punta a garantire soprattutto più sicurezza e più sviluppo infrastrutturale, al di là delle ideologie», ha detto Longhi, che ha una posizione piuttosto netta sulla questione tra Fratelli d’Italia e l’antifascismo. «Fratelli d’Italia non deve fare i conti con il fascismo, perché quel passato non fa più parte di noi e si è concluso con la svolta di Fiuggi», ha detto Longhi. La cosiddetta “svolta Fiuggi” fa riferimento al congresso del Movimento Sociale Italiano del 1995, in cui l’allora segretario Gianfranco Fini sancì la trasformazione del MSI in Alleanza Nazionale, abbandonando i riferimenti ideologici del fascismo e decretando la nascita di un partito conservatore moderno. «Io non ho nessun problema a definirmi antifascista, non vedo dove stia il problema», ha aggiunto Dalla Pietra. «Ormai però questa mi sembra una formula usata dalla sinistra soltanto per attaccarci in assenza di altri argomenti. Tutto questo discorso sull’antifascismo mi sembra fuori dal tempo. Certo, i nostalgici possono esserci, sia da una parte che dall’altra, ma a mio parere rimangono comunque una minoranza».

Insomma, la classe dirigente di Fratelli d’Italia in Veneto è composta da politici di estrazione diversa. C’è chi ha attraversato tutte le trasformazioni della destra italiana, dal Movimento Sociale Italiano in poi, e che negli anni ha saputo creare forti rapporti con i ceti produttivi della regione. Altri sono personaggi più eccentrici, come l’ex sindaco di Albettone Joe Formaggio, che nonostante le opinioni controverse ha saputo raccogliere in questi anni un ampio consenso popolare che gli ha permesso di essere eletto in consiglio regionale. Altri sono invece amministratori nuovi, provenienti da altri partiti, come la Lega, che hanno trovato in Fratelli d’Italia un partito più disponibile ad ascoltare le loro istanze, anche quella autonomista.

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