Lo storico presidente del consiglio provinciale di Treviso è tra i più agguerriti oppositori del nuovo Carroccio.

L’ultimo attacco – “Salvini vada a lavorare” – probabilmente gli costerà l’espulsione. Ma per il suo leader è pronto a immolarsi: “Non toccate Zaia, non c’entra nulla”

FRANCESCO GOTTARDI 08 FEB 2022

Un predellino con vista centrodestra. La Lega è cambiata, cambierà anche Salvini?

La serenità è quella dell’uomo sul patibolo. “Non temo nulla, sono tranquillo. Il Consiglio federale ha deciso e sono in attesa di notizie”. O di chi sa vedere oltre la sua sventura: “Perdere la tessera della Lega potrebbe mai precludere il mio impegno nel territorio?”. Fulvio Pettenà è un veterano. Quasi un’istituzione, a Treviso e dintorni: 35 anni di militanza nel Carroccio, presidente del Consiglio di provincia fino al 2011 e fedelissimo di Luca Zaia ben prima dell’ascesa politica del governatore senza rivali. Per Salvini e i vertici però, conta solo che si stia ritagliando spazio come portavoce del malcontento leghista in Veneto. Forse il più accanito di tutti.

L’escalation di Pettenà, in tappe. Luglio 2021, al Gazzettino: “La Lega sulla nostra terra non c’è più. Persa per strada la questione dell’autonomia. E chi l’ha mai vista la classe dirigente? Chi è il commissario Stefani?”. Ottobre 2021, al Foglio, dopo il caso Morisi: “Salvini scelga meglio di chi circondarsi. Un tempo si facevano i congressi, ora la linea del partito viene decisa in tv da pochi illustri sconosciuti” (il mese seguente gli arriva il primo deferimento). Gennaio 2022, alla Tribuna di Treviso, il giorno dopo il Mattarella bis: “Salvini? Mi chiedo se abbia ancora il contatto con la realtà. Lui parlava di ruspa, forse gli farebbero bene sei mesi di pala e badile. Nelle cave, come i nostri nonni”. Forse è l'autocondanna al tramonto della propria carriera politica, vista la stagione delle purghe di nuovo di moda a Via Bellerio.

Solo gli utenti registrati possono commentare gli articoli

Per accedere all'area riservata